L'allevatore di zombie è reo confesso

L'allevatore di zombie è reo confesso

Il 20enne statunitense accusato di aver creato e gestito un'enorme botnet ammette la sua colpevolezza. Adesso rischia fino a 6 anni di reclusione
Il 20enne statunitense accusato di aver creato e gestito un'enorme botnet ammette la sua colpevolezza. Adesso rischia fino a 6 anni di reclusione


Los Angeles (USA) – Jeanson James Ancheta, l’informatico californiano accusato di aver creato e gestito una gigantesca botnet con finalità criminose , ha confessato: il giovane ha ammesso di essere penetrato nella rete privata dell’esercito statunitense, aver usato l’ armata di computer ai suoi ordini per sferrare attacchi DDoS e disseminato la Rete con tonnellate di spam.

Adesso rischia fino a sei anni di reclusione in un carcere federale. Ancheta, come ipotizzato dall’ FBI , fa parte di un gruppo internazionale dedito ad attività illecite su commissione, noto come Botmaster Undeground . Le autorità avevano iniziato le indagini sul suo conto nel 2004, per poi arrestarlo solo dopo sei mesi. “I criminali di questo tipo pensano di essere immuni alle azioni di polizia e che non verranno mai arrestati”, sostiene il pubblico ministero James Aquilina.

La rete di “zombie” in possesso di Ancheta, forte di circa 400mila terminali infetti dei quali 100mila sempre operativi , veniva affittata a terzi tramite il pagamento di grandi somme di denaro. Il ragazzo aveva addirittura uno speciale “listino prezzi”, dove indicava ai clienti il numero di bot necessari per compiere determinate azioni illecite: dal semplice spamming fino al blocco totale di un sito, sfruttando varie tipologie di attacchi distribuiti.

I committenti entravano in contatto con Ancheta tramite alcuni canali IRC: il giovane pubblicizzava i suoi insoliti servizi su vari canali ed i pagamenti venivano effettuati tramite PayPal . “Un affare sporco ed immorale”, come racconta lo stesso Ancheta, “ma i soldi sono soldi”.

Stando ai rapporti compilati dall’FBI, l’ allevatore di zombie riusciva talvolta ad incassare quasi 600 dollari alla settimana. Le attività sotterranee di Ancheta, secondo gli inquirenti, gli hanno fruttato una vera fortuna: 61mila dollari in poco più di un anno. Nel “bottino” del criminale, impiegato presso un Internet café di proprietà di un familiare, vi è persino un’automobile di lusso, moltissimi vestiti firmati, scarpe di moda e parti di ricambio automobilistiche di grande valore.

I vari oggetti acquistati con i soldi sporchi sono stati restituiti al governo degli Stati Uniti, oltre ad un’ammenda da 19mila dollari. La sentenza definitiva, basata su diciassette capi d’accusa differenti, verrà emessa solo il prossimo maggio. “Il nostro è un messaggio ben chiaro alla comunità di malviventi online”, conclude il giudice Aquilina: “Non c’è modo di scappare”.

Tommaso Lombardi

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Pubblicato il 25 gen 2006
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