DRM, UE verso la blindatura

DRM, UE verso la blindatura

Contro l'orientamento espresso dall'industria si è spinto un piccolo drappello di esperti, ma nella stanza dei bottoni si è già mossa l'industria. In arrivo direttive pesanti. Ecco cosa fare
Contro l'orientamento espresso dall'industria si è spinto un piccolo drappello di esperti, ma nella stanza dei bottoni si è già mossa l'industria. In arrivo direttive pesanti. Ecco cosa fare


Roma – Negli ultimi mesi, per precisione a luglio, è stato costituito un gruppo di lavoro nell’Unione Europea sui sistemi di Digital Rights Management, denominato “High Level Group on Digital Rights Management” , che fa parte dell’iniziativa e-Europe 2005. Come spesso succede in questi casi, alla formazione del gruppo ed ai suoi scopi non è stata data una grande pubblicità, come invece meritava visto il tema fondamentale per le libertà e lo sviluppo dell’ICT.

Il Group, le cui decisioni sono destinate ad impattare fortemente sulle scelte comunitarie in tema di DRM, è caratterizzato dal fatto che a comporlo sono imprese ed operatori coinvolti nella gestione dei diritti digitali. Tra i membri anche nomi come HP, Vodafone, BBC, Nokia, France Telecom. Assume quindi un rilievo particolare l’unica voce dell’HLG che non appartiene a questa categoria, vale a dire il BEUC , l’ufficio di coordinamento europeo delle associazioni dei consumatori.

Vista la curiosa natura del Group, può non sorprendere il fatto che, rispetto alle scelte maggioritarie dell’organismo europeo, tese alla promozione e diffusione pervasiva del DRM, l’unica voce contraria sia stata proprio quella del BEUC che si è dissociato dal documento finale prodotto dall’HLG. Un documento che peraltro non cita nemmeno il contributo prodotto dal BEUC.

Il Final Report del Group ( vedi qui le considerazioni dell’HLG in formato pdf) viene considerato della massima importanza proprio perché condizionerà come accennato le scelte europee. Tre i punti individuati come fondamentali dal gruppo di lavoro: risoluzione dei problemi di interoperabilità tra i diversi sistemi DRM, creazione di modelli di business basati su DRM e gestione della migrazione verso servizi legali .

Tra gli esperti italiani che hanno proposto una “visione diversa” sulla questione, Marco Calamari , Andrea Glorioso e Marco Ciurcina , da sempre impegnati sul fronte delle libertà tecnologiche, hanno prodotto un documento che è ora stato inoltrato all’HLG ( qui in formato pdf).

Il rapporto degli esperti italiani, pubblicato sul sito dedicato dell’Unione Europea assieme a quelli di tutti coloro che hanno partecipato alla consultazione pubblica, critica le modalità di formazione e di lavoro dell’HLG e la mancata apertura alla “società civile” su temi tanto importanti per il presente e il futuro dei cittadini europei. Un lungo lavoro di indagine che “smonta” punto per punto le certezze su cui l’HLG ha costruito la propria posizione.

“Assumere dal principio che i vecchi modelli di business siano assolutamente insostituibili e farne discendere una necessità logica di implementare dei meccanismi DRM – si legge nel rapporto – è al tempo stesso intellettualmente poco onesto e foriero di potenziali sprechi, laddove verranno investite ingenti risorse di ricerca e sviluppo (per esempio, nell?interoperabilità di sistemi DRM differenti) che potrebbero essere più utilmente impiegate”.

“Poichè le conclusioni di questo gruppo di lavoro forgeranno una parte rilevante delle infrastrutture informatiche di domani – ha spiegato Marco Calamari a Punto Informatico – e presentano gravi pericoli per la privacy e le libertà digitali, ne consiglio vivamente la lettura”.

Infine assai critica, come accennato, anche la posizione del BEUC che nel proprio documento ( qui in pdf) pone in premessa una dichiarazione che sembra gettare ulteriore luce sulle modalità con cui l’Europa si prepara ad abbracciare il DRM: “Molta parte del dibattito sul DRM si focalizza sulla tutela dei detentori dei diritti, e implica che i consumatori possono avere solo quei diritti che vengono loro offerti da un contratto o da una licenza, oppure da eccezioni molto limitate concesse dalla legge, ma non obbligatorie. Rifiutiamo questo approccio e riteniamo che i consumatori debbano avere certi chiari diritti nel mondo digitale, diritti che devono essere rispettati dai detentori del diritto d’autore”.

Cosa fare dunque?

Una prima azione può essere costituita dalla partecipazione ad un seminario che si terrà sull’argomento a Cambridge (UK) il prossimo 9 e 10 ottobre, organizzato da FIPR (Foundation for Information Policy Research) con l’aiuto economico di
OSI (Open Society Institution). Un’occasione che consentirà a molti soggetti che finora non hanno potuto dire la loro di partecipare al processo di formazione delle future direttive europee sul DRM.

In questo senso si sta muovendo Glorioso, quale technical manager di Media Innovation Unit – Firenze Tecnologia , invitato al seminario (la cui partecipazione è comunque libera e gratuita), che ha lanciato una chiamata per commenti sulla mailing list del progetto CopyWhat .
“Mi piacerebbe molto – ha scritto – poter arrivare a questo incontro avendo in mano una posizione comune tra tutti coloro che, in Italia e negli ultimi anni, si sono battuti e si stanno battendo per un atteggiamento politico, sociale e legislativo meno rigido nei riguardi della protezione del diritto d’autore, che tenga in considerazione sia le reali motivazioni che hanno portato alla nascita del medesimo (bilanciamento tra interesse dell’autore e quello della società tutta) sia il prepotente ingresso in scena delle nuove tecnologie”.

Chiunque voglia rimboccarsi le maniche è dunque bene che agisca rapidamente perché una prima bozza di documento dovrà essere prodotta entro pochi giorni, al massimo entro il 4 ottobre , in modo da consentire la preparazione al seminario del 9 e 10. Ogni spunto può essere indirizzato a CopyWhat o allo stesso Glorioso (all’indirizzo “sama AT miu-ft PUNTO org”).

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Pubblicato il
30 set 2004
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