La Cina boccia il mediattivismo

La Cina boccia il mediattivismo

Non piace la produzione audiovisiva amatoriale o militante. Nuova rigida censura nel timore che si diffonda via Internet materiale dissidente o pericoloso. L'ombra del Falun-Gong
Non piace la produzione audiovisiva amatoriale o militante. Nuova rigida censura nel timore che si diffonda via Internet materiale dissidente o pericoloso. L'ombra del Falun-Gong


Pechino – La Cina continua la marcia verso il controllo totale dell’informazione destinata alla sfera pubblica internazionale , barricandosi nella censura. Per pubblicare materiale audiovisivo su Internet è ora necessaria un’autorizzazione del Governo . I camcorder DV, sempre più compatti e sempre meno costosi, nell’ottica del regime evidentemente costituiscono serio rischio per l’integrità interna del paese. Sopratutto da quando molti utenti Internet hanno iniziato ad utilizzarle per raccontare ed immortalare la situazione sociale che li circonda.

Un “bollino di qualità”, una licenza speciale, permetterà agli aspiranti cameraman di divulgare liberamente le proprie produzioni audiovisive attraverso i numerosi canali offerti dalla Rete. Niente bollino, niente webstream : chiunque diffonda e distribuisca via Internet i propri filmati digitalizzati deve prima passare un rigido test dell’Amministrazione Statale Radio ed Audiovisivi.

Un’abile mossa per contrastare la fuga di notizie pericolose all’estero, considerato l’aumento esponenziale di attrezzatissimi mediattivisti che utilizzano la Rete per far parlare le numerose minoranze religiose e politiche bandite dal PCC. In un comunicato stampa, l’amministrazione cinese annuncia che “nonostante molti dei contenuti audiovisivi disponibili su Internet siano validi e senza cattive intenzioni, alcuni filmati digitali espongono tematiche alquanto negative e pericolose”.

Pechino teme sopratutto le tecniche di videostreaming utilizzate dal vietatissimo movimento religioso del Falun-Gong (un culto sincretistico che unisce taoismo e buddhismo tradizionale) per documentare le violazioni di diritti umani subite da molti cittadini cinesi, costretti al carcere per puri motivi ideologici . Nel mirino delle autorità persino molti aspiranti registi, armati di telecamera digitale, che spediscono via e-mail le proprie opere ai festival internazionali aperti ai documentari sociali. Non è detto che in Occidente si potrà in futuro avere l’onore di apprezzare un ipotetico Michael Moore cinese.

“I filmati digitali che contengono riferimenti alla religione, alla nazione ed altre tematiche importanti dovranno essere esplicitamente approvati dagli uffici governativi”, conclude il comunicato del Partito Comunista Cinese.

Da tempo, sopratutto tramite il servizio Shoutcast! offerto dai produttori di Winamp , Falun-Gong distribuisce filmati amatoriali che mettono in mostra le atroci ritorsioni subite dai religiosi cinesi.
(Tommaso Lombardi)

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Pubblicato il
9 giu 2004
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