Legge Urbani, le proposte delle major

Legge Urbani, le proposte delle major

L'industria italiana, anche quella indipendente, si mobilita perché le modifiche alla norma anti-pirateria non danneggino il settore rendendo lecite certe violazioni del diritto d'autore. Le ragioni degli operatori, con qualche sorpresa
L'industria italiana, anche quella indipendente, si mobilita perché le modifiche alla norma anti-pirateria non danneggino il settore rendendo lecite certe violazioni del diritto d'autore. Le ragioni degli operatori, con qualche sorpresa


Roma – Tutti i rappresentanti italiani dell’editoria, del cinema, della musica e degli autori, comprese realtà discografiche ed editoriali indipendenti, hanno firmato una imponente e preoccupata missiva trasmessa nelle scorse ore al Senato, dove come noto sono in esame le modifiche alla Legge Urbani .

Nella lettera di cui Punto Informatico ha ottenuto una copia, si parla di “forte preoccupazione” per le modifiche proposte alla normativa anti-pirateria che, secondo l’industria, “rappresenta il miglior compromesso possibile tra i variegati interessi contrapposti” nei tempi ristretti che sono stati concessi dal dibattito parlamentare sulla conversione in legge del Decreto Urbani.

Le associazioni firmatarie, tra cui quella dei Fonografici, degli Editori, degli Esercenti cinematografici, sottolineano la propria contrarietà alla proposta di modificare il termine “profitto” in “lucro” . Come noto si tratta di una mutazione normativa che avrebbe effetti importanti, eliminando la possibilità di sanzioni penali fino a 4 anni di carcere, per l’uso di file protetti da diritto d’autore sui sistemi di file sharing . Si tratta infatti, secondo l’industria, dell’unica misura capace di colpire violazioni su larga scala che si ritengono talvolta “più rilevanti del traffico illecito di prodotti contraffatti”.

“Consideriamo invece – continua la missiva – meramente strumentali e prive di reale fondamento le polemiche che alcuni esponenti del mondo politico, supportati dal cosiddetto popolo della rete , stanno accendendo, in merito alle conseguenze derivanti dall’applicazione della nuova normativa”.

Secondo l’industria, la locuzione “per trarne profitto” colpisce soltanto l’uso non personale dell’opera tutelata e, dunque, le sanzioni penali non colpirebbero infrazioni che “saranno punite con le sanzioni amministrative già previste dall’art. 174-ter della legge n. 633 del 1941”. Un’affermazione sulla quale, come noto, si è già aperto un dibattito tra giuristi e che, evidentemente, potrebbe essere rafforzata da ulteriori specifiche nella legge di modifica.


I rappresentanti dell’industria puntano il dito contro gli “atti abusivi di immissione in rete” di opere protette e contro gli “attacchi di cyberpirati contro siti istituzionali . Attacchi (nella missiva non si parla di netstrike) che “non fanno che confermare che le nuove misure colpiscono al cuore coloro i quali ritengono che Internet non sia altro che un terreno in cui praticare l’illegalità”.

La lettera afferma poi come sia inutile in questo quadro il richiamo alla Direttiva europea sulla proprietà intellettuale, approvata di recente dalla UE , un richiamo che taluni userebbero “per dissipare ogni dubbio sulla presunta legittimità dello scambio di musica e film per uso personale”. Secondo l’industria, infatti, “non è il peer-to-peer il suo ambito di applicazione” e, se non bastasse, la Direttiva “lascia del tutto impregiudicata la possibilità per gli Stati membri di applicare sanzioni penali in violazione di abusi commessi anche su scala non commerciale”.

Per le major è essenziale operare una netta distinzione tra chi scarica musica e chi la pone in condivisione .

La lettera sostiene infatti che sanzioni penali contro chi scarica non sono sostenibili . “Perché infatti la condotta sia punibile con la paventata severità – si legge nella lettera – è necessario che l’opera piratata sia non solo riprodotta sul disco rigido del computer, ma che essa sia anche posta a disposizione del pubblico da parte del soggetto agente al fine di trarne un sostanziale vantaggio (utilizzando per esempio l’opera come “merce di scambio” per acquisire altre opere d’ingegno)”. Il semplice download, dunque, verrebbe punito in questo quadro con le sanzioni amministrative già previste.

“Riteniamo – continuano le major – che sia del tutto ingiustificato, da parte di talune frange politiche, agitare lo spauracchio delle “migliaia di ragazzini da mandare in galera”, con il solo vero obiettivo di sottrarre ogni minima protezione ai diritti di proprietà intellettuale veicolati su Internet”.


In sostanza, dunque, i big del settore chiedono con il mantenimento della locuzione “per trarne profitto” che sia limitata “la portata della “copia personale” on-line, che altrimenti avrebbe goduto di un’estensione a fattispecie cui certamente non è applicabile (quali la condivisione contemporanea di opere protette “da uno a molti” come avviene tipicamente nel file-sharing)”.

Nella lettera si rigetta ogni ipotesi, avanzata da più parti, secondo cui “copia personale” è anche quella “realizzata scaricando un brano della rete (persino ove la copia fosse tratta da fonte illegale!), oppure tramite sistemi di condivisione di files tra utenti”.

L’industria ritiene dunque che si possa arginare “un fenomeno che genera ogni mese circa 2 miliardi e 300 milioni di files in rete, la cui stragrande maggioranza è rappresentata da opere tutelate dal diritto d’autore”, un’affermazione che contrasta con la definizione di “copia privata” prevista dalla legge sul diritto d’autore che “attiene alla riproduzione ad uso esclusivamente personale di fonogrammi e videogrammi da supporto fisico legittimamente ottenuto a supporto fisico e non certo allo scarico su pc di tali contenuti protetti e di ogni e qualsiasi opera dell’ingegno tutelata reperiti in Internet”.

Secondo l’industria, “ove fosse consentita per legge o divenisse prassi tollerata il principio per cui scambiarsi files non sarebbe altro che un atto di esercizio dell’eccezione di copia privata ” non si potrebbe aspirare al decollo di un mercato legale di opere musicali, cinematografiche, scientifiche o letterarie.

“In tal caso – si legge nella lettera – perché mai un consumatore dovrebbe essere invogliato ad acquistare su un sito legale un brano musicale a pochi centesimi di euro, ovvero un film a prezzi convenienti, quando può trovare e scaricare le medesime opere gratis tramite il proprio software di file-sharing?”

A fronte di tutto questo, le major chiedono che il voto parlamentare non svuoti la Legge Urbani “del suo precipuo significato di tutela del patrimonio culturale italiano”.

In questo quadro viene anche ricordato come negli USA “stanno per essere emanate norme severissime contro il file-sharing – inserendo nell’ambito delle disposizioni vigenti a tutela del copyright proprio il vituperato “fine di profitto” e stabilendo, nel contempo, un numero minimo di file scambiati per la punibilità delle violazioni commesse senza dolo”. O come la Francia stia “predisponendo una serie di rigorose misure contro la pirateria on-line, posto che il problema sta assumendo una portata dilagante per la crisi del settore musicale e audiovisivo”.


Sul fronte più dibattuto, quello delle sanzioni per chi scambia file protetti, le major chiedono una soluzione di compromesso che preveda l’inserimento dello scambio illecito di opere online nell’articolo 171 della legge sul diritto d’autore, quello che prevede la multa come sanzione di riferimento .

Secondo l’industria, in questo modo “da un lato, si verrebbe incontro a quanti ritengono che la norma in questione sia eccessivamente dura; dall’altro, la nuova formulazione della legge consentirebbe di mantenere la gradualità della sanzione pecuniaria, specie per chi non compie attività dolose o sistematiche, magari infrangendo casualmente o sporadicamente il diritto su opere protette”.

“Tale proposta emendativa risponde – si legge nella lettera – alla logica di garantire quel necessario equilibrio tra le esigenze di protezione della proprietà intellettuale sulle reti telematiche e quella di lecita circolazione dei prodotti culturali”.

No dell’industria, invece, alla cosiddetta Commissione per capire Internet , ritenuta sostanzialmente inutile per due ordini di ragioni. Prima di tutto perché a questo organo verrebbe richiesto di valutare normative già “oggetto di un profondo e organico intervento normativo” e in secondo luogo perché già esistono altri organi consultivi che potrebbero eventualmente formulare le proposte previste dal disegno di legge, in particolare “il Comitato consultivo permanente per il diritto d’autore” al cui interno, ricorda la lettera, è già operativa una “speciale commissione con l’incarico di rivedere e riorganizzare tutta la legge sul diritto d’autore e quindi anche la parte di questa concernente la diffusione delle opere dell’ingegno per via telematica”.

Qualora in ogni caso tale Commissione venisse costituita, l’industria chiede che si espliciti la necessità di un coinvolgimento delle associazioni di categoria interessate nel tavolo dei lavori della Commissione “attraverso il loro formale ingresso nell’organo ovvero attraverso la richiesta obbligatoria del loro parere su tutti i punti discussi”.

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Pubblicato il
6 lug 2004
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