Videogiochi violenti, scandalo al sole?

Videogiochi violenti, scandalo al sole?

di M. Corazzi. La polemica sulla violenza nei videogiochi ha ormai stancato tutti. Tutti eccetto i lettori estivi e qualche giornalista
di M. Corazzi. La polemica sulla violenza nei videogiochi ha ormai stancato tutti. Tutti eccetto i lettori estivi e qualche giornalista


Roma – D’estate, si sa, le notizie scarseggiano e il pubblico è apatico. La politica interna sonnecchia, e gli stati esteri diventano interessanti solo come meta turistica. Ai giornalisti della carta stampata e delle emittenti radiotelevisive non resta che buttarsi sui grandi classici del pettegolezzo che fanno audience e non impegnano troppo né le meningi dei redattori né quelle degli spettatori: soubrette “sorprese” seminude ad abbronzarsi, calciomercato lisergico e “misero” e balbettante, statistiche sui vizi e le virtù enogastronomiche del bel paese, abitudini e nuovi passatempo marittimi del turista italiano e straniero e, naturalmente, la violenza nei videogame.

A cadere nell’imboscata dell’argomento facile stavolta è nientemeno che l’Espresso che nel numero del 22 Agosto affida tre paginette a Riccardo Rossiello. Il titolo, un po’ scontato, è VideoGIOCHI PROIBITI. Il giornalista dà prova di scaltrezza perché non si schiera, e riporta i fatti con obiettività e dovizia di particolari. L’autore fa risalire la trita crociata addirittura a Pacman (istigatore, secondo alcuni, al consumo di… pillole!) e poi sfoggia la citazione del terribile Chiller (gioco di parole con “killer”, assassino, e “chill”, freddo glaciale). In quel gioco del 1986 Larry Hutcherson, Vic Tolomei e Ken Nicholson davano sfogo a tutta la loro fantasia malata per consentire al giocatore di sparare a dei bersagli umani incatenati in una stanza delle torture, allo scopo infliggere loro atroci mutilazioni. Se non è cattivo gusto, questo… Vengono poi tirati in ballo alcuni “casi” eclatanti del passato più recente: Resident Evil, Grand Theft Auto, Wolfenstein 3D, Hitman, Soldier of Fortune, Gangster… tutti giochi che hanno avuto successo, visti i seguiti.

L’autore cita inoltre un fantomatico “Armageddon”, gioco di massacri autostradali che gli appassionati non mancheranno di identificare correttamente come “Carmageddon” (gioco di parole con “car”, automobile, e “armageddon”). Il famigerato prodotto della Sales Curve Interactive ha conosciuto una notorietà forse immeritata grazie alle accuse di violenza gratuita che i benpensanti hanno ben pensato di muovergli: senza il polverone intorno a questo titolo forse non saremmo arrivati al terzo episodio perché, nonostante un’idea carina e una bella dose di disincantata ironia, il gioco peccava nella realizzazione tecnica e risultava presto ripetitivo. Però la libertà d’azione lasciata al sadico pilota era pressoché totale, e negli episodi successivi, nel fiorire di polemiche artefatte e inutili, il gioco è cresciuto tecnicamente conservando la genuina incoscienza, il sarcasmo e la follia surreale che lo contraddistinguevano alle origini.

La nuova pietra dello scandalo è Mafia: The City Of Lost Heaven che uscirà nei prossimi giorni e sarà distribuito in Italia da CiDiVerte .
Si sono alzate le influenti voci di uomini politici e magistrati che senza avere nemmeno idea di cosa il gioco permetta di fare o non fare hanno sviluppato la convinzione che sia sbagliato parlare di mafia a qualunque livello. Come a dire: benvengano Il Padrino, Scarface, Gli Intoccabili, Quei Bravi Ragazzi, ma mai e poi mai un videogame. Una sorta di omertà elettronica. Perché? Forse perché ci si schiera dalla parte dei cattivi? Molte opere letterarie e cinematografiche ruotano intorno al fascino del male, e sono considerate altissima arte. Allora il problema forse è nell’interattività, nel fatto che si possa agire in prima persona?

Le minacce di ostracismo da parte di questi signori hanno costretto CiDiVerte a iniziare una raccolta di firme sul sito ufficiale. La petizione ha raggiunto 4500 adesioni ed è stata inviata al presidente della Commisione Bicamerale Antimafia Roberto Centaro. Il risultato è che il gioco uscirà e molti giocatori potranno soddisfare la curiosità per quello che, al di là dei contenuti, sembra un ottimo titolo sotto il profilo tecnico e artistico. In questa occasione è stata l’Italia l’unico paese che è scaduto in una certa provincialità, ma ci fanno in genere buona compagnia i nostri cugini tedeschi e gli alleati USA.


Su queste pagine abbiamo trattato spesso l’argomento: recentemente, per parlare di una proposta di legge statunitense; in precedenza avevamo cercato di analizzare il rapporto tra bambini e videogame ; in occasione dell’uscita del sanguinoso Severance ; e per l’uscita di Serious Sam .

La nostra idea rimane sempre la stessa. Non possiamo ignorare che i videogame a volte siano latori di messaggi non troppo edificanti. Non si parla soltanto di violenza: idee politiche non esattamente democratiche, pornografia, linee di condotta criminali, blasfemia, etiche inaccettabili per i più… potremmo citare molti più esempi di quanti ne conoscano i censori! Non possiamo nemmeno ignorare che i giochi abbiano un forte ascendente su ragazzi, la cui formazione non è ancora completa. Su un punto siamo quindi d’accordo con gli osservatori casuali del fenomeno: non se ne deve sottovalutare l’importanza.

Ma ci sono elementi che sarebbero tenuti in considerazione in qualunque tribunale: quanto tempo l’indifeso fanciullo passa da solo davanti allo schermo del PC o della console? Quanti giochi dello stesso tipo acquista e gioca fino allo sfinimento? Ha un’educazione adeguata, completa, che gli permetta di distinguere la realtà dalla fantasia? Frequenta amici che possano influenzarlo negativamente sulla base dei giochi? Segue programmi televisivi, legge riviste e libri che possano insediare nella sua mente idee distorte e monomanie?

Già queste domande inquisitorie potrebbero far passare un brivido lungo la schiena di chi è contario a ogni forma di censura. Viene in luce un altro aspetto: è giusto, al fine di proteggere i più giovani, censurare un’opera che per la sua rilevanza potrebbe sicuramente interessare gli adulti? Molti giochi dispongono da tempo di filtri detti “parental lock” che permettono di escludere i contenuti ritenuti inadatti con password. Queste funzionalità, però, spesso vengono ignorate da genitori che hanno poca confidenza con la tecnologia.

L’educazione dei giovani è una responsabilità a cui nessuno si può sottrarre. Ogni ragazzo e ragazza dovrebbero avere l’occasione di crescere in modo da sviluppare autonomamente gli strumenti necessari a valutare la realtà, a separarla dalla fantasia, strumenti per attribuire a ogni azione la sua valenza morale.

L’articolo di Rossiello è un raro esempio di equilibrio, ma alcuni indizi fanno sospettare la non completa familiarità del giornalista con l’argomento trattato. Viene sempre il sospetto, in questi casi, che anche altri argomenti magari più importanti vengano presentati con superficialità: chi può assicurarci che l’attualità medica, politica, militare, sociologica siano raccontate dai giornalisti con la dovuta competenza e imparzialità?

Molti altri agenti, forse più potenti dei videogame, influiscono sulla formazione dei giovani e restano privi di controllo. I cartoni animati propongono modelli sempre più demenziali, sono intercalati di pubblicità insistenti e telepromozioni deprimenti. Tutta la televisione propone immagini aggressive e non adatte a tutte le fasce di età. Anche gli adulti delle fiction non portano esempi costruttivi: matrimoni d’interesse, relazioni dove il sesso mette in ombra i sentimenti, istigazione alla giustizia sommaria e alla vendetta, arrivismo, edonismo e una generale dissipatezza causata dal relativismo etico che permea tutto il nostro tempo. Le censure servono soltanto a storpiare e rendere insipidi prodotti che altrimenti sarebbero emozionanti e divertenti, i sermoncini con intenti moralistici non fanno altro che annoiare.

Cosa fare, dunque?
Risposta lunga: se veramente esiste una volontà di lottare contro le influenze negative sui nostri figli, questa dovrebbe portarci a un controllo più concreto, lungimirante, privo di ottusità, libero dalla schiavitù dell’audience, flessibile ma non permissivo e soprattutto che investa tutti i campi della comunicazione. I filtri non servono a niente; la censura statale non solo è anacronistica, ma è anche ingiusta; la soluzione migliore è che gli adulti non lascino i figli soli di fronte a certi spettacoli.
Risposta breve: quando i nostri figli tornano a casa con la scatola di un nuovo videogame è meglio controllare, e se non fosse adatto a loro magari potrebbe essere adatto a noi…

Manrico Corazzi

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Pubblicato il
28 ago 2002
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