Contrappunti/ Chi tassa il VoIP?

Contrappunti/ Chi tassa il VoIP?

di Massimo Mantellini - Quanto costerà, e a chi, la battaglia ancora virulenta delle telco tradizionali alle tecnologie che già oggi cambiano le prospettive del mondo della comunicazione?
di Massimo Mantellini - Quanto costerà, e a chi, la battaglia ancora virulenta delle telco tradizionali alle tecnologie che già oggi cambiano le prospettive del mondo della comunicazione?


Roma – Se dovessi condensare in una sola parola la ragione principale per cui, nei paesi con scarsa diffusione di Internet come il nostro, gli operatori telefonici vivono oggi all’interno di un enorme conflitto di interesse, questa parola potrebbe essere “Skype”.

Skype. Il più utilizzato software di telefonia via internet oggi disponibile, ha annunciato nei giorni scorsi la beta della versione 2.0 del suo programma (per ora solo per windows) che consentirà ai suoi utilizzatori di integrare con il video le proprie conversazioni telefoniche. Si tratta di una altro grande tassello, quello della discesa in campo nei sistemi di videoconferenza, destinato ad erodere equilibri commerciali precostituiti, in grado di spostare lato-client l’utilizzo di tecnologie che fino a ieri erano disponibili solo sotto il controllo del fornitore di servizi.

Skype ed il suo successo planetario sono un valido esempio della situazione complessa che vivono gli operatori telefonici oggi. Da un alto essi sono gli intermediari dell’accesso alla rete per la popolazione e questo è ovviamente importante fonte di guadagno, dall’altro le telco devono subire, come tutti, l’insulto del tempo: l’inevitabile traslazione dei servizi e dei contenuti – che è “l’oggi” dello sviluppo della rete – dal centro verso la periferia. Oggi le grandi compagnie telefoniche hanno ottime ragioni per venderci Internet ed altrettanto salde ragioni per allontanarci da Internet.

Come si risolve questa dicotomia. Nei paesi tecnologicamente avanzati ciò avviene nell’unica maniera possibile: gli ISP si adattano all’idea di fare solo il loro mestiere fornendo porte di accesso alla rete sempre più efficaci ed economiche (oppure in casi particolari come AOL che possiede già un amplissimo patrimonio di contenuti, si tenta di renderli disponibili attraverso un modello web-centrico). Altrove, in Italia per esempio, si sogna di trasformare Internet in un nuovo medium broadcast e ci si attrezza per essere i nuovi mediatori di contenuti per la platea degli ascoltatori. Questo aggiungerà nuove opzioni comunicative per gli utenti finali? Probabilmente no: se lo farà ciò avverrà in maniera trascurabile. L’idea finale della convergenza tecnologica, in certi casi patetici come questo, si riduce alla moltiplicazione dei canali distributivi per i medesimi contenuti. Affittare un film da Blockbuster o su Internet, guardare la partita della nostra squadra del cuore su IP o via satellite, cosa cambierà? L’esempio più comico di questa situazione è certamente l’anteprima cinematografica nelle sale e sui telefonini.

Il modello è perdente. Si tratta di una minestra riscaldata mediante nuova tecnologia. Ma per gli operatori telefonici è una delle poche strade praticabili per continuare a guadagnare quanto hanno guadagnato fino a ieri. Inutile dire che un simile scenario mal si sposa con un accesso a Internet veloce, economico e diffuso. O l’uno o l’altro insomma.

Qualcuno obietterà che l’architettura della rete consente di aggiungere nuovi utilizzi senza sostituirne altri e che una gestione broadcast del proprio network chiuso non fa di un operatore telefonico un vecchio dinosauro degli old media. Purtroppo le cose non stanno in questi termini per almeno due ragioni. La prima è che, da un punto di vista degli investimenti aziendali, chi mette i soldi da una parte non può investirne da un’altra senza far pagare il surplus alla propria clientela. La seconda è che la localizzazione alla periferia dei contenuti e dei servizi è su Internet una tendenza ormai inarrestabile. Se i produttori dei contenuti (qualsiasi contenuto, qualche giorno fa sul circuito bittorrent c’era il pdf di un numero di Le Monde uscito da poche ore) hanno ottime ragioni anche legali, per essere preoccupati e fanno ciò che possono (e qualche volta anche di più) per mantenere il controllo sul proprio lavoro, l’industria dei servizi di comunicazioni non ha alcuna possibilità di opporsi alla tecnologia che cambia. E non ha nemmeno alcun appiglio legale per farlo, come per esempio il controllo sul copyright. Internet non è fortunatamente loro. L’unica cosa che può fare è cercare di convincere i governi che i nuovi servizi mediati dalla tecnologia sono “il male” e che vanno tassati ed osteggiati per non turbare il mercato dell’esistente. In Italia un rischio di tale segno è assai concreto. Il prezzo da pagare per la comunità è quello che in questo paese paghiamo da anni. Rimanere ai margini delle opzioni tecnologiche per ritardare la fine di un habitat comunicativo destinato comunque all’estinzione.

Sta accadendo quello che Searls e Weinberger scrivevano già alcuni anni fa : “Le varie telecom potrebbero accettare il fatto che la stupida rete Internet inghiottirà presto le loro reti intelligenti. Potrebbero arrendersi adesso, prima di spendere centinaia di miliardi per combattere l’inevitabile.”

Potrebbero, ma continuano a non farlo. Ed i loro soldi si apprestano oggi, ancora una volta, a volare dalla finestra nel tentativo di “combattere l’inevitabile”.

L’inevitabile sono pezzi di software come Skype con la sua capacità di erodere funzionalità che fino a ieri erano appannaggio esclusivo delle reti di telefonia. Ma l’inevitabile è anche eBay che compra Skype o Google o Yahoo e tutti quegli operatori del nuovo mondo che usano la tecnologia e Internet senza il peso di strutture industriali precedenti e che crescono ed immaginano servizi avendo ben chiara quale sia la architettura della rete. Non saranno tutte rose e fiori, sarà necessario tenere gli occhi ben aperti, ma sarà sempre meglio di continuare ad affidarsi a signori che bussano al Parlamento chiedendo a gran voce di tassare il Voip.

Massimo Mantellini
Manteblog

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Pubblicato il
5 dic 2005
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