Lo scorso giugno Gandalf.it ha compiuto 10 anni: uno dei siti di maggiore interesse per orientarsi in cosa siano le nuove tecnologie , di quale impatto abbia la rete su tutti noi, di quali siano i problemi che spesso vengono sottovalutati, un sito di riferimento per analizzare anche i numeri della rete e della tecnologia. Uno spazio web gestito da un attento osservatore della nostra contemporaneità, autore di numerose pubblicazioni on e off line, nonché membro fondatore di ALCEI , l’associazione che si batte per il rispetto dei diritti civili nell’era dell’informazione: Giancarlo Livraghi. Con lui abbiamo avuto occasione di scambiare quattro chiacchiere, che riportiamo qui di seguito.
Punto Informatico: Nasceva dieci anni fa Gandalf.it e, come spiega la sua home page, è un sito in continua evoluzione. Il che richiede un grande sforzo. È un sito pieno di numeri, testi e considerazioni di enorme rilievo. Ma, al di là di questi, il suo scopo appare a un occhio profano quello di instillare un pizzico di buon senso in chi usa l’internet e in chi ci lavora. È un obiettivo riuscito?
Giancarlo Livraghi: Hai definito esattamente le mie intenzioni. Se ci sono riuscito… possono dirlo solo i lettori. Dai commenti che leggo e che sento… sembra che sia abbastanza vicino all’obiettivo. Ma non si finisce mai di imparare.
Hai ragione anche sul fatto che lo “sforzo” è pesante. E spesso lo è molto più di quello che sembra. Anche tu lo sai per esperienza… ma non tutti capiscono che dietro poche righe di testo ci possono essere settimane o mesi di lavoro, anni di ragionamenti e di verifiche.
Con i “numeri” è ancora peggio. Circola (su qualsiasi argomento) una quantità enorme di “dati” sballati o insignificanti. Non è un lavoro facile cercare di trovare quelli che hanno un senso e cercare di interpretarli in modo sensato. Comunque nei numeri non ci sono “certezze”. Si tratta di capire se e dove se ne può trovare qualcuno che permetta di fare ipotesi “ragionevoli”.
PI: Tra le grandi aree tematiche del sito vi è “Cultura umana della rete”. Cosa intendi con questa definizione?
GL: Due cose. Una in generale. Come ho detto e scritto tante volte, la rete è fatta di persone. Le tecnologie sono strumenti – le persone sono la sostanza, il sangue vivo della rete.
L’altra è personale: spiega di che cosa mi occupo e da quale prospettiva. Al centro, per me, c’è l’umanità della rete. “Cultura”, ovviamente, intesa in senso antropologico – non come intellettualismo o nozionismo dottrinario. La cultura umana è di tutti, non degli “addetti al lavori culturali”.
PI: PI da sempre si occupa di libera espressione in rete, dando risalto a iniziative e notizie sull’argomento. Uno dei temi centrali di Gandalf.it è “Libertà di Parola”. In che modo i destini dell’internet sono legati alla libertà di esprimere il proprio pensiero? Oggi come oggi anche nei paesi occidentali molti lavorano per comprimere gli spazi di libertà in rete…
GL: Il problema c’è, è serio e non è nuovo. Fin dalle origini, la rete è stata circondata di tentativi di reprimerla, centralizzarla, spiarla, censurarla, eccetera. Ho scritto così tante volte a questo proposito che quasi mi viene la nausea a ritornare sull’argomento. Ma continuano a esserci, troppo spesso, nuovi motivi per doverne riparlare.
Se è giusto preoccuparci di ciò che accade in Cina (e in tanti altri paesi) non possiamo trascurare quello che succede anche nei “paesi occidentali” – e in particolare in Italia. Finora nessuno, in questa parte del mondo, è riuscito a metterci del tutto la museruola (anche se l’informazione “dominante” rimane profondamente deformata). Almeno in rete siamo ancora liberi di esprimerci come vogliamo. Ma i tentativi di repressione non sono finiti e dovremo continuare a “stare in guardia”.
PI: Con attenzione Gandalf.it ha seguito da sempre l’insorgere di normative a tutela dei minori in rete e le indagini penali legate al traffico di immagini di pornografia infantile. La sensazione di molti addetti ai lavori è che queste esigenze di “tutela” stiano contribuendo a restringere e ridurre le libertà in rete. Che ne pensi?
GL: Quella “sensazione” è giusta e ben motivata. Anche questa è una brutta storia che dura da più di dieci anni e che, in un modo o nell’altro, continua a ripetersi.
La sostanza dei fatti è quella che ho descritto tante volte. Un’infinità di repressioni e censure proposte o attuate con la scusa di “proteggere i minori” hanno in realtà tutt’altro scopo. E sono totalmente inutili nella prevenzione o repressione di quelle orribili forme di violenza e sfruttamento che sono, purtroppo, un male profondo e difficile da sradicare. Le “crociate” e le persecuzioni degli innocenti sono, oltretutto, una deviazione che favorisce i veri criminali.
PI: Di recente sei tornato su un problema avvertito come centrale in molti ambiti in rete e su cui PI ha lavorato molto negli ultimi mesi, quello dei sequestri di computer in fase di indagine. Anche qui, in realtà, molti ritengono che non vi siano oggi sufficienti garanzie per il cittadino, soprattutto dopo alcune inchieste che prima di finire in un buco nell’acqua hanno creato disagi enormi a chi si è visto sequestrare il proprio computer, spesso e sempre di più strumento di lavoro.
GL: Anche questa non è una storia nuova. E anche su questa ho scritto così tante volte che mi è noioso ripetermi… ma il fatto è che gli abusi continuano e questo ci costringe a ritornare sull’argomento. La cosa vergognosa è che se qualche intercettazione mette in imbarazzo qualche potente, ricco o famoso si scatenano fiumi di inchiostro e ondate di sproloqui televisivi… mentre migliaia di innocenti a cui si sequestra abusivamente un computer “non fanno notizia”.
PI: C’è da stare allegri…
GL: Chiamiamola col suo nome: questa è barbarie. Il fatto grave è che gli “addetti ai lavori” (magistrati, poliziotti eccetera) lo sanno, ma vanno avanti lo stesso. Se continuano a sequestrare è più per pigrizia che per cattiveria… ma non per questo è perdonabile.
Dicono che la macchina della giustizia è sovraccarica, non hanno abbastanza risorse per fare le cose “come si deve”. Credo che sia vero. Ma se cominciassero a togliere di mezzo tante istruttorie inutili… compresa, per esempio, quella assurda stortura per cui l’uso di un software non registrato, o la copia non autorizzata di un brano di musica, è considerata una violazione “penale”…
Stiamo parlando a vuoto? Non del tutto. È vero che la “cultura dominante” non ha voglia di starci a sentire. Ma non è un buon motivo per arrenderci, o per lasciarli fare. Continuiamo a fare tutto il possibile per dire la verità. Forse otterremo sempre “poco”, ma è meglio di nulla. E se finora le cose non sono andate così male come alcuni vorrebbero è anche perché ci sono quelli come noi: “cani da guardia” capaci di abbaiare e magari, all’occorrenza, di mordere. PI: In 10 anni Gandalf.it è stato testimone dell’evoluzione della rete, da strumento per pochi ad ambiente di massa. Chi all’epoca ha conosciuto l’internet spesso oggi dichiara di aver perso entusiasmo e di sentire come le promesse della rete, diciamo legate ad una nuova era della comunicazione tra le persone, siano ora sacrificate sull’altare del profitto o di interessi di parte. Vedendo come vengono trattate questioni centrali come la Neutralità tecnologica o la responsabilità dei fornitori di servizi sembrerebbe difficile dar loro torto. Come la vedi?
GL: Ogni tanto anch’io ho qualche crisi di nostalgia. Ma la rete (così come la conoscevamo dieci o quindici anni fa) per fortuna non è morta. Si fa un gran fracasso su vicende a avventure commerciali, imprese gigantesche e speculazioni finanziarie. In rete ci sono anche quelle cose, ed è inevitabile che ci siano. Ma non sono così dominanti come dicono i giornali o come si predica un po’ dovunque (comprese cattedre universitarie da cui si insegnano incredibili baggianate).
Basta sapersi guardare un po’ intorno per scoprire che in questa rete molto più estesa di prima (per numero di persone e quantità di contenuti) c’è una enorme, e crescente, presenza di voci libere e non assoggettate ad alcun interesse economico o di potere. Cosa che dà un tremendo fastidio ai “potenti” di ogni specie e ai loro infiniti vassalli e servitori.
Se continuiamo a nutrire la rete con tutto quello che ci pare… siamo in tanti (compresi moltissimi che non hanno alcuna consapevolezza di contribuire alla “buona causa”, ma per il solo fatto di esprimersi in modo libero e aperto tengono vivo il “flusso”).
Non ho alcuna intenzione di cullarmi in un “facile ottimismo”. Ma il fatto è che, almeno finora, nonostante tutto, la rete vera e umana è ancora viva e vitale. E non ha smesso di crescere. Come ho detto tante volte… “le vie della rete sono infinite”. Se si affida qualche buon seme ai venti imprevedibili di una miriade di contatti umani, non si sa mai dove potrà germogliare.
PI: Gandalf.it è stato uno dei più acuti osservatori dell’ascesa della cosiddetta “new economy” avvertendo ben prima dello sboom che di “new” c’era poco e che c’era invece molta speculazione. Da allora è accaduto di tutto ed oggi l’internet si rivela sempre più uno strumento di crescita anche per business nati al di fuori della rete e alcune net company sono tra le società più importanti nel mondo da un punto di vista finanziario oltreché industriale. Siamo tutti diventati più consapevoli della rete? Siamo tutti più bravi?
GL: Devo confessare che, otto o nove anni fa, c’ero un po’ cascato anch’io. Rispetto ai “fanatici” della cosiddetta new economy ero considerato uno “scettico”. E al boom della bolla speculativa non avevo mai creduto. Ma mi ero un po’ lasciato convincere, da Kevin Kelly e da altri, che ci fosse all’orizzonte una trasformazione dell’economia e della cultura. Alla luce dei fatti, così non è stato.
Anche quella visione dell’informazione, della conoscenza e dell’intelligenza come “suprema risorsa”, che (per esempio) Jean-Jacques Servan-Schreiber aveva lucidamente definito nel 1980, a tutt’oggi non si è realizzata. Non perché sia un sogno impossibile… ma perché le evoluzioni della cultura umana sono complicate e discontinue.
Allo “stato dell’arte”… il fatto è che non c’è alcuna “nuova economia”. Sarebbe già molto, al giorno d’oggi, ritrovare il filo dei valori più seri di quella “vecchia”, profondamente distorta da maneggi speculativi e pasticci finanziari.
Mi chiedi se “siamo diventati più bravi”. Non lo so. Certo qualcosa dovremmo avere imparato, in dieci o quindici anni di esperienza della rete. Il discorso sarebbe lungo e complicato… ma, da quello che vedo in giro, la situazione è molto confusa. Alcune cose sono fatte un po’ meglio… altre addirittura peggio… alcuni errori ormai “vecchi” continuano a ripetersi…
Per quanto mi riguarda, continuo a cercare di imparare, non mi fido mai di ciò che credo di sapere, approfitto di ogni occasione possibile per provare, sperimentare, verificare.
Per ciò che vedo in giro… ci sarebbe bisogno di più capacità di ascoltare, meno “illusione di onniscienza”, più voglia di semplicità e concretezza, meno fretta e più “coltivazione”. (E tutto questo riguarda un andazzo generale, non solo l’internet e le “nuove tecnologie”).
Quanto alle “internet company”… che fine hanno fatto tante che sembravano splendenti, miracolose comete, magici annunci di una nuova era… ed erano solo meteoriti cadenti? I due più affermati successi mondiali, Amazon ed e-Bay, sono nati in un garage nel 1995. (Di dove stia andando Google… magari ne parliamo un’altra volta… intanto vabbè, stiamo a vedere. Se perdessero la bussola, drogati dai soldi e dal successo, non ci metteremmo molto a trovare un altro motore di ricerca).
PI: Tra i numeri forniti da Gandalf.it anche quelli della pubblicità online: l’aumento degli investimenti da parte degli inserzionisti di tutto il mondo sta cambiando gli equilibri tra i media, con scossoni notevoli ad esempio nell’informazione. È l’alba di un nuovo mondo?
GL: Fra tanti dati che ho pubblicato… ce ne sono alcuni sulla pubblicità in generale, dove non si registrano né scosse né scossoni. È stato faticoso e laborioso ritrovare dati che possano tracciare una prospettiva abbastanza estesa nel tempo e i risultati mi sembrano molto chiari (anche se molti, compresi gli “addetti ai lavori”, sembrano avere scarsa voglia di tenerne conto).
In quel contesto c’è solo “per inciso” qualcosa sulla pubblicità online. Che naturalmente cresce… visto lo sviluppo della rete, è praticamente inevitabile. Ma non vedo all’orizzonte alcuna “alba di un nuovo mondo”, come qualcuno sognava dieci anni fa e (chissà perché) qualcuno ripete ancora oggi. Se succederà qualcosa di imprevisto e imprevedibile, sarò pronto a prenderne atto. Ma allo stato dei fatti sono cifre molto piccole rispetto al totale della pubblicità.
E quello è un dettaglio marginale rispetto alle tante cose, sostanzialmente più utili, che le imprese possono fare in rete.
PI: Gandalf è un nome derivante da uno dei più celebri personaggi del Signore degli Anelli di Tolkien. Qual è la relazione tra quello “stregone” e Gandalf.it ?
GL: Posso dirti, a nome di Gandalf, che “stregone” è un po’ offensivo e riduttivo? A parte gli scherzi, è successo “per caso”. Ma è raro che le cose siano del tutto “casuali”.
Più di trent’anni fa… avevo comprato, “di seconda mano”, una piccola barca a vela. Il precedente proprietario aveva dato alla barca un nome che non mi piaceva. Fra le scaramanzie della nautica, una dice che cambiare il nome porta sfortuna.
Ci voleva un nome che contrastasse il malefizio… chi se non Gandalf, visto che noi (cioè io e il resto dell’equipaggio) avevamo appena finito di leggere Lord of the Rings? Non so se la scelta del nome abbia avuto qualche influenza, ma il fatto è che quella barca superò varie buriane e altre vicende con una buona dose di fortuna.
Da lì poi nacquero altre cose… con il nome Gandalf… fra cui il sito. Pensavo che la cosa fosse del tutto “casuale”. Ma, ripensandoci… si scoprono varie coincidenze. Per esempio c’era, fra le persone che stavano in rete alle origini, molta più conoscenza di Tolkien di quanta ce ne fosse in generale. Insomma… non sono sicuro di quale sia il motivo… ma sembra (non solo a me) che Gandalf sia il nome “giusto” per il mio sito.
a cura di Paolo De Andreis