Cina, scoperte le parole della censura

Cina, scoperte le parole della censura

Sono 30mila i termini che alcuni smanettoni cinesi hanno scoperto: una lista di parole chiave con cui i proxy di Stato filtrano siti web. I cybercop cinesi vanno a caccia di chi le digita. Un raggio di luce?
Sono 30mila i termini che alcuni smanettoni cinesi hanno scoperto: una lista di parole chiave con cui i proxy di Stato filtrano siti web. I cybercop cinesi vanno a caccia di chi le digita. Un raggio di luce?


Roma – L’elenco completo non è ancora disponibile ai media occidentali ma è ghiotta la notizia dell’emergere di una fornitissima lista di parole chiave usate dalla censura cinese per mettere il bavaglio al web.

Pochi giorni fa un gruppetto di smanettoni cinesi si è messo a giocare con un programmillo di instant messaging approvato dai tecnici censori dell’oligarchia pechinese. Nella programmazione del softwarino qualcuno però si era dimenticato di dare adeguata copertura informatica alla presenza del meccanismo principe del filtraggio della rete da parte del governo di Pechino : l’uso massiccio di “parole chiave” che consentono di individuare più rapidamente discussioni sgradite al regime, email dissidenti o filodemocratiche, siti che devono essere bloccati per impedire che trasmettano i valori sbagliati ai numerosi cittadini del fu celeste impero.

Associato al listone, un meccanismo di filtraggio pensato come una sorta di firewall di censura preventiva , capace di impedire la navigazione verso certi siti o la spedizione di certi messaggi non appena installato sul computer della vittima, cioè del cittadino semplice.

L’assenza di una schermatura appropriata a questo gingillo ha consentito a quegli smanettoni di mettere le mani sul “listone”, 30mila parole chiave che da un lato gettano un raggio di luce sul funzionamento dei, fin qui, oscuri sistemi di filtering made in China, dall’altro segnano un ulteriore potenziale danno d’immagine, una crepa nella granitica leadership pechinese che da lunghi decenni si spende per manipolare il pensiero del ?popolo?.

Ma quali parole sono contenute nella lista? Le parole che fin qui sono arrivate comprendono tematiche da sempre invise all’inossidabile nomenklatura, cose come “diritti civili” o “democrazia”, per non citare il grande rimosso: “piazza Tienanmen”. Altre, meno prevedibili, riguardano il nome del presidente cinese Hu Jintato ma anche “cristiano”, “sesso”, “brasserie”. Quelle senz’altro più rivelatrici sono invece “libertà” e “verità”, concetti tanto sconosciuti ai cinesi quanto ben gestiti dal regime.

Il listone segna un importante passo avanti nella comprensione del senso e del ruolo che viene attribuito dagli oligarchi ai sistemi di filtraggio, un ruolo evidentemente di primo piano. Senza dimenticare, peraltro, che la censura cinese non è soltanto un fatto tecnologico ma è completata dalle pressioni politiche e dai blitz della polizia conditi da sequestri e arresti .

Sull’argomento vedi anche:
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La Cina verso l’autarchia digitale
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Pubblicato il
6 set 2004
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