Provider che diventano controllori del propri clienti. Ma anche motori di ricerca, social network e fornitori di servizi che potrebbero essere obbligati per legge a sorvegliare quanto accade sui propri server. Potrebbe esserci pure questo nel futuro dell’Europa, anche se niente è ancora stato scritto.
Il 2008 è l’anno in cui la Commissione Europea deve rivedere la direttiva sul commercio elettronico : una norma complessa, senz’altro fondamentale per dipanare la intricata questione della neutralità della rete e della gestione dei diritti d’autore online , poiché delimita tra l’altro la responsabilità di provider e fornitori di servizi nella diffusione di materiale su Internet. Una questione ampiamente dibattuta negli ultimi mesi, anche alla luce della diffusione a macchia d’olio della cosiddetta Dottrina Sarkozy , che si avvia a diventare il cavallo di battaglia di molti governi della UE.
Ma prima di giungere ad una riforma dell’assetto attuale, dovranno trascorrere ancora mesi, forse anni: il cammino di revisione della direttiva è appena cominciato, e non è detto che si concluda con cambiamenti sostanziali. Per il professor Giovanni Maria Riccio , docente di Diritto della Comunicazione dell’Università di Salerno e consulente della Commissione Europea, “la direttiva sul commercio elettronico, almeno per quel che riguarda la responsabilità dei prestatori intermediari, va bene così com’è”.
Il professore ha spiegato a Punto Informatico i risultati dello studio commissionato dalla UE a diversi esperti di diritto, volto a comprendere come il quadro della società sia mutato in questi anni: “La Commissione europea ha avviato una consultazione, oltre un anno fa, per valutare se il recepimento delle norme sulla responsabilità degli ISP, contenute nella direttiva sul commercio elettronico, garantisca un quadro giuridico uniforme in tutti i Paesi membri dell’Unione europea”.
Compito del gruppo di ricerca è stato quello di analizzare l’attuale ordinamento dei singoli stati, discutendo le problematiche fondamentali emerse negli ultimi anni con i soggetti interessati da una possibile modifica dell’assetto legislativo: provider, fornitori di servizi, detentori dei diritti e associazioni dei consumatori .
Sebbene le conclusioni dello studio siano state consegnate lo scorso dicembre alla UE, a tutt’oggi risulta difficile stabilire quale sia l’orientamento di Bruxelles: “È molto difficile dire se e come cambierà l’attuale direttiva. Il compito del nostro gruppo di ricerca si limitava al presentare la situazione dei singoli Stati ed a fornire suggerimenti alla Commissione. Ma sarà la Commissione a prendere le decisioni”.
L’ordinamento attuale ha senz’altro dei meriti, spiega il professore: “Il suo grande merito è stato quello di realizzare un equilibrio tra le diverse posizioni in gioco”. Esistono, tuttavia, delle nuove problematiche , sorte in seguito alla diffusione sempre maggiore di Internet sul territorio europeo e alla nascita di nuovi servizi in rete: “Basti pensare alla responsabilità dei motori di ricerca e delle aste on-line, ad alcune divergenze da parte dei giudici nazionali nell’applicazione della direttiva, alla tematica fondamentale delle procedure di notifica e di rimozione dei contenuti illeciti (notice and take-down)”.
Non è un mistero che le major e i detentori dei diritti sui contenuti spingano per un maggiore coinvolgimento del provider nel controllo di quanto transita sulle proprie reti. Le conseguenze di una direttiva in tal senso potrebbero essere molte e complesse: “Da una parte, potrebbe osservarsi che regole più severe potrebbero indurre i provider ad adottare strumenti più efficienti per prevenire la commissione di illeciti. Ma, d’altra parte, non può non notarsi che regole rigide determinano l’uscita dal mercato dei soggetti economicamente più deboli”.
In ballo ci finirebbe pure la neutralità della rete: una volta avviato il controllo di quanto transita sui server dei provider, chi impedirebbe anche la messa al bando del materiale ritenuto non adatto alla fruizione delle masse? Il rischio, secondo Riccio, è la vanificazione delle “occasioni che internet offre alla partecipazione democratica”: per il professore l’attuale forma della direttiva, che ammette la responsabilità degli ISP “nel solo caso in cui non svolgano attività di intermediazione tecnica”, è una condizione da salvaguardare.
Il risultato finale, tuttavia, sarà un compromesso tra le diverse priorità tra cui la UE dovrà districarsi: privacy dei cittadini, indipendenza degli ISP, salvaguardia dei diritti dei produttori. Riuscire a trovare una soluzione a questa equazione non è facile, come dimostrano il caso Peppermint e Promusicae : “Occorre poi tener presente la difficile convivenza della direttiva sul commercio elettronico con altre direttive, ad esempio quelle sulla privacy e la direttiva c.d. enforcement sul diritto d’autore” spiega Riccio.
La soluzione, secondo il professore, dovrebbe passare attraverso “la cooperazione tra i soggetti interessati”: gli esempi in questo senso non mancano, come nel caso del VeRO Program di eBay o il Content Verification Program di YouTube.
Una strada che, per alcuni aspetti, in Italia è stata già battuta con il controverso Patto di Sanremo , che tuttavia ha avuto scarso successo e quasi alcun seguito: “La mia speranza – conclude Riccio – che ho comunicato anche alla Commissione, è che possa comunque costituire un punto di partenza per ridiscutere la problematica”. Non resta che attendere i prossimi mesi, per scoprire se la Commissione deciderà di apportare modifiche o meno al testo originario della direttiva.
a cura di Luca Annunziata