Dopo uno stop di due anni imposto dalla Food and Drug Administration (FDA) statunitense, 23andMe dice di essere pronta a offrire di nuovi i test del DNA economici al grande pubblico. Il focus, questa volta, sarà però sull’ereditarietà delle condizioni genetiche piuttosto che sui potenziali rischi di malattie dei clienti.
23andMe, una startup che può contare anche sugli investimenti di Google, era stata bloccata da FDA nel 2013 a causa della potenziale inaffidabilità dei test, l’insorgere di falsi positivi ed errori nella consegna dei referti.
Nella nuova incarnazione annunciata in questi giorni, l’azienda ha intenzione di riprendere i test del DNA sui campioni di saliva degli utenti – al prezzo maggiorato di 199 dollari – ma solo a puro scopo informativo per la discendenza, fornendo dati sui potenziali rischi genetici dei figli e caratteristiche innate come la reazione all’alcol, la perdita di capelli e altro ancora.
Il numero di “malattie e condizioni” identificate da 23andMe è sceso da 254 a 36, ma i fondatori della startup sperano ancora di ottenere da FDA la licenza necessaria a condurre i test generici “completi” promessi anni or sono.
Quel che è certo, nel caso 23andMe, è che il business dei test genetici a pochi dollari apre nuovi scenari a dir poco inquietanti per la riservatezza o anche la fedina penale degli utenti di rete: negli USA come in Italia la campionatura a strascico del DNA è diventata la norma più che l’eccezione, e le autorità federali (statunitensi) hanno già fanno notizia per aver usato i campioni genetici disponibili online (su Ancestry.com e la succitata 23andMe) nell’ incriminazione di un uomo innocente .
Alfonso Maruccia