La chat fa bene ai piccoli

La chat fa bene ai piccoli

Lo sostiene in una intervista al New York Times una celebre psicologa americana, docente del MIT, secondo cui le comunità online possono consentire ai bambini e agli adolescenti di avere e gestire rapporti che, oggi, sono sempre più rari
Lo sostiene in una intervista al New York Times una celebre psicologa americana, docente del MIT, secondo cui le comunità online possono consentire ai bambini e agli adolescenti di avere e gestire rapporti che, oggi, sono sempre più rari

New York (USA) – La vita sociale dei bambini e degli adolescenti non è soddisfacente in moltissime realtà familiari. L’ambiente scolastico, la socialità urbana spesso scoraggia i più piccoli e corrisponde ad un rischio per i giovani. Per questo, le comunità online possono giovare e contrastare il sempre più frequente isolamento.

A sostenere queste tesi e a difendere le chat e gli altri luoghi di incontro elettronici frequentati da giovani e giovanissimi è una celebre psicologa americana, docente del MIT, che si autodefinisce “analista cyber”. Si tratta di Sherry Turkle che, in una intervista al New York Times, se l’è recentemente presa con i luoghi comuni in cui tanta parte della stampa annega il mondo cyber, visto come un mondo “che risucchia le coscienze senza donare amore”.

“I genitori – sostiene Turkle – devono riconoscere che senza questi mezzi i bambini si troverebbero ad essere soli. Le comunità online offrono spazi ampi, nuovi e intriganti per gli adolescenti, che esplorano la propria idenità, per essere felici e tristi, arrabbiarsi, scatenarsi. Tutto in un ambiente in cui le conseguenze sono “morbide” o inesistenti. Questo è quello che deve accadere durante l’adolescenza”.

La flessibilità offerta dall’identità digitale fa parte, secondo la docente americana, di un quadro nel quale i computer hanno aperto le porte ad una “riconsiderazione fondamentale dell’identità umana”. Rispetto ad un tempo, in cui l’interazione tra i giovani era più semplice e inserita in contesti fisicamente più definiti, Turkle vede la comunità online come il recupero di questi ambienti. In contrasto con la velocità ossessiva dell’educazione dei giovani, la loro preparazione al lavoro e l’inserimento in contesti sociali instabili. Contesti nei quali persino le sperimentazioni sessuali divengono fonte di rischio.

La psicologa poi affronta quella che definisce “il lato oscuro” della Rete, per esempio quello relativo ai materiali pornografici. Eppure la pornografia nel mondo e nelle edicole esiste, sostiene Turkle, e dunque anche da qui, anche questo può essere un espediente per il genitore per affrontare con il figlio un dialogo, sui valori personali, sulla sessualità, sull’amore.

Allo stesso modo, conclude Turkle, l’ambiente virtuale può diventare, e diventa, luogo di scambio di esperienze simili tra coetanei, di confronto e dunque di crescita. Chiudere l’accesso a questi strumenti, sull’onda emotiva innescata da media male informati, sembra suggerire la psicologa americana, si tradurrebbe dunque in un danno per i più giovani.

Alberigo Massucci

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Pubblicato il
17 feb 2001
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