Project Natick: la nuvola in fondo al mare

Project Natick: la nuvola in fondo al mare

Microsoft intende portare il cloud in fondo al mare, utilizzando serbatoi con 864 center per costruire datacenter a refrigerazione naturale da posizionare vicino alla costa.
Microsoft intende portare il cloud in fondo al mare, utilizzando serbatoi con 864 center per costruire datacenter a refrigerazione naturale da posizionare vicino alla costa.

Quale luogo migliore per un datacenter se non in fondo al mare? Quella che potrebbe essere una suggestione, in casa Microsoft è diventata un’idea prima e un progetto poi, fino ad arrivare alla prossima concretizzazione: Project Natick potrebbe essere uno dei tasselli su cui il team di Redmond costruirà il cloud di domani.

Mentre la “Fase 1” ha immaginato fin dal 2013 un prototipo sfruttando i mari della costa ovest degli Stati Uniti (sull’idea originale di Sean James , dipendente Microsoft precedentemente attivo nella US Navy), la “Fase 2” sfrutterà invece i mari delle Orkney Islands in Scozia. Quella che va ad iniziare ora è proprio la cosiddetta “Fase 2”, quella che dovrà portare il progetto fuori dalla carta, per affondare dentro l’acqua i sogni di cloud del gruppo.

L’idea è infatti quella di costruire dei grandi serbatoi della lunghezza di circa 12 metri con diametro di circa 3 metri, contenti ognuno 864 server (12 racks, 27,6 petabytes di capacità). Un solo cavo funge sia da alimentazione che da collegamento dati, consentendo così tanto il funzionamento elettrico quanto la possibilità di espletare la propria funzione di datacenter. Secondo previsioni ogni singolo modulo deve essere in grado di funzionare per almeno 5 anni senza alcun intervento di manutenzione.

Il fatto che i serbatoi siano immersi in acqua ha due vantaggi fondamentali sui quali Microsoft scommette gran parte della posta in palio. Anzitutto v’è una refrigerazione naturale , consentendo così la dispersione del calore con estrema facilità sulle acque circostanti (e con continuo ricambio dell’acqua, il che permette un effetto water-cooling permanente e di totale efficacia): ciò va ad abbattere in modo fondamentale i costi di manutenzione del datacenter, spesso legati in gran parte proprio al raffreddamento. In secondo luogo v’è l’idea di dislocare i datacenter laddove più possano servire: se è vero che gran parte della popolazione vive entro 200 km dalla costa, allora il posizionamento dei datacenter in acqua può essere una soluzione valida per posizionare i datacenter vicino ai luoghi in cui più possa essercene bisogno.

Il consumo elettrico dichiarato è pari a 240KW e Microsoft punta all’obiettivo della totale autonomia energetica . In quesat fase iniziale sarà l’energia eolica, supportata dall’energia solare, a supportare le esigenze del datacenter; in seguito si tenterà di sfruttare anche il moto delle onde, consentendo così un impatto ambientale pari allo zero assoluto.

I datacenter saranno posizionati ad una profondità non maggiore ai 100 metri, dunque tendenzialmente a poche miglia dalla riva. Ogni unità è immaginata per durare circa 20 anni , con cicli intermedi di 5 anni: ad ogni ricambio saranno sostituite le componenti interne, mentre il serbatoio sarà semplicemente monitorato per garantirne la piena integrità nel tempo.

90 giorni di tempo prima di portare sott’acqua i server. Se i test avranno l’esito auspicato, il futuro di Azure è segnato: portare la nuvola in fondo al mare.

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Pubblicato il 7 giu 2018
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