P2P, la Direttiva non salva gli italiani?

P2P, la Direttiva non salva gli italiani?

I grandi di cinema, musica, video e software sono felici dall'orientamento europeo ma speravano in una mano più dura. In serata una nota BSA-FIMI-FAPAV avverte gli italiani: chi condivide via P2P in Italia rischia sanzioni penali già oggi
I grandi di cinema, musica, video e software sono felici dall'orientamento europeo ma speravano in una mano più dura. In serata una nota BSA-FIMI-FAPAV avverte gli italiani: chi condivide via P2P in Italia rischia sanzioni penali già oggi


Roma – C’è soddisfazione negli ambienti industriali per quanto è successo in Europa con l’approvazione a Strasburgo della Direttiva sulla proprietà intellettuale . La normativa rappresenta il coronamento di anni di lavoro delle associazioni industriali spesi nel tentativo di inchiodare le organizzazioni della contraffazione e della pirateria. Eppure non tutto è andato come avrebbero voluto i big player dell’audio-visivo, del software e dell’editoria.

In una nota diffusa nelle scorse ore dalla Business Software Alliance per conto della Coalizione Antipirateria che raccoglie i grandi nomi di questi settori, si esplicita il disappunto per il mancato inserimento delle sanzioni penali nella Direttiva. Come si ricorderà, questo aspetto, contrastato con forza dalle associazioni per le libertà digitali del CODE , è stato cancellato sebbene ciò non impedisca ai singoli stati di agire come meglio riterranno in fase di ratifica.

“Le organizzazioni dell’industria creativa – si legge nella nota – esprimono il proprio disappunto per la mancata armonizzazione delle sanzioni penali nella Direttiva, nonostante sia la Commissione che il Parlamento auspicassero il loro inserimento all’interno del testo. Gli operatori dei settori creativi continueranno a effettuare pressione affinché vengano inserite sanzioni penali a livello europeo e invitano le Istituzioni ad affrontare urgentemente questo argomento”.

Va detto che il riferimento esplicito della Coalizione non è certo a coloro che fanno uso di strumenti internet come il peer-to-peer per scambiarsi qualche file, quanto invece a quei pirati che utilizzano “i facili profitti delle loro attività per finanziare altri progetti criminosi, come il traffico d’armi o lo spaccio di droga”. Secondo la Coalizione, le indagini dell’ Interpol o dell’ Europol hanno messo in evidenza più volte un legame tra pirateria e crimine organizzato .

In generale, comunque, i rappresentanti di settori fondamentali nell’economia europea e non solo, come il cinema, la musica, i videogiochi o il software professionale, hanno apprezzato la Direttiva che considerano come una sorta di ulteriore passo verso una maggiore tutela della proprietà intellettuale.

“La pirateria – hanno anche chiosato quelli della Coalizione – sta seriamente minando la cultura e il business di tutta Europa causando la perdita di decine di migliaia di posti di lavoro , sottraendo ai governi miliardi di euro di gettito fiscale e riducendo il potere di scelta dei consumatori. In Europa, l’industria della “creatività” perde miliardi di euro ogni anno e, sempre a causa della pirateria, non è in grado di apportare un reale contributo competitivo all’economia europea. La Direttiva Enforcement fornisce un livello di protezione omogeneo in tutti i 25 Stati membri e armonizza alcune misure previste dalle legislazioni civili a livello nazionale, rendendole uniformi in tutta Europa”.

Una doccia fredda è invece arrivata per gli utenti P2P italiani nel tardo pomeriggio, quando alla prima nota ne è stata aggiunta una seconda relativa al nostro paese. Di seguito i suoi contenuti.


Secondo BSA, ma anche secondo FAPAV , FIMI e FPM , ovvero le organizzazioni che combattono la pirateria su audio, video e musica in Italia, la Direttiva europea conferma la legge italiana , una normativa definita in una nota “tra le più avanzate in Europa”.

“Per la legge italiana sul copyright – afferma la nota – la riproduzione e la diffusione di opere protette sono un reato punibile penalmente a seconda della portata dei fatti, con sanzioni che arrivano fino a tre anni di carcere”.

“Gli articoli 171, 171 bis e 171 ter – continua la nota – regolano i comportamenti, in presenza o meno dello scopo commerciale , e configurano in ogni caso responsabilità penali per coloro che mettono a disposizione, anche mediante programmi di file sharing , opera tutelate quali film, musica e software”.

La tesi, dunque, è che si costituisce come reato la messa in condivisione tramite peer-to-peer di materiali protetti. Diversa, invece, la posizione di chi, non condividendo, scarica. “Chi scarica file illegalmente – prosegue la nota – rischia invece sanzioni amministrative da 150 euro e che arrivano fino a 1.024 euro in caso di recidiva”.

“La direttiva approvata dal Parlamento europeo – conclude la nota – lascia impregiudicate le normative nazionali in materia penale e ciò che è reato rimane reato , compreso il file sharing di opere protette dal copyright”.

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Pubblicato il
12 mar 2004
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