DL Urbani, tra le sanzioni il carcere

DL Urbani, tra le sanzioni il carcere

I provider respirano dopo il passaggio di un emendamento che cancella contestate disposizioni. Governo battuto in Aula ma ciò che passa, e preoccupa i giuristi, è la responsabilità penale per chi condivide file protetti
I provider respirano dopo il passaggio di un emendamento che cancella contestate disposizioni. Governo battuto in Aula ma ciò che passa, e preoccupa i giuristi, è la responsabilità penale per chi condivide file protetti


Roma – Tra gli eventi e le dichiarazioni che hanno segnato la confusa giornata di oggi in cui la Camera ha approvato il provvedimento di conversione in legge del decreto Urbani spicca la preoccupazione che alcuni giuristi hanno espresso a Punto Informatico su una questione centrale passata praticamente sotto silenzio: una piccola sostanziale modifica alle attuali normative sul diritto d’autore.

La questione è complessa ma si può ridurre, sostanzialmente, al fatto che con la modifica introdotta all’articolo 171-ter l’uso illecito del file sharing può tradursi in una responsabilità penale a carico dell’utente, con sanzioni che comprendono anche carcere tra 6 mesi e 3 anni. Una situazione che peraltro risolve anche tutta una serie di problematiche collegate alle attività di indagine dinanzi ad un reato piuttosto che ad un illecito amministrativo. La situazione è affrontata con lucidità da Andrea Rossato nella seconda pagina di questo articolo.

La speranza di chi ha scritto sulla questione a Punto Informatico è che questa formulazione possa essere frutto di una clamorosa svista e dunque sia totalmente rivista nel seguito dell’iter parlamentare. Il provvedimento passa ora al Senato che potrebbe, evidentemente, modificare una normativa che continua a sollevare scalpore. “Se può essere difficile pensare ad una svista – scrive un esperto di diritto a PI – è certo molto più problematico ipotizzare che sia stato fatto apposta”.

Ma oggi è stata anche la giornata in cui il Governo è stato battuto (179 sì contro 172 no) ed è così passato in Aula un emendamento al testo sul fronte della responsabilità dei provider , che rimuove gli obblighi per “i prestatori di servizi della società dell’informazione che siano venuti a conoscenza della presenza di contenuti idonei ad integrare le violazioni commesse per via telematica” di “informarne con immediatezza il Dipartimento della Pubblica sicurezza del ministero dell’Interno o l’autorità giudiziaria”.

Il passaggio dell’emendamento è stato salutato con grande sollievo dall’opposizione in quanto, come ha sottolineato il diessino Pietro Folena , tra i presentatori dell’emendamento, “per la seconda volta in poche settimane, prevalgono gli argomenti del popolo della rete contro chi vuole impedire la circolazione delle idee”. A felicitarsi del passaggio dell’emendamento anche il senatore Fiorello Cortiana dei Verdi secondo cui “il decreto Urbani, nella sua formulazione originaria proposta dal Governo era sbagliato e inaccettabile”. Cortiana ha dichiarato che ora al Senato si dovrà “passare all’attacco” per una “riduzione dei danni fatti da Urbani”.

Sulla questione è intervenuto anche il ministro all’Innovazione Lucio Stanca secondo cui “l’approvazione del DL Urbani da parte della Camera dei Deputati è un significativo passo per fronteggiare un problema molto complesso come quello della tutela della proprietà intellettuale nell?era digitale. Credo che il provvedimento affronti in modo bilanciato le esigenze che, per certi aspetti, sono contrastanti e, in un certo senso, esso anticipa la prossima Direttiva Europea”. Stanca ha anche spiegato che “oltre alle norme saranno le stesse tecnologie a fornirci soluzioni atte a garantire l?accesso telematico alle opere protette, assicurando nel contempo i pagamenti dei relativi diritti in un rapporto diretto tra produttori dei contenuti e gli utilizzatori”.

Invece, il ministro ai Beni culturali Giuliano Urbani ha definito marginale il cambiamento avvenuto e il Governo ha successivamente spiegato di non essere intenzionato a reintrodurre gli oneri precedentemente previsti per i provider al Senato.

L’approvazione del provvedimento nel suo complesso a Montecitorio è passata con 221 voti a favore, 12 contrari e ben 175 astenuti. Ad aver votato contro, sostanzialmente, sono solo i Verdi e Rifondazione comunista.

Ma ecco, qui di seguito, come accennato, una prima analisi della preoccupante rivisitazione del diritto d’autore che si introduce con la nuova normativa.


Roma – Il demonio si nasconde nei dettagli e la strada per l’inferno è lastricata di buone intenzioni. Entrambe le affermazioni ben si adattano a quanto sta avvenendo. Vediamo perché.

La Commissione cultura della Camera dei Deputati ha licenziato il testo della legge di conversione del decreto Urbani sulla “pirateria” e la contestuale sovvenzione ad un cinema in evidente crisi, quello nostrano. L’iter è proseguito con l’approvazione da parte del plenum della Camera. Avevo già commentato le novità, assai poco rilevanti invero, contenute nel provvedimento. Ora vale la pena di commentare il lavoro degli onorevoli commissari.

Il decreto ha sollevato notevoli perplessità, di cui Punto Informatico ha fornito costantemente notizia. Chi scrive ritiene che molte di tali perplessità, rispetto al testo in vigore, siano prive di solido fondamento. Sta di fatto che la commissione ha notevolmente modificato il testo dell’art. 1, quello dedicato alla repressione di chi “ruba un’emozione” .

L’originario apparato sanzionatorio è sparito, lasciando spazio a modifiche , passate quasi inosservate, all’art. 171-ter della legge sul diritto d’autore.

L’articolo in questione copre l’abusiva duplicazione di opere protette diverse dal software: se compiuta per uso non personale ed a fini di lucro la condotta è sanzionata con la reclusione da sei mesi a tre anni.

Il comma 2 del testo del decreto, come emendato dalla commissione e approvato dalla Camera, sostituisce la locuzione a fini di lucro con quella per trarne profitto . Il comma 3 introduce, sempre all’art. 171-ter, la lettera “a-bis)” che sanziona con la medesima pena chi, per trarne profitto, comunica al pubblico, immettendola in un sistema di reti telematiche, mediante connessioni di qualsiasi genere, un’opera dell’ingegno protetta dal diritto d’autore o parte di essa .

Sebbene questa seconda modifica possa apparire pleonastica, le lettere a) e b) paiono già includere questa ipotesi, la prima è invece di notevole rilevanza.

Per dirla con la Corte di Cassazione, sostituire al dolo specifico del “fine di lucro” quello del “fine di trarne profitto”, comporta un’accezione piú vasta, che non richiede necessariamente una finalità direttamente patrimoniale, ed amplia pertanto i confini della responsabilità dell’autore (Cass., sez. III, 25-06-2001).

Come ebbe a dire ad esempio il Tribunale di Torino, il fine di lucro non può intendersi come comprendente anche il semplice risparmio di costi, ma deve limitarsi all’immediato incremento patrimoniale, che non è ravvisabile qualora la duplicazione sia avvenuta a fini personali (T. Torino, 13-07-2000).

Le cose stanno però diversamente nel caso del profitto : esso è infatti integrato dal risparmio del costo di acquisto, può essere facilmente argomentato.

Si tratta di una novità che modifica in profondità un’importante disposizione penale della normativa sul diritto d’autore, novità la cui portata non è facilmente valutabile a priori.

Possiamo però tentare di analizzare un caso concreto per comprendere l’eventuale operare del nuovo assetto normativo. Io scarico un brano musicale con un software per l’accesso alla rete eDonkey. Scelgo questo network di condivisione dei file, assai diffuso nel nostro paese, per via del fatto che, mentre in alcuni network chi scarica può esimersi dal condividere, in esso, qualora si operi un download, nel mentre questo procede le porzioni del file già scaricato sono poste automaticamente in condivisione senza che l’utente possa disabilitare questa funzionalità.
Ora, sto scaricando per uso personale ? Direi di no, dal momento che pongo in condivisione anche per l’altrui uso ciò che scarico. Sto scaricando per trarne profitto ? Se il profitto è integrato dal risparmio del costo di acquisto , direi di si.

Rispetto al testo in vigore, che prevede una sanzione amministrativa pecuniaria qualora manchi il dolo di lucro ? il che significa, ad esempio, che gli atti di accertamento della violazione non possano includere la perquisizione del domicilio privato (art. 13 L. 689/1981) ? ora la condivisione di file contenenti opere protette può integrare una fattispecie di reato assai piú grave di quella prevista nella versione originaria, e mai pubblicata, del DL Urbani. In questa, infatti, il file-sharing veniva inserito al primo comma dell’art. 171 della legge sul diritto d’autore, il quale prevede sanzioni penali pecuniarie (una multa), ma non la reclusione .

E poco importa che la condotta di chi si limiti a scaricare, senza porre in condivisione opere protette, non rientri nelle disposizioni in esame: è noto come un sistema di file-sharing in questo modo non possa funzionare…

Dicevo che le conseguenze di un’eventuale approvazione del testo uscito dalla Camera non sono facilmente prevedibili. Le modifiche analizzate, a mio parere, avranno quanto meno l’effetto di rendere ancor piú incerta la normativa risultante ed allargheranno a dismisura il potere discrezionale dei magistrati.

Il rischio concreto è che emerga una giurisprudenza che consideri reato l’attività di centinaia di migliaia di adolescenti i quali, com’è noto, utilizzano sistemi di condivisione dei file non certo per guadagnarci, e, forse, nemmeno per risparmiare: rimane infatti da dimostrare che chi scarichi opere protette, in mancanza di tale possibilità, sarebbe disposto ad acquistarle, magari al prezzo a cui esse sono attualmente vendute.

Parlare di furto delle emozioni ha quindi il solo scopo di utilizzare un argomento evocativo, quanto privo di ogni riferimento alla realtà, al fine di estirpare un comportamento improntato alla condivisione del sapere e del piacere intellettuale, comportamento surrettiziamente ritenuto causa di tutti i mali di un’industria. Rimane il fatto che, se tali norme divenissero legge dello Stato, il furto potrebbe infine essere punito come merita, eliminando l’ipocrisia che contraddistingue il decreto attualmente vigente.

Nel mentre scrivo apprendo che il governo è stato battuto alla Camera, che ha approvato un emendamento soppressivo del comma 7 del decreto, relativo alle supposte attività di sorveglianza degli ISP. Come già scrissi, la norma era inutile ed inutile è la sua sopressione.
Nessuno ha presentato emendamenti che incidano sulle norme analizzate, le quali maggiormente avrebbero dovuto preoccupare chi sia attento alle libertà, digitali o reali che siano, ed alla certezza del diritto.

Andrea Rossato
(andrea.rossato AT ing.unitn.it)

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Pubblicato il
23 apr 2004
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