Un nuovo faro per Isole?

Un nuovo faro per Isole?

Lo storico progetto di ECN.org sta attraversando un momento difficile, che riguarda decine e decine di associazioni, gruppi e liberi pensatori, e che interessa direttamente la rete in Italia. PI ne parla con Ferry Byte
Lo storico progetto di ECN.org sta attraversando un momento difficile, che riguarda decine e decine di associazioni, gruppi e liberi pensatori, e che interessa direttamente la rete in Italia. PI ne parla con Ferry Byte


Roma – ECN.org di “Isole nella Rete”, da anni snodo informatico e creativo di gruppi, associazioni e costruttori di un’alternativa antagonista ed autonoma, struttura e infrastruttura di movimento che ha più volte dovuto combattere la censura, sta vivendo un momento difficile. Sulla sua home page , il collettivo di ECN.org lo ha voluto rendere noto a tutti.

Per capire quanto sta accadendo ad una delle più interessanti fabbriche di idee e iniziative sulla rete italiana, Punto Informatico ne ha parlato con una delle sue anime: Ferry Byte .

Punto Informatico: Da qualche giorno sulla home page di ECN.org, da molti anni inossidabile punto di riferimento per i paladini dei diritti sociali e delle libertà digitali, nonchè per movimenti antagonisti, creativi e cyberpunk italiani (e non solo), si legge che il collettivo che ne ha garantito il funzionamento sta ragionando sulla possibilità di chiudere “a causa di problemi economici e motivazionali”. Sono venute meno le ragioni di questo “fronte telematico”? Sono tramontate le speranze?

Ferry Byte: E’ un passaggio di questa esperienza che dall’esterno puo’ apparire come un fatto negativo ma in realtà potrebbe risolversi in un’evoluzione positiva per Isole nella Rete.

Il grido di allarme parte da una situazione oggettiva di difficoltà determinata dall’invecchiamento del collettivo di gestione e dalle difficoltà economiche a continuare a sostenere il progetto.

I vecchi di Isole hanno sempre meno tempo e questo si riflette nell’assottigliarsi di iniziative sul territorio e nel congelamento di iniziative proprie – anche digitali – nel campo della difesa della libertà di informazione e comunicazione.
L’essersi rivolto ad un provider di qualità ha garantito ai nostri utenti finali un’efficace fruizione dei nostri servizi in questi anni ma non riusciamo più – con le sole sottoscrizioni dei soci – a reggere il bilancio economico.
Per queste ragioni abbiamo bisogno di diminuire le spese o aumentare gli introiti ma soprattutto di un ricambio generazionale che rinnovi i pruriti e gli obiettivi politici di un tempo.

PI: All’interno di ECN pulsano mailing list come AHA, Internazionale o Cyber-rights, per citarne solo alcune, ambiti di discussione frequentati da centinaia di persone. Non è da qui, da loro, che puo’ giungere nuova linfa vitale “economica e motivazionale”?

FB: Alle mailing-list citate sono iscritte centinaia di persone, in alcuni casi “addetti ai lavori” interessati a “tematiche di nicchia”, ma sono molte di più le persone che le consultano via Web.

Siamo mediamente – alcune liste vanno meglio di altre ovviamente – soddisfatti dell’interesse suscitato dalle nostre liste ma l’aiuto più grande sta provenendo da una nuova lista creata apposta per questa “crisi” ed a cui sono stati iscritti d’ufficio tutti coloro che hanno un account ecn.org.
Da questa lista stanno emergendo elaborazioni ed idee molto interessanti che si spera possano essere valorizzate nella prossima assemblea pubblica sul futuro di Isole che si terrà fra ottobre e novembre.

PI: ECN ospita una quantità di siti, associazioni, gruppi alternativi, tenuti insieme dai servizi offerti ma anche dal desiderio di gestire e realizzare spazi autonomi di incontro, conoscenza, produzione artistica e via dicendo. Se questo pure non basta a dare un senso all’attività dietro ECN, siete davvero disposti a perdere i sottili fili della ragnatela che avete costruito, raccogliendo le motivazioni le esigenze e le pulsioni di realtà così diverse eppure capaci di riconoscersi?

FB: In realtà non vogliamo assolutamente disperdere quanto costruito fino ad oggi, ed il grido di allarme vuole essere una maniera di rimettersi in gioco, stiamo discutendo sul come…

Vedo due possibili strade.
La prima consiste nel rimanere un’associazione con nuovo presidente parafulmine (il glorioso “presidente” è dimissionario dopo tanti anni di onorato servizio;^) e con la possibilità e la capacità di interloquire con movimenti e forze politiche per agire politicamente ma anche per difendersi dai sempre più frequenti attacchi giudiziari-politici consistenti in cause per diffamazione, principalmente.

La seconda è di sciogliere l’associazione, spostare il server all’estero e così – con un minimo di tranquillità in più sotto il profilo delle minacce legali – continuare a rimanere una delle poche voci attive e realmente indipendenti del panorama dell’autorganizzazione capace di produrre informazione e comunicazione non solo autonoma ma scomoda.


PI: L’Italia appare terreno sempre meno favorevole alla diversità delle idee…

FB: Io opterei per la seconda strada perchè la prima implica la presenza in Italia di partiti, società civile e movimenti con senso critico e capaci di mobilitarsi ed incidere: condizione assente in Italia in questo momento.
I partiti sono assolutamente inerti. Basti pensare che le iniziative per l’abolizione dei reati d’opinione vengono lasciate agli interessi di parte della Lega, tanto per fare un esempio. I movimenti non si sono saputi esprimere incisivamente neanche contro una guerra che non piace a nessuno: nè all’uomo qualunque di destra nè a qualunque uomo di sinistra.

Intendiamoci: abbiamo mantenuto un server di movimento con tanta fatica dei nostri mitici macchinisti, con la costanza e l’impegno di chi lo ha riempito di contenuti non per il piacere di digitare sulla tastiera qualcosa di diverso dagli impegni di lavoro ma con l’utopia di contribuire a cambiare lo stato di cose presenti e liberarsi di qualche schiavitù.
Qualche risultato lo abbiamo ottenuto a livello di crescita di coscienze con i netstrike, gli hackmeeting, la produzione di documentazione e di dibattiti ma siamo ben lontani dal convincere chi ci legge dal liberarsi della necessità del carcere o del petrolio.
Ho fatto due esempi forti ma reali per tentare di trasmettere le motivazioni che ci hanno spinto ad impegnarci in questi anni.

PI: Sul manifesto di Isole si legge, tra l’altro:
“Molte altre realtà, in Italia e nel resto del mondo, stanno realizzando progetti simili al nostro e ci auspichiamo che, nelle similitudini e nelle differenze, possa nascere una rete di collaborazione, una rete nella rete delle reti.”
L’annuncio di questi giorni vuol dire che questo non è avvenuto? Che il progetto di una collaborazione anche transnazionale è destinato a fallire?

FB: Ci sono delle difficoltà operative a collaborare “internazionalmente” dovute alla lingua e allo scarso tempo a disposizione che basta a malapena – su base volontaria – a portare avanti i singoli progetti “nazionali”.
Cio’ non toglie che in casi di emergenza la solidarietà scatta: basta vedere la facilità con cui proliferano i mirror nei casi di censura.

PI: Ad uno come me, che conosce ECN da così tanto tempo, che ricorda le battaglie di libertà e le censure a cui si è tentato di sottoporre Isole nella Rete, un annuncio del genere appare gravissimo. In tempi così bui per le libertà civili e per quelle digitali, le mille voci fuori dal coro che ECN rappresenta e che ha fin qui veicolato sono ancora più preziose. Cosa dovrebbe accadere perchè la temuta “chiusura” non si verifichi? Cosa puo’ fare chi volesse dare il suo contributo economico, intellettuale, emotivo?

FB: Contribuire economicamente (tutti gli estremi su http://www.ecn.org/ ) ma soprattutto partecipare nelle liste di Isole al dibattito e alla prossima assemblea pubblica, mettendosi a disposizione col proprio tempo, le proprie competenze e le proprie idee per la sopravvivenza del progetto.

(Intervista a cura di Paolo De Andreis )

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Pubblicato il
8 ott 2004
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