Quel pudore che sa di paraocchi

Quel pudore che sa di paraocchi

di Massimo Mantellini. La vicenda della (mancata) pubblicazione del manifesto delle BR su alcuni grandi siti di informazione fa riflettere e consente ai lettori di imparare a scegliere. Un link in meno insegna molte cose
di Massimo Mantellini. La vicenda della (mancata) pubblicazione del manifesto delle BR su alcuni grandi siti di informazione fa riflettere e consente ai lettori di imparare a scegliere. Un link in meno insegna molte cose


Roma – Nella serata del 20 marzo gran parte dei quotidiani italiani (La Repubblica, La Stampa, il Corriere della Sera, Il Manifesto, il Secolo XIX, Il Resto del Carlino ed altri), i siti web di molte confederazioni sindacali, Radio Popolare, qualche Centro Sociale e chissà quanti altri soggetti hanno ricevuto il messaggio di rivendicazione firmato Brigate Rosse dell’attentato al Prof. Biagi. Si è trattato, a quanto pare, di un vero e proprio spamming verso circa 500 indirizzi di posta elettronica, tutti messi in CC ad almeno tre differenti email. Tale messaggio (26 pagine di txt compresso) è stato quasi immediatamente considerato attendibile dagli investigatori: nonostante ciò, praticamente nessuno fra le agenzia di stampa, i quotidiani, i siti web sindacali che lo hanno ricevuto, ha ritenuto di doverlo pubblicare in rete nelle ore immediatamente successive.

Solo una piccola agenzia di stampa campana, Caserta24ore, ha scelto di dar conto pubblicamente delle 26 deliranti pagine di giustificazione del crimine avvenuto un paio di sere fa a Bologna.

Siamo stati così testimoni di una strana schizofrenia che merita di essere osservata con attenzione: i grandi soggetti informativi italiani hanno preferito citare la pubblicazione su Internet del documento di caserta24ore.it (alcuni come nel caso del Corsera riproducendo la homepage del sito web campano) piuttosto che dare diretta informazione ai propri lettori di qualcosa che era giunto anche nelle loro caselle di posta elettronica. Meglio di tutti è riuscito a fare il quotidiano la Stampa di Torino che, in una specie di amnesia del fatto di essere stato anch’esso destinatario del messaggio scriveva : “Un documento di 26 pagine di rivendicazione dell’omicidio di Marco Biagi è stato inviato agli indirizzi e-mail di un sito internet (www.caserta24ore.it) alcuni sindacati e sedi di partito.”

Tranne qualche sito web come quello de Il Nuovo e de La Stampa stessa, la stragrande maggioranza dei web editoriali italiani ha scelto poi (come è ormai costume quando si vuole creare un diaframma fra sé e gli altri) di non linkare il sito web dell’agenzia campana, riportato spesso solo in plain text, quasi si trattasse di un soggetto senza alcuna dignità ipertestuale. Non è una novità, si tratta di una piccola miopia molto indicativa di quale sia l’idea che certa gente ha di Internet. Come da copione, l’agenzia in questione, nella mattinata della pubblicazione della rivendicazione, è stata visitata da agenti della Digos per accertamenti non meglio precisati.

Come citato da Il Resto del Carlino, l’unico quotidiano disposto a divulgare qualche particolare in più sulle modalità tecniche dell’invio del messaggio, l’email delle Brigate Rosse è partita alle 22,17 del 20 marzo da un indirizzo di Wind, più precisamente da h3290642270@inwind.it.

In attesa che la Guardia di Finanza compia i dovuti accertamenti sulla rintracciabilità del mittente del messaggio di posta elettronica a noi resta da capire se esistano ragioni di sicurezza o di opportunità che consiglino i grandi editori italiani a comportamenti come quello cui abbiamo assistito o se invece non ci si trovi di fronte a qualcosa d’altro.

Perché, in altre parole, non pubblicare su Internet il documento ricevuto? Forse nelle prime ore della serata del 20 potevano esistere comprensibili ragioni di incertezza sulla autenticità della fonte, ma una volta accertato che tale rivendicazione era plausibile perché insistere in reticenze del genere? Scelte oltretutto inutili perchè chiunque abbia desiderato leggere il comunicato delle BR (che in ogni caso viene citato letteralmente un po’ dappertutto su giornali, siti web, radio e TV) lo ha potuto comunque fare collegandosi a caserta24ore.it .

Nelle prossime ore il mirroring del comunicato di rivendicazione dell’omicidio del povero Prof. Biagi raggiungerà forse anche i siti web della informazione mainstream italiana (anche se molti di essi hanno scelto di pubblicarne solo alcuni estratti commentati) ma credo che più di uno, fra i lettori dei grandi quotidiani che accedono ad Internet, possa essere stato in queste ore sfiorato dall’idea che chi gestisce l’informazione in Italia lo continui a considerare un soggetto debole, da tenere sotto tutela, bisognoso di un filtro che lo aiuti a comprendere il mondo che lo circonda secondo categorie nette e facilmente identificabili. Come vedete ho dovuto utilizzare un complicato eufemismo per dire (o non dire) ciò che molti giornalisti italiani pensano (e privatamente dicono) da sempre dei loro lettori.

Eppure sono ogni giorno di più i navigatori della rete che proprio online vanno alla ricerca di notizie che stiano alla larga da tale intento pedagogico e che sono stufi dei tanti suggeritori interessati che quotidianamente scremano quali notizie portare in primo piano e quali no.
Scremare le notizie: si tratta di un mestiere rispettabile per carità, rispettabile e molte volte utile, a patto che resti lo spazio (almeno in rete, visto che sui quotidiani cartacei questo spazio non è mai esistito) per essere informati “diversamente”, che resti la quantità, la variabilità e l’originalità dei contributi. Esattamente ciò che oggi in rete, nel dar conto della rivendicazione dell’omicidio Biagi, si è cercato di non fare.

Per molti professionisti dell’informazione sembra difficile comprendere che su Internet oggi un link può valerne un altro. E’ così, checché ne dicano quanti vorrebbero una informazione patentata e cosparsa di bollini di qualità; e se il click del mouse indirizza, come in questo caso, alla notizia nuda e cruda, smontata dei soliti orpelli, tanto meglio. Vorrà dire che, per una volta, non saremo diventati adulti per nulla.

Massimo Mantellini

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Pubblicato il 22 mar 2002
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