Perché dire no al digitale terrestre

Perché dire no al digitale terrestre

di Mauro Vergari (Adiconsum) - Decoder e televisori devono garantire la ricezione di qualsiasi radio e tv digitale. Per tutelare la libertà di scelta ci si opponga al DTT e si rinvii la scadenza del 2006
di Mauro Vergari (Adiconsum) - Decoder e televisori devono garantire la ricezione di qualsiasi radio e tv digitale. Per tutelare la libertà di scelta ci si opponga al DTT e si rinvii la scadenza del 2006


Roma – La tv digitale terrestre non è una novità tecnologica e nel modo come la si promuove si sta rivelando contraria allo sviluppo del nostro Paese. Questa affermazione può sembrare fuori dalla realtà, ma è la conseguenza di precise motivazioni che cercheremo ora di spiegare.

Occorre precisare che la vera rivoluzione tecnologica, avvenuta ormai da tempo, è il passaggio della multimedialità (integrazione di audio, immagini e testo) dall’analogico al digitale. Ogni utilizzatore di DVD ha potuto toccare con mano, gli effetti di questa trasformazione guardando sul proprio televisore, in modo nuovo, le immagini di un film, con una qualità video e audio impensabili con la registrazione analogica, con l’aggiunta di menù e testi che permettono l’interazione con ciò che si guarda.

Altro effetto della digitalizzazione è stata la diffusione, attraverso il satellite, di una vera e propria programmazione televisiva, in formato digitale, composta da centinaia di canali offerti sempre con elevata qualità sia visiva che sonora, con l’aggiunta dell’interattività che pone fine all’utente passivo. In Italia tutto ciò viene regolarmente utilizzato da più di dieci anni, grazie alla prima emittente digitale “DSTV”, antenata dell’attuale “SKY”. La tv digitale terrestre non è una “novità tecnologica” è semplicemente un ulteriore adeguamento provocato dalla digitalizzazione e nutriamo anche qualche dubbio sulla sua reale necessità.

Da circa un anno tuttavia, si parla di TV digitale terrestre come di una grande rivoluzione tecnologica, necessaria ed indispensabile, affermando, spesso con messaggi scarsamente trasparenti e molto ingannevoli, che offrirà ai cittadini novità mai utilizzate prima.

Ci viene raccontato che l’attuazione di questa trasformazione, data la sua importanza strategica, necessita dell’intervento diretto dello Stato e della creazione di apposite organizzazioni, come DGTVi (associazione di aziende unitamente al Ministero delle Comunicazioni), necessarie per gestire il periodo di transizione, ovviamente finanziando il tutto con i soldi dei contribuenti.

Il grande interesse origina dal fatto che, nel 2001, si è deciso per legge che la televisione, trasmessa attraverso i ripetitori terrestri, doveva passare in digitale entro dicembre del 2006: rendendosi conto che tutta la multimedialità ormai era in formato digitale, il legislatore ha ritenuto necessario dare un impulso alla televisione terrestre, che è il mezzo di comunicazione più diffuso, imponendo un adeguamento tecnologico.

Nessuna novità quindi, ma un semplice ed ovvio cambio di tecnologia per offrire con la televisione terrestre, tutti i vantaggi già descritti e da tempo utilizzati solo da chi vede (circa 5.000.000 di utenti) la televisione attraverso il satellite ed in minima parte anche con il doppino telefonico o la fibra ottica.

La scelta del 2006, come data per la chiusura definitiva delle trasmissioni analogiche, non è stata saggia; evidentemente al tempo della stesura della legge tale data sembrava molto lontana, ora sappiamo che non è così. Il problema è che anche l’attuale maggioranza di governo ha confermato il 2006, non preoccupandosi minimamente delle ripercussioni negative che questa scelta può avere sui cittadini. Tale atteggiamento non è accettabile e deve essere rifiutato con determinazione.

All’epoca non si sono valutati i problemi legati all’impiantistica esistente nei palazzi, in molti casi obsoleta, e neanche la mancanza delle frequenze necessarie per attivare il nuovo segnale nel periodo di coesistenza con l’analogico. Tutti problemi che attualmente impediscono ai consumatori la ricezione del segnale digitale terrestre, unitamente a quello provocato dall’accertata inadeguatezza dei decoder, come risulta dalle numerosissime segnalazioni inviate al ” pronto intervento digitale terrestre “, promosso da Adiconsum. Viste tutte queste difficoltà ci chiediamo cosa ha motivato la decisione di realizzare lo sconveniente e costosissimo digitale terrestre, quando tutto il passaggio al digitale si poteva realizzare con la trasmissione satellitare, gia pronta, con un’ alta evoluzione tecnica e garantendo una facile ricezione alla totalità dei cittadini? Non si può evitare di rispondere e qualcuno dovrebbe sentire la responsabilità di farlo. Nell’attesa di risposte continuiamo ad analizzare quanto accade.


Per quanto riguarda i decoder, difficoltà non dovevano esserci, in quanto le idee erano chiare già dal 1999, anno in cui entrò in vigore la legge sul decoder unico. Il legislatore, memore delle difficoltà create ai consumatori dalle Pay-tv trasmesse via satellite che imponevano le proprie codifiche, costringendo gli utenti a possedere svariati decoder, si preoccupò di promulgare una legge valida anche per i futuri scenari tecnologici. La legge sul decoder unico infatti non regolamenta in esclusiva le trasmissioni satellitari ma, giustamente, fa riferimento a tutti i “programmi radiotelevisivi digitali” indipendentemente dal mezzo di trasmissione.

Da quando questa legge è stata approvata molte cose sono cambiate sul piano tecnologico, ma nonostante ciò la legge sul decoder unico è modernissima perché ha in se un principio che non bisogna mai dimenticare: per offrire ai consumatori libertà di scelta e pluralismo di trasmissione l’apparato di ricezione deve garantire la ricezione di ogni forma di trasmissione che il mercato offre. Oggi i mezzi di trasmissioni della multimedialità sono numerosissimi e molto più avanzati della stessa trasmissione della tv terrestre. Mi riferisco alla banda larga (DSL e Fibra) che ormai porta testi, audio e video ad alte velocità attraverso le linee telefoniche sia fisse che mobili, permettendo la vera interattività o il DAB che permette la ricezione della radio mobile digitale. La convergenza tecnologica è una realtà e la legge sul decoder unico, imponendo l’utilizzo di un solo apparato pronto alla ricezione di qualsiasi segnale radiotelevisivo digitale, in modo lungimirante garantisce il consumatore di oggi e anche di domani, peccato che questa legge non viene rispettata e che si stia tentando di abolirla.

Nulla si è fatto nei confronti di SKY, pay-tv che ha imposto con forza un proprio decoder chiuso e con codifica proprietaria, perché nulla andava imposto ai decoder del digitale terrestre che sono limitati alla sola ricezione del segnale terrestre. È preferibile ignorare la legge sul decoder unico, evitando di far costruire un decoder pronto alla ricezione di una qualsiasi radio e tv digitale, che potrebbe dare troppo potere di scelta al consumatore! Per questo motivo, al Governo da poco dimessosi, questa legge non piaceva e stava cercando di eliminarla attraverso l’approvazione del testo unico sulla radiotelevisione. Riteniamo, purtroppo, che anche il nuovo Governo continuerà sulla stessa linea, anche se non ci dispiacerebbe essere smentiti dal nuovo Ministro delle Comunicazioni!

Riteniamo che la legge sul decoder unico debba continuare ad esistere, che anzi venga migliorata, specificando le caratteristiche tecniche da adottare per avere decoder pronti anche a ricevere trasmissioni compatibili con sistemi evoluti dei quali già conosciamo con esattezza caratteristiche e modalità, come per esempio l’alta definizione.

Questa legge va migliorata anche per porre rimedio alla mancanza d’obbligo per i costruttori di televisori di inserire la sintonizzazione delle trasmissioni digitali in ogni apparecchio, si sta infatti permettendo la vendita ai cittadini italiani di apparecchi televisivi che, rispettando i tempi imposti dal governo, fra un anno diventeranno inutilizzabili. Ci saremmo aspettati che il Ministero dello sviluppo tecnologico emanasse un’ordinanza per introdurre tale obbligo, ma forse i compiti di questo Ministero sono altri…

La verità è che nessuno è attento ai cittadini; ci si preoccupa solo di realizzare un mercato immobile e spezzettato in tanti settori: tv satellitare, tv terrestre, tv in banda larga, tv via cavo, tv mobile, radio digitale. Nonostante la convergenza si sia realizzata, si vuole costringere il consumatore ad utilizzare la ” radiotelevisione digitale ” come si trattasse di singole tecnologie, tutte diverse, vanificando l’uniformità di linguaggio che è il principale vantaggio della digitalizzazione.


Le scelte attuali quindi, non ci conducono verso uno sviluppo tecnologico, ma verso una preoccupante regressione. Il motivo di tali decisioni scaturisce, purtroppo, dalla necessità di difendere le posizioni monopolistiche conquistate dagli attuali operatori, possessori di contenuti. In un mercato, che proprio grazie alla tecnologia diventa globale ed aperto, le attuali aziende dovrebbero far posto a nuovi operatori, vedendo diminuire la propria egemonia ed i propri guadagni.

L’esempio più eclatante si ha osservando il trattamento che si sta riservando alla radio digitale (DAB) il cui sviluppo non solo non viene promosso ma non gode neanche, volutamente, degli stessi privilegi che si offrono alla TV digitale terrestre. Vista la grande confusione di frequenze che danneggia la ricezione e quindi la libertà d’uso, per non modificare le radicate posizioni di forza ormai conquistate nella radiofonia analogica, si cerca di non far sviluppare il processo di digitalizzazione, trattando la radio come fosse un media minore e la si tiene ai margini degli attuali piani di sviluppo. Questo per dire che oggi nel nostro Paese non c’è interesse verso lo sviluppo tecnologico, ma c’è solo la volontà di non modificare gli attuali assetti tenendo sotto controllo proprio quelle tecnologie che potrebbero invece modificali a vantaggio di una maggiore libertà di scelta e quindi di un maggiore pluralismo.

Questo è il vero motivo per cui i consumatori, rappresentati dalle loro associazioni, vengono completamente ignorati dal Ministero delle Comunicazioni e dalle organizzazioni nate per promuovere il digitale terrestre. Le loro istanze non possono essere accolte perché sono motivate dalla difesa dell’interesse collettivo, che vuole libertà di scelta e pluralismo ma, come già spiegato, il digitale terrestre non è per i cittadini ma per mantenere stabile ciò che gia è stato acquisito.

Vorremmo che il nuovo Ministro delle Comunicazioni ci smentisca attraverso fatti nuovi, ed è per questo che la nostra critica vuole essere costruttiva e con precise proposte.

Chiediamo che si cominci a trattare la diffusione radiotelevisiva digitale nella sua interezza, indipendentemente dal suo mezzo di trasmissione. Deve essere il consumatore l’unico a decidere in che modo può accedere alla radio e alla televisione. Le istituzioni devono garantire a tutti i cittadini la possibilità di usufruire della migliore radio e della migliore tv digitale, promuovendola senza discriminazioni, indipendentemente dal mezzo di trasmissione. Non solo quindi incentivi al digitale terrestre, come se questa fosse in competizione con la trasmissione da satellite o con quella trasmessa attraverso i cellulari o con la radio digitale.

Non è compito dei governi promuovere un mezzo di diffusione a svantaggio di un altro.
Non stiamo trattando un qualsiasi prodotto commerciale che ha bisogno di essere promosso con sconti e propaganda pubblicitaria, come purtroppo sta accadendo, nonostante le numerose denunce delle associazioni consumatori.


Dovendo proporre una svolta tecnologica che investa tutti i cittadini, è compito del Governo, invece, fare in modo che tutti possano usufruire di medesimi servizi e delle medesime opportunità. Se la digitalizzazione permette l’interattività e la multimedialità, facilitando l’accesso ai servizi della pubblica amministrazione, queste opportunità non devono essere offerte solo attraverso uno specifico mezzo di trasmissione, ma devono essere garantite a chiunque utilizzi la radio e la televisione digitale. Solo con tali obiettivi si giustificano gli incentivi economici, che altrimenti si trasformano in aiuti di Stato verso alcune aziende.

Le politiche di sviluppo tecnologico devono essere globali. Chiediamo quindi di spostare la data dello spegnimento della televisione terrestre analogica prevista alla fine di dicembre 2006 e di dar vita ad una digitalizzazione globale, che riguardi tutta la diffusione radiotelevisiva, valutando dati certi e se necessario mettendo anche i discussione la necessità di continuare con il digitale terrestre.

Il Governo deve fornire le linee guida, che tutti coloro che sono impegnati nel passaggio dall’analogico al digitale devono rispettare. I servizi per accedere telematicamente alla pubblica amministrazione non devono essere fruibili esclusivamente con il digitale terrestre, ma anche con il satellitare, con il doppino telefonico, con il cellulare e con qualsiasi altro mezzo di trasmissione. Tutto ciò e realizzabile perché il tutto avviene in digitale, quindi nel medesimo linguaggio. Alcuni operatori dovranno adeguare il proprio sistema operativo, uniformandosi per esempio a quello utilizzato nel digitale terrestre, denominato MHP, ma in questo caso usufruiranno di legittimi incentivi a sostegno di eventuali costi.

Leggiamo sulla stampa che l’attuale Governo sarebbe propenso ad offrire gli incentivi anche a SKY, visto che anche la pay-tv satellitare offre interattività. Crediamo che i soldi pubblici debbano servire per finalità pubbliche e non certo per decidere con quale telecamera inquadrare gli occupanti della casa del “Grande fratello”! L’incentivo non dovrebbe essere legato solo all’interattività; è necessario che chi propone un qualsiasi sistema di trasmissione lo faccia in modo che esso sia predisposto tecnologicamente al passaggio di tutti quei servizi di pubblica utilità con le specificità indicate dal Governo e si uniformi al linguaggio usato anche dagli altri. Attualmente SKY non ha dimostrato di avere questa sensibilità, anzi opera con spirito totalmente opposto. Gli incentivi pubblici non devono mai essere devoluti per promuovere attività private.

Contemporaneamente occorre indicare quali caratteristiche devono avere i decoder ed i televisori per permettere i servizi di pubblica utilità e rispettare la libertà del consumatore: gli apparati devono essere aperti, garantendo la ricezione dei programmi radiotelevisivi digitali sia gratuiti che a pagamento, ed essere predisposti per qualsiasi forma di trasmissione, sia da terra che da satellite, sia attraverso il doppino che la telefonia mobile.

Il consumatore deve essere lasciato libero di decidere quale operatore utilizzare senza discriminazioni di nessun tipo.

Quando, attraverso dati certi, si sarà sicuri che tutti i cittadini non avranno più necessità di alcun segnale analogico, allora sarà il tempo di spegnerlo. Se c’è interesse che questo tempo arrivi al più presto, occorrerà solo programmare seri piani di sviluppo coinvolgendo tutti gli appartenenti alla filiera della digitalizzazione, primi fra tutti i consumatori.

Non è poi molto complicato portare un Paese ed i suoi cittadini verso lo sviluppo tecnologico: basta mettere al primo posto chi deve utilizzare la tecnologia, cioè gli utenti. Fatta questa scelta, occorre, poi, preoccuparsi di facilitare il più possibile l’uso della tecnologia e adoperarsi per offrirla a tutti.

I consumatori nel caso della radiotelevisione digitale, allo stato attuale, hanno, comunque, la possibilità di essere gli attori principali di questa vicenda; se ritengono che la loro libertà di scelta non è tutelata, non devono far altro che farsi trovare impreparati al 2006. Siamo convinti che nessuna rete radiotelevisiva sarebbe disposta a spegnere il segnale analogico, sapendo di essere vista in digitale solo da pochi!

Mauro Vergari
Adiconsum

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Pubblicato il
9 mag 2005
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