DRM, sette colossi in cerca di standard

DRM, sette colossi in cerca di standard

Una cordata di società guidate da Philips e Sony lanciano un'iniziativa per spingere il mercato delle musica digitale verso uno standard di digital rights management comune e interoperabile. Ci riusciranno?
Una cordata di società guidate da Philips e Sony lanciano un'iniziativa per spingere il mercato delle musica digitale verso uno standard di digital rights management comune e interoperabile. Ci riusciranno?


Sunnyvale (USA) – Le tecnologie di digital rights management (DRM) hanno ormai assunto un ruolo chiave nel mercato della musica digitale, divenendo le nuovi armi dei colossi industriali che si stanno spartendo la ghiotta torta della distribuzione legale della musica su Internet. Il timore che questa guerra finisca per frantumare il mercato in tanti formati fra loro incompatibili o, al contrario, si concluda con l’emergere di una sola tecnologia proprietaria, ha spinto sette colossi ad unire le forze per definire e promuovere una tecnologia comune per la protezione e la gestione dei contenuti.

E’ con tale obiettivo che Intertrust, Philips, Sony, Panasonic, Samsung, Twentieth Century Fox e HP hanno ufficialmente annunciato, negli scorsi giorni, la nascita del Coral Consortium , organizzazione che avrà il compito di creare un insieme di specifiche aperte che, se diffusamente adottate dall’industria, possano consentire agli utenti di ascoltare la musica acquistata da Internet su qualunque player, questo indipendentemente dalla tecnologia di DRM che protegge le canzoni.

“Per risolvere il problema dell’interoperabilità nel settore della distribuzione dei media ci sono solo due strade: adottare una singola piattaforma proprietaria o convergere verso uno standard comune”, ha affermato Jack Lacy, president del Coral Consortium e dirigente di Intertrust. “Tanto per il il mercato quanto i consumatori credo sia di gran lunga preferibile la seconda ipotesi”.

I numerosi negozi di musica on-line nati su Internet nell’ultimo anno utilizzano, nella maggior parte dei casi, tecnologie anti-copia differenti: questo, come noto, limita la possibilità degli utenti di riprodurre i brani acquistati attraverso un qualsiasi dispositivo o di condividerli, in modo legittimo, con altri utenti.

Coral ha spiegato di non voler imporre una specifica tecnologia di DRM quanto di voler definire un layer d’astrazione che faccia da ponte fra le tecnologie già sul mercato, garantendone in tal modo la coesistenza. Per far ciò, il consorzio intende avvalersi della tecnologia Nemo di Intertrust, già in grado di fornire un framework compatibile, fra gli altri, con la tecnologia DRM di Microsoft.

Proprio Microsoft, e con lei Apple e RealNetworks, è però fra i grandi assenti della giovane alleanza. Il big di Redmond ha abbracciato già da tempo il Content Reference Forum, i cui obiettivi sono simili a quelli del consorzio Coral ma orientati verso l’uso di altre tecnologie; RealNetworks sta tentando di spingere la propria piattaforma Helix e di garantire la compatibilità con il formato di DRM dominante, quello di Apple, per “vie traverse”; Apple, infine, ha ben poco interesse a promuovere uno standard aperto visto che oggi è lei a dominare sia il settore della musica on-line (con l’iTunes Music Store) che quello dei player audio (con iPod).

“Noi non possiamo costringere gli altri ad entrare nel nostro consorzio, ma possiamo fare in modo che, quando si tratterà di decidere il futuro di questo mercato, siano loro a trovarsi in minoranza”, ha dichiarato Lacy riferendosi a Microsoft, Apple e agli altri colossi del settore che non partecipano alla definizione del neo standard.

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Pubblicato il
8 ott 2004
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