I robot italiani si costruiscono a scuola

I robot italiani si costruiscono a scuola

Il festival SconfinataMente è l'occasione per gli studenti di presentare i propri progetti: dal robot didattico a quello che lotta, a quello che gioca a calcio. Ma l'entusiasmo degli studenti non ha vita facile in Italia
Il festival SconfinataMente è l'occasione per gli studenti di presentare i propri progetti: dal robot didattico a quello che lotta, a quello che gioca a calcio. Ma l'entusiasmo degli studenti non ha vita facile in Italia


Roma – Da qualche anno ormai si parla di “scuola al passo con i tempi” e di “scuola vicina al mondo del lavoro”. A Roma ci sono tre istituti tecnici che da più di tre anni stanno sperimentando una materia alternativa che pare stia riscuotendo notevole favore tra gli studenti. Questa materia è la robotica .

Ma non è tutto semplice: lezioni così innovative e “rivoluzionarie” per la scuola italiana sono ancora “fuori legge”, letteralmente, cioè non riconosciute tra gli insegnamenti ordinari. Così tra mille sforzi la scuola, l’amministrazione comunale ed il Consorzio gioventù digitale (braccio operativo del Comune per l’Itc) stanno cercando di sfondare il muro culturale per proporre quello che sembra, ogni giorno di più, un passo necessario.

E così è nato SconfinataMente , il primo Festival delle Scienze, in programma nella Capitale dal 16 al 22 gennaio (Auditorium Parco della Musica), che coinvolge le scuole romane accanto agli scienziati di tutto il mondo. Mentre gli studiosi discuteranno di esplorazione e manipolazione della mente, gli studenti illustreranno i robot realizzati a scuola . I ragazzi di tre istituti tecnici industriali (“Pacinotti” e “Von Neumann” di Roma e “Piazza della Resistenza” di Monterotondo), coadiuvati dai propri docenti e da Romano Santoro, coordinatore delle scuole per il Consorzio Gioventù Digitale, saranno presenti per l’intera durata del Festival con più postazioni attrezzate, per simulare le varie fasi di progettazione di un robot didattico . In particolare, metteranno a punto i piani di costruzione della meccanica del robot, dai circuiti elettronici agli applicativi di gestione, e si occuperanno del montaggio delle parti elettroniche e meccaniche dell’automa.

A rendere ancora più avvincente il laboratorio didattico sarà la possibilità di vedere i robot all’opera ed impegnati in vere sfide: i robot esploratori , ad esempio, dovranno muoversi autonomamente in un labirinto per un tempo prefissato. Ai robot lottatori (Minisumo) e calciatori (Robocup) invece sarà chiesto di scendere in campo e affrontarsi in gara.

Un’occasione per pubblicizzare i frutti dell’impegno e della passione che spinge un centinaio di ragazzi di pomeriggio a tornare a scuola per misurarsi nel laboratorio di robotica e mettere in pratica le soluzioni che hanno escogitato a casa. Ed ogni anno si svolge la Robofesta con veri e propri tornei che sanciscono l’automa migliore nelle varie discipline (anche solo per curiosità, si possono leggere i regolamenti per specialità: Sumo , Robot Explorer o Junior ).

Il professore
“Riusciamo a costruire Robot esploratori completamente analogici con una manciata di relè, batterie e motori capaci di esplorare un labirinto e trovare fonti di luce, tornare indietro e segnalare il risultato della ricerca accendendo un led”, spiega il professor di laboratorio e sistemi automatici dell’Itis di Monterotondo, Gianpaolo Pucci: “Questi sono i più semplici in assoluto. Poi abbiamo quelli digitali con microprocessore che ci permettono di aggiungere alcune difficoltà: come la ricerca di sorgenti di suoni e gas”.

Ma la sfida più avvincente è quella di costruire robot-calciatori sempre più sofisticati, al punto da mettere a dura prova il know how di professori ed alunni. “Creare un Robocup è di gran lunga più impegnativo – continua Pucci – utilizziamo tutti componenti programmabili (usiamo il linguaggio C) con schede che progettiamo noi stessi. Alla scheda poi colleghiamo sensori per individuare la palla che emette infrarossi. E’ importante chiarire che sono tutti automi indipendenti, non radiocomandati ma che sono capaci di muoversi in autonomia piena su un dato scenario”.

Dunque, un sensore è in grado di individuare la palla, un altro ad ultrasuoni (sonar) permette di non urtare contro le pareti e per evitare di fare autogol un piccolo colpo di genio: una bussola elettronica che indica al robot la porta avversaria.

E’ stato poi studiato un ingegnoso meccanismo che permette di “portare palla”: un motore (roller) che mette in rotazione la palla che rimane così “incollata” al ciber-calciatore. L’attività dei robot è monitorata costantemente attraverso un pannello che in tempo reale riesce fornire risposte sulla attività dei sensori.

Tutto questo sarà dimostrato proprio durante la manifestazione in programma dal prossimo 16 gennaio.
Intanto crescono anche i risultati ottenuti nelle competizioni internazionali. Persino gli ex alunni continuano a frequentare i corsi pomeridiani di robotica aiutando i più giovani. “Ogni anno ripartiamo da un gradino sempre più elevato e sviluppiamo una nuova generazione di robot sfruttando le conoscenze acquisite negli anni precedenti – spiega il professor Pucci – e così anche gli alunni dei primi anni potranno raggiungere nuovi obiettivi in termini di innovazione”.

Il preside del Pacinotti
“Da alcuni anni stiamo sperimentando l’utilizzo della robotica nei programmi delle scuole secondarie superiori – spiega a Punto Informatico il dirigente scolastico dell’Itis “Pacinotti”, Antonio Gaeta – riteniamo che ciò sia importante, per gli studenti e per gli insegnanti, non solo per imparare a progettare e realizzare robot ma anche per imparare un metodo di ragionamento e sperimentazione del mondo. La robotica in primo luogo raccoglie tutte le competenze necessarie alla costruzione di macchine (meccanica, elettrotecnica, elettronica), di computer, di programmi, di sistemi di comunicazione, di reti; poi questa nuova scienza promuove le attitudini creative negli studenti, nonché la loro capacità di comunicazione, cooperazione e lavoro di gruppo. E, non sembri strano il fatto che notiamo negli studenti un atteggiamento di maggior interesse e di apertura anche verso le tradizionali discipline”.

“Il lavoro che svolgiamo – aggiunge – è articolato in lezioni di tipo frontale supportate da attività di laboratorio per circa 6 ore la settimana, per 15 settimane l’anno. I corsi sono pomeridiani, facoltativi e ovviamente gratuiti, e sono frequentati da una trentina di alunni di diverse classi del “Pacinotti”. Ma è chiaro che per il futuro ci stiamo battendo affinchè nel prossimo futuro si possa riuscire ad individuare la robotica come disciplina didattica a tutti gli effetti. Basterebbe già il 15% dell’orario scolastico”. “Parliamoci chiaro – prosegue – questa è una delle discipline del futuro. Basterebbe guardare paesi come il Giappone per constatare le differenze ed il futuro che ci attende. Qualunque oggetto che compriamo è stato confezionato con almeno una fase “robotica” (pensiamo solo all’impacchettamento automatico). Questo significa che ci sarà sempre più bisogno di tecnici e persone preparate per la manutenzione di questi ausili. Tutto deve cominciare con la scuola… ma non è sempre facile”.

Rammarico dovuto alla particolare atmosfera da campagna elettorale, alle idee del ministro attuale e all’incertezza per il futuro. E forse anche un po’ al clima pionieristico che i tre istituti romani devono scontare (“siamo tra i primi a proporre questa sperimentazione”). E grazie al Consorzio gioventù digitale (partecipato per l’80% dal Comune di Roma e per il restante 20% da aziende Ict) e alla collaborazione con numerose aziende dell’Itc si potrebbero creare nuove e proficue sinergie. Gli studenti aspettano un segnale.

Alessandro Biancardi

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Pubblicato il
12 gen 2006
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