Secondo quanto indicato nel report Istat sulla produzione e lettura dei libri in Italia nel 2019 (analisi appena divulgata dall’Istituto, pur se riferita ad un periodo antecedente a quella che è stata la pandemia), 1 lettore su 12 in Italia sceglie di leggere solo in digitale. La datazione è inevitabilmente importante perché il 2020 potrebbe aver cambiato non di poco gli equilibri: milioni di italiani si sono infatti dedicati alla lettura come non mai durante il lockdown, abituandosi in molti casi alla lettura digitale per via dell’impossibilità di reperire facilmente libri cartacei durante lo stop agli spostamenti.
La fotografia odierna dell’Istat, insomma, restituisce una situazione pre-Covid che soltanto il report di inizio 2022 potrà aggiornare secondo quanto accaduto in questi ultimi mesi. Ma sarà anche quella una fotografia parziale, perché il 2020 potrebbe essere stato soltanto – così come in altri settori – l’inizio di una trasformazione accelerata verso una digitalizzazione più insistente.
Scrivere digitale, leggere digitale
Secondo quanto rilevato, il 40% della popolazione dai 6 anni in su legge almeno 1 libro all’anno; il 77,2% legge solo libri cartacei, il 7,9% legge solo libri online, la parte residua non fa distinzione e usa entrambe le modalità all’occorrenza.
L’offerta editoriale sta progressivamente integrando la produzione cartacea con quella digitale: ormai quasi la metà (il 45,3%) delle opere pubblicate a stampa è infatti reso disponibile anche in versione ebook. Di queste: circa una su cinque presenta contenuti e/o funzionalità aggiuntive (19,8%). La versione digitale è particolarmente diffusa per i libri di avventura e gialli (81,0%), %), quelli di attualità politicosociale ed economica (69,0%), di matematica (66,2), di filologia e linguistica (62,6%).
Il mercato del libro digitale, tuttavia, sembra rimanere ad oggi ancora appannaggio dei grandi editori: solo un titolo su quattro è pubblicato in digitale dall’editoria di media dimensione, restando una scelta residuale per i microeditori. Laddove pubblicare dovrebbe essere più semplice e meno oneroso, insomma, chi ha meno risorse sceglie di non andare: una dinamica sulla quale il comparto dovrà necessariamente riflettere, soprattutto alla luce del fatto che “il 22,1% degli operatori del settore dichiara giacenza e reso per oltre la metà dei titoli pubblicati“.
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Ma il digitale sembra penetrare nell’editoria ben oltre il solo formato eBook dei libri:
Fra i grandi editori è notevole l’impegno nell’attività digitale: il 28,6% hanno prodotto audiolibri (a fronte di una quota pari al 3,5% per il totale degli editori), quasi uno su due ha collaborato con piattaforme online per la loro fruizione (54,3%, su un totale del 5,4%) e uno su tre (31,4%) ha collaborato con piattaforme online per la lettura in streaming dei libri in catalogo.
In termini di introito, al contempo, i contenuti digitali non superano ad oggi il 10% del fatturato per il 90,5% degli editori, il che esplica i motivi per cui ci si avventura con maggior ritrosia: è il margine a fare la differenza e laddove non c’è marginalità si tende ad evitare l’investimento. Dinamica, questa, destinata però a trovare presto una inversione di marcia, poiché l’aumentato panel di utenti pronti a leggere in digitale è destinato a spostare presto il baricentro sia della domanda che dell’offerta.
La componente online è ormai rilevante tanto in termini di distribuzione, quanto in termini di preparazione alla vendita. Gli store online sono infatti ormai il secondo canale di vendita più utilizzato, ma anche le attività di social media marketing (62,8%) figurano oggi tra le principali voci ad incidere sui costi interni dopo la valutazione dei manoscritti (75,9%), la correzione di bozze (72,9%), la revisione (70,5%) e l’impaginazione (62,9%).