Manhunt vietato in Australia

Manhunt vietato in Australia

Le autorità decidono che nemmeno gli adulti sono adulti abbastanza da poter comprare il videogame. Norme di tutela assai meno censorie sui game saranno presto varate anche in Italia
Le autorità decidono che nemmeno gli adulti sono adulti abbastanza da poter comprare il videogame. Norme di tutela assai meno censorie sui game saranno presto varate anche in Italia


Roma – Una decisione attesa, eppure enorme, quella presa ufficialmente dalla Commissione australiana sulla classificazione dei Film e della Letteratura, la cosiddetta Commissione Censura : d’ora in poi sarà vietata la distribuzione e la vendita su tutto il territorio australiano del videogame Manhunt , da tempo inviso ai censori di diversi paesi .

La Commissione ha infatti deciso di non classificare il titolo, rendendolo quindi non commercializzabile in Australia .

Non solo, la scelta dell’organismo di tutela, che in questo caso si occupa non solo dei minori ma anche degli adulti, impedendo loro di acquistare un videogioco, colpisce persino gli scaffali dei negozi: qualunque punto vendita avesse a disposizione quel titolo, infatti, “dovrà rimuoverlo immediatamente”, come si legge in una nota diffusa dalla Commissione.

Il gioco, dai più giudicato mediocre, viene considerato troppo efferato, al punto da non poter essere venduto neppure con la classificazione MA15+, quella che impedisce la vendita ai minori di 15 anni. Un gioco talmente spinto verso la violenza, sostengono i commissari australiani, che anche i maggiorenni sono a rischio .

Chiunque venda, promuova o persino esponga il titolo in Australia rischia da oggi una multa, a seconda dello stato, che può arrivare a circa 15mila euro e comprendere due anni di carcere .

Va detto che la clamorosa decisione non è una prima assoluta. Come si ricorderà, in Australia e altrove è stato censurato in modo totale anche Grand Theft Auto , titolo assai popolare tra i giovani. Ma ciò che non va giù a molti osservatori è l’estensione della censura anche alla popolazione adulta.

In Italia le cose vanno diversamente. Nei giorni scorsi il ministro alle Comunicazioni Maurizio Gasparri ha spiegato che si sta lavorando su una nuova legge che dovrebbe adeguare il codice italiano a quello europeo (al PEGI – Pan European Game Information), il che significa obbligare le società produttrici a fornire maggiori informazioni sui game in vendita stampandole direttamente sulle confezioni. Tra i dati da inserire anche l’età consigliata nonché la tipologia dei contenuti.

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Pubblicato il
1 ott 2004
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