La guerra dei droni si trasforma nella guerra ai droni per opera di due iniziative distinte e complementari: da una parte c’è l’ONU che squalifica i robot killer o LARS (lethal autonomous robotics), dall’altra la campagna Stop Killer Robots promossa da esperti di robotica e intelligenza artificiale preoccupati per la piega che questo genere di tecnologia sta prendendo in ambito militare.
La richiesta di mettere al bando i LARS arriva dalla Commissione sui Diritti Umani delle Nazioni Unite, che in un rapporto in via di pubblicazione proibisce senza mezzi termini la possibilità di concedere alle macchine di prendere “decisioni sulla vita e la morte nei conflitti armati”.
“Terminare” o risparmiare vite durante una guerra “richiede compassione e intuito”, spiega l’autore del rapporto ONU Christof Heyns, qualità possedute dagli umani “fallibili” ma al di là delle possibilità per i robot e gli UAV. Heyns accusa apertamente i principali promotori dell’uso dei robot killer chiamando in causa USA, Regno Unito, Israele, Corea del Sud e Giappone.
A ridosso del rapporto ONU sui killer robot si muove anche Human Rights Watch , ONG che nel recente passato ha denunciato il rischio insito nella tecnologia e che ora torna alla carica con una campagna anti-LARS tesa a promuovere la messa al bando delle macchine assassine.
Tra i supporter dell’iniziativa c’è anche il dottor Noel Sharkey, esperto di intelligenza artificiale della Sheffield University che più e più volte ha espresso preoccupazione sui droni che fanno la guerra. È un problema di oggi, non di domani, avverte Sharkey.
Alfonso Maruccia