Gli mp3 gratis non sono morti!

Gli mp3 gratis non sono morti!

Sono molti i mezzi di informazione che da ieri, dopo la sentenza su Napster, hanno annunciato che la musica gratis online è vietata, che l' mp3 gratis è finito, che Napster ha chiuso e via discorrendo. Esempi di mala-informazione
Sono molti i mezzi di informazione che da ieri, dopo la sentenza su Napster, hanno annunciato che la musica gratis online è vietata, che l' mp3 gratis è finito, che Napster ha chiuso e via discorrendo. Esempi di mala-informazione


Roma – E ‘ sinceramente imbarazzante quello che sta avvenendo in queste ore sui media (Rete compresa) sulla vicenda Napster, dato prematuramente per morto, e sulla “fine degli mp3 gratis su Internet”.

La disinformazione è pressoché totale, e con mio sommo stupore non ci sono state ancora eruzioni di orticaria o attacchi di panico e isteria presso le varie associazioni, corporazioni, club e circoli del golf “Santi Tenutari dei bollini blu” dell’informazione corretta e nemici della “cyber-disinformazione”.

Fatto sta che chi voleva informazioni veritiere poteva soltanto trovarle on line, sulla stampa di settore, sui siti ufficiali delle aziende interessate, o seguendo la conferenza stampa di Napster. Senza dimenticare che per capire che Napster non era morto bastava, ieri notte ed oggi, lanciare il programma e scoprire che è ancora vivo, pulsa, scarica e scambia musica come prima!

“Assenti” ingiustificati, ancora una volta, i grandi quotidiani cartacei ed i telegiornali dai grandi studi fantascientifici e così poco scientifici, quelli che i bollini blu ce l’ hanno (in tinta con le scenografie) così come hanno squadroni di giornalisti pagati e “imbollinati”.

Le stesse testate che parlavano di “virus in grado di colpire un computer spento” oggi, nel 2001 “Era New Economy-post new-Economy”, insistono nell’usare toni semplicistici e generici per parlare di tutto quel che riguarda Internet. Ignorando perlopiù il quadro complessivo, la situazione reale, quel che avviene nei computer connessi alla rete.


Il solitario di Windows forse rimane ancora oggi l’applicazione più usata nei computer presenti su certe scrivanie, e la navigazione forse si limita allo stagno del sito aziendale o del portaletto partorito dal proprio editore. Forse utilizzano solo la posta elettronica, chissà, eppure ce ne sono di newsletter per tenersi un minimo informati…

Non è possibile, se non abbandonando i sentieri della logica, pensare che un giornalista che si occupa di Internet non conosca siti come Mp3.com o Vitaminic, ad esempio, siti che oggi e domani continueranno a distribuire musica mp3 anche “gratuitamente” senza tenere in alcun conto NapLandia e NapMania.

Non è possibile, se non navigando con il monitor spento o il modem scollegato dalla Rete, ignorare che Napster è solo uno dei modi possibili per scambiarsi files mp3 e che “morto un papa se ne fa un altro”. Scambiarsi e non, come si è sentito, “scaricare a sbafo”.

L’affermazione “morto Napster, morti gli mp3 gratis” equivale per livello di mala-informazione a dire “chiude la Fiat, gli italiani non usano più l’automobile”, “chiude Rete4, finiscono le telenovelas” o, per rimanere in tema informatico, “chiude Hotmail, finisce l’era della posta elettronica”. Un Tg RAI ha urlato dagli schermi: “Vietata la musica gratis su Internet”.

Ma se io, Luca Schiavoni, proponessi un articolo sul Calcio (di cui non capisco un’acca) nel quale affermo che “la Roma perde una partita, quindi è finito il campionato”, il tutto seguito da paragrafi pieni di inesattezze, sentitodire, dichiarazioni mal tradotte e considerazioni fuori da qualsiasi logica e verità? quale testata, quale telegiornale prenderebbe in considerazione il mio articolo, chi mi pagherebbe per dire tali castronerie? Nessuno.

Tanto per chiarire, visto che l’oscurità e la nebbia avvolgono i notiziari di queste ore, Napster non muore, almeno non ora.


Ma il caos sul destino di Napster è stato generale. Una testata online tra le più diffuse e cliccate si è vista costretta a correggere il proprio titolone sparato frettolosamente in homepage. “Napster chiude” si è trasformato dopo qualche ora, come per effetto di un morphing cinematografico, in “Napster dovrà chiudere”.

Napster cambierà, questo è certo, ed una azienda con 50 milioni di utenti (o 60 a seconda dell’edizione del Tg) certo non abbandona questo bacino d’utenza con la facilità e la leggerezza di un battito d’ali di farfalla. Perché di azienda si tratta, e di soldoni si tratta, e la Bmg non è certo un istituto di beneficenza, ed i piani per un Nap$ter a pagamento sono noti a tutti.

Napster evidentemente è riuscito a trasformarsi in un simbolo mediatico che funziona, una di quelle paroline magiche di cui “fa fico” riempirsi la bocca. Se il “simbolo” Napster cambia, però, questo non significa che il concetto cambi o muoia (facendo i dovuti scongiuri) assieme a lui.

Per un Napster che se ne va, o che cambia modello, altre aziende ed altri prodotti continueranno a soddisfare e sfamare un bacino di utenza vasto almeno come l’intera penisola italiana. “Piatto ricco mi ci ficco”, “morto un papa se ne fa un altro”, “chi va al mulino s’infarina” e via di questo passo, i detti popolari valgono anche nel CyberWorld. Davvero qualcuno ha pensato (mi auguro veramente di no!): “Napster, la musica è finita” come drammaticamente titolava ieri a cinque colonne un quotidiano a diffusione nazionale?


La Musica, e soprattutto la diffusione senza barriere e balzelli, il libero scambio di qualsiasi materiale… è appena cominciata! Internet rappresenta anche questa svolta, sotto gli occhi di chi la vuol vedere, e le Major non sono così impensierite ed impaurite da Napster quanto piuttosto dal diffuso sentire che certi modelli di business sono moribondi (e non Napster) e che Internet e la digitalizzazione portano alla luce un incredibile numero di nuovi problemi soprattutto legati all’impossibilità di evitare la copiatura.

Tutto ciò che è digitalizzabile diventa automaticamente interscambiabile e replicabile all’infinito senza alcun controllo.

Napster è solo uno strumento. Se fino al 1999 se ne poteva fare a meno, oggi nessuno piangerà se sviene, cambia, si paga, o muore.

Ad uso e consumo di chi scrive senza capirci un tubo ecco, “gratis”, un comodo decalogo su Napster e la musica mp3 on line con tutto, o quasi, quello che in molti non hanno capito o non hanno mai voluto/saputo scrivere.

Perdonate l’immodestia, ma quando un Tg di Stato, pagato con tasse obbligatorie, si permette di dire “presto il sito Napster sarà a pagamento, la musica gratis on line è finita” allora anche il primo cretino come il sottoscritto riesce a sentire i globuli blu del vero giornalismo scorrere nelle proprie vene.

Tutti quelli che invece usano Napster e i suoi fratelli, che navigano in rete, che leggono Punto Informatico… possono anche evitare di leggere oltre! 😉

1 – Napster : Napster non è un sito Web, ma un sistema di scambio file da utente ad utente tramite un programma software sviluppato da Shawn Fanning che viene distribuito (il programma, non la musica) tramite il sito napster.com. Attenzione: sistema di scambio e non solo di download. Ci si scambia musica da utente ad utente, il sito Napster.com distribuisce solo il software che lo permette.


2 – Gratis : L’utilizzo di Napster, così come la navigazione Web, non è mai gratuito. Usare Napster non è quindi gratuito, occorre un computer, una connessione ad Internet, pagare una bolletta telefonica e disporre di dispositivi per memorizzare la musica scaricata (hard disk, cdrom, mp3 player etc). Per non parlare della cessione dei preziosi dati personali, peraltro richiesta da molte aziende di servizi “gratuiti” online.

3 – Pirateria : è completamente falso affermare che tutto il materiale in circolazione su Napster è pirata. Sono molti gli artisti che da tempo lo utilizzano per autopromozione. Anche il software messo a disposizione da Napster contiene un’intera sezione che segnala numerosissimi gruppi e brani scaricabili liberamente. E non è illegale offrire a chiunque la propria musica o brani di pubblico dominio.

4 – Musica Gratis: la musica “gratis” (vedi punto 2) esiste in Rete distribuita in vari modi. Siti come Mp3.com o Vitaminic (solo per citare due colossi), nel pieno rispetto del diritto d’autore, distribuiscono diverse decine di migliaia di brani musicali e nessun giudice ha reso illegale questa attività svolta sotto gli occhi di tutti, su Internet. Recenti ricerche rivelano che sul sistema Napster circola solo il 30 per cento della musica disponibile tramite Internet.

5 – Altri sistemi : sono ormai decine i sistemi alternativi a Napster, basati anche su modelli di diffusione e di scambio differenti dato che il “modello Napster” basato su un nodo di scambio centrale, non è ovviamente l’unico in grado di funzionare. Cnet, Zdnet, Zeropaid ed anche Punto Informatico parlano spesso dei numerosissimi cloni “successori di Napster” e dei sistemi differenti che, non essendo legati al “nodo” centrale controllato dall’azienda e da Bmg, potranno continuare a funzionare qualunque sia la decisione dei giudici o delle aziende interessate relativamente a Napster.

6 – Mp3 Player : un Mp3 Player non è un accessorio creato per “scaricare la musica da internet” come titola oggi in prima pagina un quotidiano. E ‘ solo un “Walkman” che va “riempito” con Mp3 preventivamente scaricati dalla Rete Internet o ottenuti comprimendo musica da un Cd Audio, ad esempio. Operazione che si può compiere con i software distribuiti ufficialmente e legalmente a corredo degli Mp3 player. Nessun Mp3 player può utilizzare direttamente il software di Napster!


7 – Aziende : Napster, e quel che è diventato anche grazie al tam-tam mediatico ottenuto grazie ai procedimenti giudiziari, è un’azienda di dimensioni tali che non può morire o nascere in un solo giorno. “La Giustizia”, inoltre, si compone di varie fasi di giudizio: ci sono appelli, rinvii etc, come quelli annunciati ieri da Napster. Quindi i media non possono affermare che “Napster è morto”, così come non possono affermare che un indagato per omicidio sia un “Assassino” fino alla sentenza definitiva. Questo è quanto recita, tra l’altro, il codice deontologico tanto amato dalle corporazioni giornalistiche e tanto poco applicato quando si parla di tecnologie.

8 – Bugie : hanno le gambe corte e in rete ancora di più. Se un quotidiano on line può cambiare il titolo in corsa (riparando l’errore), lo stesso non può fare un giornale cartaceo. Le parole sono pietre che possono pesare sulla credibilità. Un noto giornalista del più diffuso quotidiano italiano passerà alla storia del dis-giornalismo, per fare un esempio, per aver sostenuto l’esistenza di “virus che attaccano computer spenti”.

9 – Rettifiche, smentite : lo stesso titolista e forse lo stesso giornalista che oggi farfuglia “è morto è morto è morto la musica è finita gli amici se ne vanno” tra qualche mese scriverà “Napster a pagamento”. Ma non era morto? Quando si sbaglia, le rettifiche sono necessarie e sono una prova di correttezza alla quale ogni tanto farebbe piacere assistere. Ne va, vedi punto 8, della credibilità non solo della firma ma anche della testata.

10 – Fonti “controllate” : non fidarsi mai ciecamente di quello che dicono le fonti, autorevoli e non. Non è tutto oro colato e gli esempi sarebbero centinaia soprattutto quando si parla di internet e tecnologie. Su Internet per fortuna le conferme ce le possiamo trovare da soli, andando sui siti aziendali o semplicemente usando un determinato sistema o software. Se si legge, ad esempio: “Hotmail a pagamento”, basta digitare hotmail.com per trovare conferma o maggiori info su quel che si è appena letto. Stesso discorso per Napster, oggi accessibile (sia il sito che il programma, cioè il sistema di scambio). L’osservazione diretta rimane anche in campo informatico non solo la più valida forma di testimonianza ma spesso anche il modo più semplice per trovare conferme o smentite.

Luca Schiavoni

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Pubblicato il
14 feb 2001
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