Forrester: sugli e-pirati la RIAA sbaglia

Forrester: sugli e-pirati la RIAA sbaglia

La società di consulenza spiega alle majors che per sopravvivere si devono riorganizzare da cima a fondo. Ma la RIAA per il momento si limita ad annunciare di aver individuato quest'anno già 4.500 siti Web pirata
La società di consulenza spiega alle majors che per sopravvivere si devono riorganizzare da cima a fondo. Ma la RIAA per il momento si limita ad annunciare di aver individuato quest'anno già 4.500 siti Web pirata


New York (USA) – Case discografiche attente: tribunali e nuovi progetti di protezione del diritto d’autore non fermeranno la pirateria musicale sulla Rete. Così Forrester Research , uno dei maggiori osservatori di mercato, si è rivolta nelle scorse ore alle majors della discografia, annunciando uno studio che mette sotto gli occhi dell’industria realtà difficili da accettare per il business tradizionale.

Secondo Forrester entro il 2005 le etichette discografiche perderanno 3,1 miliardi di potenziali vendite di musica, in corrispondenza di un aumento progressivo della pirateria digitale e del numero di artisti che si produrrà da sé grazie alla Rete. La “predizione” della società di rilevazione riguarda anche l’editoria cartacea che potrebbe perdere da qui al 2005 ben 1,5 miliardi di dollari.

Chiarissimo Eric Scheirer, analista di Forrester: “Al momento, le etichette si stanno concentrando nel dotare di sistemi di sicurezza i propri prodotti e nel controllare la distribuzione dei contenuti. Questa posizione non ha alcun futuro. I contenuti non potranno essere controllati. La loro distribuzione non può essere fermata dalla legge”.

Ma Forrester ha individuato la via d’uscita per produttori e distributori, che sta tutta in una riorganizzazione. Se avviene, il mercato potenziale che si aprirà è enorme e destinato a rappresentare una miniera di opportunità per l’industria. Scheirer consiglia ai produttori di competere con quanto è già sul mercato, come Napster, e di fornire contenuti nel modo voluto dal pubblico.

Forrester inoltre boccia senza appello il DRM (Digital Rights Management), la tecnologia che le etichette vorrebbero adottare per fermare il file-sharing, introducendo restrizioni all’uso e alla portabilità dei contenuti, al numero di copie che possono essere fatte e via dicendo. Secondo Forrester non funzionerà, da una parte perché non fermerà il file-sharing e dall’altra perché questi sistemi rappresentano limitazioni all’uso e continueranno a spingere gli utenti verso le alternative come Napster o Gnutella.

La RIAA non ha per il momento risposto alle bacchettate di Forrester Research ma proprio in queste ore ha confermato che nella prima metà del 2000 ha individuato nei soli Stati Uniti 4.500 siti Web utilizzati per distribuire via Internet illegalmente musica protetta da diritto d’autore.

Stando alla RIAA, il numero di siti pirata online è cresciuto del 200 per cento rispetto all’anno precedente. Il numero di aste online di materiale illegale che la RIAA ha individuato chiedendone la rimozione è salito in un anno del 348 per cento, a quota 1.600.

Per comprendere cosa significhi la pirateria online in termini di guadagni perduti, il direttore della divisione antipirateria dell’associazione ha annunciato che si sta lavorando ad una metodologia credibile che consenta di calcolare le perdite dovute ad Internet”. Associazione avvertita, associazione mezzo-salvata?

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Pubblicato il
21 set 2000
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