Hanno fatto fuori lo zombie

Hanno fatto fuori lo zombie

di A. Massucci. Questo era Napster, già ridotto all'osso dalle prime schermaglie giudiziarie e finito quando, nel luglio 2001, gli fu imposto di chiudere i rubinetti dei propri server. Operazione macabra quella delle majors
di A. Massucci. Questo era Napster, già ridotto all'osso dalle prime schermaglie giudiziarie e finito quando, nel luglio 2001, gli fu imposto di chiudere i rubinetti dei propri server. Operazione macabra quella delle majors


Roma – Ci sono riusciti. Chiunque fosse addentro alla vicenda Napster in questi mesi non ha probabilmente mai dubitato che quanto sta accadendo in queste ore sarebbe successo prima o poi e che era solo questione di tempo. Eppure la fine di Napster, decisa a tavolino dalle majors della RIAA, non può che rattristare profondamente coloro che vedono la rete in modo innovativo e diverso dai rigidi dettami di un copyright incapace di aggiornarsi e innovarsi nell’era digitale.

In queste ore i dirigenti dell’organizzazione dei discografici americani stanno brindando: il loro più grande nemico è stato ucciso. Già, perché Napster è oggi sul punto di chiudere definitivamente ogni ipotesi di rilancio e sottoporsi al regime di bancarotta. Questo è quello che hanno voluto e sono riusciti ad imporre i grandi produttori discografici, spaventati da una internet che continua a sfuggir loro di mano.

Il sistemone di Napster, che dalla fine del 1999 è stato nodo di riferimento per quasi 60 milioni di persone in mezzo mondo, era morto da tempo, da quando il tribunale ha deciso che non poteva essere consentito un sistema di file-sharing che non fornisse ai discografici piena garanzia che al suo interno e sui propri server non sarebbero mai girati brani protetti da copyright.

A nulla sono valsi i tentativi di Napster di “regalarsi” alle grandi industrie del settore, di offrire loro percentuali importanti su eventuali profitti di un sistema a pagamento. A nulla è servita la mobilitazione di tanti per “salvare Napster”, che nel tempo si è inevitabilmente assopita. Tempo durante il quale la RIAA e gli altri operatori hanno potuto riflettere sul da farsi, sul come affrontare la sfida della distribuzione musicale online nell’era di internet, senza peraltro pervenire a nulla di davvero convincente.

Dal luglio 2001, quando il network di Napster è stato ufficialmente “spento”, sono prosperati decine e decine di altri sistemi di file-sharing, com’era ovvio e scontato. I figliocci di Napster si sono moltiplicati e diversificati e proprio ieri Punto Informatico ha dato notizia dell’ uscita della versione 3.1 di WinMX , uno dei successori che sembra destinato a conquistare enormi quantità di pubblico.

E’ questa, probabilmente, la più importante testimonianza di come la RIAA e i suoi amici abbiano perso un’occasione con Napster. Uccidendo un sistema che aveva raggiunto quelle dimensioni e quella popolarità, anziché venirci a patti, i discografici hanno scatenato il settore e il mercato, hanno continuato a perdere su tutti i fronti della distribuzione musicale in rete, che per la stragrande maggioranza era e rimane al di fuori del loro controllo.

Oggi brindano alla fine del loro avversario più famoso. Domani si accorgeranno che, nel frattempo, sono stati circondati. E non basterà un tribunale a cambiare le cose.

Alberigo Massucci

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Pubblicato il
16 mag 2002
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