Tuta spaziale 2009, firmata MIT

Tuta spaziale 2009, firmata MIT

MIT, Cambridge Aerospace Company e Midé stanno collaborando allo sviluppo di una nuova linea di tute spaziali realizzate in polimeri speciali; l'obiettivo è vestire adeguatamente il primo sbarco su Marte
MIT, Cambridge Aerospace Company e Midé stanno collaborando allo sviluppo di una nuova linea di tute spaziali realizzate in polimeri speciali; l'obiettivo è vestire adeguatamente il primo sbarco su Marte


Cambridge (USA) – Il lavoro per la collezione abbigliamento spaziale primavera-estate 2009/2010 firmata MIT è iniziato in questo mese. I ricercatori del Man Vehicle Laboratory ( MVL ) hanno dato inizio ai primi studi per lo sviluppo di un una nuova tuta spaziale, che secondo le previsioni non sarà pronta – in versione prototipo – prima di tre anni. Il progetto è basato sull’utilizzo di un nuovo tipo di materiali e un sistema meccanico per la gestione della pressione. Le attuali tute non brillano per comodità e sfruttano un sistema a cuscinetto d’aria: un gas in pressione mantiene inalterate le condizioni interne. L’obiettivo, ora, è quello di creare una specie di “seconda pelle” auto-regolante che possa permettere agli operatori spaziali una maggiore agilità in totale sicurezza.

MIT, Cambridge Aerospace Company e Midé collaboreranno a stretto contatto per i prossimi anni grazie ad un consistente finanziamento elargito dalla NASA .

“Una tuta spaziale è come una navicella, fornisce il supporto vitale, la pressurizzazione, il controllo termico, la protezione da micro-meteoriti e altre funzioni che mantengono in vita l’astronauta. Le attuali tute pressurizzano il corpo sfruttando un gas soffiato all’interno, che limita la mobilità, complica le funzioni di controllo della temperatura, la rimozione dell’umidità ed è estremamente pericoloso in caso di piccole falle nei tessuti”, ha dichiarato Liang Sim, ricercatore presso MVL.

La tuta di nuova generazione, invece, sfrutterà le caratteristiche fisiche di un nuovo tipo di materiale totalmente aderente . L’utilizzo di altri strati permetterà di ottenere la protezione dalle radiazioni e il controllo termico. In pratica, vale la regola generale della nonna, quella che consigliava per il freddo la cosiddetta vestizione a “cipolla”. Strato su strato. Il risultato per il MIT dovrebbe migliorare non solo il confort e la mobilità, ma incrementare anche la sicurezza a fronte di minori costi di ingegnerizzazione.

“Costruire uno strato sottile che mantenga meccanicamente la pressione agevola l’utilizzo di altri strati per ogni funzione richiesta. Indossare la tuta, ripararla e modificarla in base alle esigenze sarà più semplice. Siamo di fronte a qualcosa di rivoluzionario”, ha confermato Jeffrey Hoffman, astronauta NASA e consulente MIT.

Le ricerche del MIT hanno già dimostrato che la pressione meccanica, data dagli speciali tessuti, è in grado di proteggere l’uomo dall’esposizione spaziale . Il problema è mantenere uniforme questo tipo di compressione, soprattutto vicino alle zone che permettono l’articolazione.

Gli studi proseguiranno verso due direzioni: una sui materiali come i “Shape Memory Polymers” e l’altra sulle “linee di non estensione” del corpo umano. I primi sono materiali capaci di assumere una forma pre-stabilita al passaggio di corrente elettrica o di altri stimoli, una soluzione che consentirebbe di mantenere costanti le condizioni di pressione a prescindere dai “movimenti” della pelle. Le seconde altro non sono che quelle linee che percorrono il corpo umano e che mantengono inalterata la loro posizione anche quando il corpo si muove.

La prima fase di sviluppo si concentrerà sui materiali polimerici; nella seconda, che avrà inizio fra 6/10 mesi verrà creato il design della tuta. Se tutte le premesse verranno confermate la nuova “tutina” spaziale sarà pronta per la prima missione per Marte – dieci anni almeno quindi. Le vecchie tute? Ormai le mandano in orbita .

Dario d’Elia

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Pubblicato il
10 feb 2006
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