Contrappunti/ Cellulari, l'ora dello sciopero

Contrappunti/ Cellulari, l'ora dello sciopero

di Massimo Mantellini - L'unica leva a disposizione dei consumatori è quella del non-uso di servizi dalle tariffe spaziali, sebbene spesso scelgano di pagare moltissimo per avere poco o niente
di Massimo Mantellini - L'unica leva a disposizione dei consumatori è quella del non-uso di servizi dalle tariffe spaziali, sebbene spesso scelgano di pagare moltissimo per avere poco o niente


Roma – Ora se capisco bene gli SMS sono beni immateriali. Piccoli treni di bit dentro un network già esistente nato per trasportare solo voce e che dal traffico vocale già (abbondantemente) riceve lauti ritorni economici. Gli SMS, lo dico a mo’ di promemoria visto che credo di averne scritti una decina in tutto, sono brevi messaggi di testo che strapaghiamo. Sono una delle ragioni che hanno indotto Intesa Consumatori a proclamare uno sciopero degli utenti dei servizi di telefonia mobile – chi parteciperà si asterrà dall’uso del telefono cellulare per due ore il prossimo 15 luglio – che è il primo del suo genere in Italia.

Alcune cose vorrei dire su questo sciopero. La prima è lapalissiana: l’unica forma di protesta che i consumatori possono come categoria intraprendere è quella di non consumare. Tu mi fai pagare 15 quello che a te costa 1 (in realtà assai meno di 1, ma lasciamo perdere) ed io per protesta per un giorno o per qualche ora non utilizzo il tuo formidabile e costosissimo servizio.

Servirà a qualcosa un segnale del genere? Forse no. Ma si tratta di una forma di manifestazione di sè corretta e capibile. E soprattutto civile. Che potrebbe andare assai più ampiamente utilizzata nell’universo dei servizi e dei consumi.

Tornando agli short message. Meglio sarebbe che i consumatori di SMS smettessero di utilizzare servizi costosi e poco performanti (come gli SMS) ed iniziassero a utilizzare strumenti analoghi meno cari e tecnologicamente più avanzati come per esempio i sistemi di instant messaging via internet. Tanto per fare un esempio che ci tocca da vicino.

Tuttavia siamo un paese nel quale ogni abitante, neonato o ultranovantenne che sia, ha un bel telefonino. E questo da un certo punto di vista è stata una piccola grande sciagura. Da queste parti parlare male degli SMS temo sia quindi una pessima idea. Ci sono editori che indicono concorsi letterari in forma di messaggi da 160 caratteri. Altri che usano gli SMS per mandare formidabili news al costo di 50 centesimi di euro cadauna. E soprattutto tutti li utilizzano. Poi esistono anche gli MMS. Il porno e le favole, i giochi e chissà cosa altro. Una bolgia di servizi dai quali farsi amabilmente avvolgere.

Quello che è certo è che in questo paese siamo indirizzati da una piccola oligarchia delle telecomunicazioni. Piccola di numero, un pugno di soggetti economici, in grado di condizionare non solo il mercato delle telecomunicazioni ma perfino il nostro approccio culturale ad esso. Soldi da spendere per raggiungere lo scopo? A bizzeffe. I media stretti dalla assoluta necessità di non irritare il ricco investitore. E sotto di loro, a leggere i giornali e a guardare la TV, milioni di italiani che navigano dentro un medioevo tecnologico convinti di essere all’interno di una luminescente blade runner del futuro. Potere della pubblicità applicata ad un popolo naturalmente abituato a riflettersi in ogni specchio che incontra.

A saldare se possibile ancora di più questa impasse della comunicazione, nella quale misteriosamente il consumatore sceglie di comunicare poco e male pagando moltissimo, c’è uno sbarramento politico, una vicinanza sospetta (assai più che sospetta in realtà, semmai palese ed accettata come normale) fra chi legifera e chi gestisce simili importanti servizi. E nonostante ciò, più lentamente che altrove, Internet arriva. E gli oligarchi delle comunicazioni, per una volta non ci possono fare molto. Nessuna Megan Gale che indossi i rollerblade per dirci che Internet non serve o che non è alla moda.

Certo i nostri amati amministratori, di qualunque colore politico siano, quello che in questi anni hanno potuto fare per opporsi allo sviluppo di forme di comunicazione controllate dal basso, lo hanno fatto. Prima puntando sulla Internet mobile su UMTS, un altro giochino costoso (per noi ovviamente), pericolosissimo e fortunatamente decotto prima ancora di partire, poi bloccando per quanto possibile il wi-fi, poi eliminando dove possibile le tariffe di accesso a Internet flat, privilegiando gli accessi veloci a quelli lunghi, poi rendendo impossibile un accesso a forfait su rete analogica. Internet per tutti quindi, dipendesse da loro e finche è possibile, nell’anno del mai.

E nonostante tutto questo rallentare, questo allontanare la popolazione dalla Internet di tutti i giorni, quella che davvero ci serve e davvero ci fa crescere, nonostante questo freno a mano volontariamente tirato, i cui effetti gli italiani se possibile pagano di tasca loro perché i nostri politici mai e poi mai si sognerebbero di fare il loro mestiere rendendo l’accesso alla rete “universale” ed economico, dallo sviluppo di Internet non è oggi più possibile prescindere. Per nessuno, nemmeno per i sovrani delle telecomunicazioni. Resta da vedere come le varie telecom ed i loro amichetti in parlamento potranno bloccare servizi come SkypeOut che consentono oggi a chiunque di telefonare da Internet a numeri di rete fissa in USA in Australia o anche solo in Italia a tariffe da 0,014 euro al minuto. Verrà reso illegale? E con quali motivazioni? Siamo curiosi di vedere come l’inclito Ministro delle Comunicazioni potrà far chiudere d’autorità le Wlan dai costi irrisori che un po’ dappertutto si stanno creando. La polizia postale in ogni angolo ad impedirci di comunicare come nella Germania di Honecker? O che altro? A quando il carcere per il war-driving?

In un contesto del genere, perfino un piccolo sciopero dei telefoni cellulari significa qualcosa. La minima iniziale presa di coscienza di un consumatore che certo non è “bue” per scelta ma solo per scarsa e cattiva informazione e i cui orizzonti piano piano vanno schiudendosi. Che è seccato perché paga 15 centesimi un servizio che ne costa zerovirgola ma ancora in buona parte ignora che al di là della tariffa indecente pure il servizio ha un discreto grado di sua propria intrinseca indecenza. E che quando lo imparerà, o meglio quando sarà messo nelle condizioni di impararlo, allora sì che saranno guai. Allora sì che il consumatore smetterà finalmente di consumare male. Abbiamo oggi la fortuna di starcene tutti in un universo collegato e l’onda della tecnologia per tutti e utile e intelligente, prima o poi arriva. E non ci saranno santi (in paradiso o in parlamento) che tengano. Anche se da noi accadrà, per il grande potere di alcuni e per la cattiva rappresentanza di altri, magari più poi che prima.

Massimo Mantellini
Manteblog

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Pubblicato il
12 lug 2004
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