Washington controllerà tutte le chat

Washington controllerà tutte le chat

Questo e nientemeno è lo scopo di un progetto di ricerca che tra un anno scodellerà per conto del governo americano un sistemone capace, dicono alcuni scienziati, di capire se i terroristi usano le chat. Monta la polemica
Questo e nientemeno è lo scopo di un progetto di ricerca che tra un anno scodellerà per conto del governo americano un sistemone capace, dicono alcuni scienziati, di capire se i terroristi usano le chat. Monta la polemica


Washington (USA) – I terroristi che decidessero di utilizzare le chat room per comunicare tra di loro e organizzare le proprie attività, magari per pianificare attentati , dovranno tra qualche tempo scontrarsi con un nuovo strumento che il Governo statunitense ha deciso di far realizzare. Un sistema capace, viene detto, di “interpretare” ciò che viene scritto nelle chat.

L’onnipresente e sempreverde obiettivo di tenere sotto controllo quel che si dice in rete, infatti, ha trovato nelle scorse ore un nuovo formale battesimo con un primo finanziamento di quasi 160mila dollari che la National Science Foundation americana, ente governativo che sviluppa anche il programma “Approcci per combattere il terrorismo”, ha garantito al Rensselaer Polytechnic Institute (RPI).

L’idea che guiderà il team del professor Bulent Yener è quella di sviluppare dei sistemi informatici capaci di tracciare il traffico dei post nelle chat pubbliche, al fine di scoprire eventuali conversazioni criminali che si tenessero in quella sede.

Come riuscire nell’impresa? Secondo i ricercatori è possibile, adottando modelli matematici e statistici che sappiano individuare i “ritmi” degli interventi, i tempi di risposta, il modo in cui i diversi utenti con i diversi nickname intervengono nelle chat, andando a caccia di parole chiave o in codice, identificando quindi tra tonnellate di materiale soltanto ciò che potrebbe nascondere un problema di sicurezza nazionale.

Per adottare i nuovi modelli occorrerà, viene detto, almeno un anno di studio, durante il quale verranno identificate e sviluppate le misure necessarie.

Che poi si riesca a raggiungere gli obiettivi prestabiliti, naturalmente, è cosa tutta da dimostrare. Si pensi che secondo un osservatorio autorevole come quello del Pew Internet & American Life Project solo negli Stati Uniti almeno 28 milioni di utenti hanno utilizzato almeno una volta un sistema di chat. Non solo, le tecnologie dietro le chat sono le più diverse, dai sistemi IRC a quelli Java, rendendo tutto ancora più complesso. A questo si aggiunge la distribuzione delle chat room su una quantità di server e servizi internet diversi.

Secondo Yener, per aggirare il problema che sarebbe costituito dalla enorme quantità di materiale pubblicato ogni giorno sulle chat occorre sviluppare un modello capace di lasciar perdere tutto ciò che è “rumore”, ossia non interessante ai fini di indagine, andando a pescare solo ciò che serve. Da parte sua la Foundation ha sottolineato che l’adozione del sistema ai fini di intelligence non è problema che spetti a lei: lo strumento una volta predisposto verrà dunque offerto alle agenzie investigative del Governo statunitense , saranno loro a deciderne le modalità di impiego.

“Per noi – ha spiegato Yener – la sfida è riuscire a determinare, senza dover leggere i messaggi, chi sta parlando a chi”.

Tutto questo solleva naturalmente numerose critiche da parte di chi sostiene il diritto alla privacy sebbene venga rilevato come, trattandosi di chat pubbliche, le uniche che verrebbero monitorate, tutto quello che il “sistemone” farebbe è appunto “partecipare” a modo suo, sebbene in modo assai diverso da un utente comune.

Un commento rilasciato alla Reuters dall’ex dirigente dell’Unità Crimini Informatici del Dipartimento della Giustizia statunitense, Mark Rash, indica nel nuovo sistema l’ennesima realizzazione di un apparato che spinge verso gli obiettivi indicati dal deposto, ma apparentemente molto vitale, programma Terrorism Information Awareness , per lungo tempo “bestia nera” per tutti i sostenitori delle libertà digitali. “La possibilità di raccogliere e analizzare grandi quantità di dati – ha anche affermato Rasch – è ciò che solleva problemi sotto il profilo della privacy, anche se nessun dato rilevato è in sé particolarmente privato”.

Secondo alcuni il sistemone potrebbe rivelarsi assai utile, qualora davvero raggiungesse i suoi obiettivi e venisse impiegato ampiamente, non solo per la prevenzione antiterroristica – gli esperti sono persino divisi sulla possibilità che le organizzazioni del terrore usino effettivamente le chat – ma anche per la lotta alla diffusione di pornografia infantile su internet. Sono molte, e certo non solo negli USA, le azioni di monitoraggio sulle chat condotte dai cybercop di diversi paesi proprio a questo fine, naturalmente con tutti i limiti di un’osservazione “umana” e non “informatica”.

Link copiato negli appunti

Ti potrebbe interessare

Pubblicato il 13 ott 2004
Link copiato negli appunti