Peacelink per la liberazione di Lin Hai

Peacelink per la liberazione di Lin Hai

L'imprenditore hi-tech cinese che passò 30mila indirizzi email ai dissidenti fuori dalla madrepatria è ancora in carcere. Il presidente di Peacelink diffonde un appello mentre arriva in Italia l'ambasciatore Cheng Wendong
L'imprenditore hi-tech cinese che passò 30mila indirizzi email ai dissidenti fuori dalla madrepatria è ancora in carcere. Il presidente di Peacelink diffonde un appello mentre arriva in Italia l'ambasciatore Cheng Wendong


Roma – Oggi l’ambasciatore della Repubblica Popolare Cinese, Cheng Wendong, visiterà il porto di Taranto e incontrerà il Prefetto, il Presidente della Provincia e il Presidente di Assindustria. Crediamo opportuno che in questi incontri si faccia presente all’ambasciatore cinese che il suo governo è attualmente responsabile di gravi violazioni dei diritti umani.

Il regime punisce con la pena di morte ben 68 reati, molti dei quali non violenti, e la Cina si distingue nel mondo per la massima quantità di esecuzioni capitali. Duecento monaci e monache sono in carcere in Tibet “per aver messo a rischio la sicurezza nazionale”. E’ vietata nei conventi l’esposizione della foto del Dalai Lama. Rimangono molto diffuse pratiche di tortura e di maltrattamenti. Ad esempio un attivista per i diritti dei lavoratori, Liu Nainchun, detenuto nel nordest della Cina, è stato torturato con bastoni elettrici da alcune guardie del campo di lavoro in cui era mantenuto in isolamento, mentre il dissidente Chen Longde si è gettato dalla finestra nel tentativo di sfuggire alle torture ed è diventato zoppo; malgrado ciò è stato riportato nel campo di lavoro forzato di Luoshan nonostante non fosse in grado di camminare senza stampelle.

Crediamo che le violazione dei diritti umani – come non ricordare la sanguinosa repressione della protesta pacifica degli studenti di piazza Tien An Men ? – non debbano essere taciute in nome di “più alti interessi economici”.

PeaceLink chiede alla stampa di farsi voce di chi non ha voce, ossia di quel popolo cinese che oggi non può liberamente dissentire. Occorre chiedere all’ambasciatore che il suo governo rispetti le libertà e i diritti fondamentali dell’uomo sanciti dalla Dichiarazione ONU del 1948.

In particolare, PeaceLink chiede all’ambasciatore cinese che venga liberato Lin Hai.

Lin Hai ha usato Internet per diffondere un appello per i diritti umani e per darci la possibilità di inviare in Cina i nostri messaggi. E ‘ stato condannato a 15 anni di carcere.

Lin Hai è un ingegnere elettronico cinese. E ‘ stato condannato il 20 gennaio 1999 per aver diramato per posta elettronica un appello dei dissidenti. Si era procurato 30 mila indirizzi e-mail e aveva “sparato” il messaggio su Internet.

Arrestato il 25 marzo 1998, deve scontare 15 anni di prigione per “incitamento a sovvertire lo Stato”. Ora il mercato cinese non può fare a meno di Internet. Ma gli utenti telematici cinesi, ad esempio, vengono schedati prima di poter accedere ad Internet. E tutti i nodi di accesso ad Internet devono passare da un centro di controllo statale. I messaggi elettronici vengono analizzati elettronicamente per parole chiave in modo da individuare quelli sospetti e poter risalire alla fonte. A tal fine è stata creata una rete di controllo nelle città. Lin Hai non è colpevole di nulla se non di aver fatto un uso positivo e libero della telematica. Abbiamo avviato una campagna per la sua liberazione. Chiediamo che l’ambasciatore cinese ascolti il nostro appello per la libertà di Lin Hai.

Alessandro Marescotti, Presidente di PeaceLink .

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Pubblicato il 13 ott 2000
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