Quando tra la fine degli anni ’80 e l’inizio dei ’90 prese vita ciò che di lì a poco sarebbe stato chiamato World Wide Web, non tutti ebbero fin da subito una piena comprensione di ciò che stava per accadere. Tra gli aneddoti raccolti dal CERN per celebrare i primi 30 anni del mondo online così come oggi lo conosciamo, uno chiama in causa i Fab Four di Liverpool.
Tim Berners-Lee, il Web e i Beatles
L’aneddoto fa riferimento a Tim Berners-Lee, alla sua visionaria idea per organizzare in un modo efficiente e strutturato le informazioni, alla sua concezione di rete costantemente connessa e condivisa. Quando nel 1991 chiese di poter organizzare una conferenza in cui discutere il funzionamento di un sistema capace di correggere in modo automatico i collegamenti ipertestuali rotti (i link che non conducono ad alcuna risorsa), la sua domanda fu respinta da Wendy Hall della Southampton University.
A raccontare il curioso episodio è James Gillies, Senior Communications Advisor dell’istituto svizzero, che durante il proprio lavoro focalizzato sul ricostruire nel dettaglio le origini del mondo online chiese a Hall come si sentisse a proposito del rifiuto. La sua risposta è alquanto significativa: come la persona che all’inizio degli anni ’60 ha chiuso la porta in faccia ai Beatles.
Il riferimento è al manager dell’etichetta discografica Decca che nel 1962 scelse di mettere sotto contratto i Tremeloes di Brian Poole e non il quartetto di Liverpool. Di lì a poco John Lennon, Paul McCartney e George Harrison (Ringo Starr si sarebbe unito a loro qualche mese più tardi), avrebbero intrapreso una carriera capace di lasciare un solco indelebile nella storia della musica, definendo nuovi paradigmi e scrivendo i brani sui quali più generazioni di gruppi rock si sarebbero fatti le ossa nei decenni a venire. Un po’ quanto 30 anni fa ha fatto Berners-Lee con il WWW.
Nel corso della sua intervista, disponibile in versione integrale sul sito del CERN come parte delle celebrazioni per l’evento #MyWeb30, Gillies racconta di esser risalito nel corso della sua ricerca a un documento degli anni ’40 firmato dall’ingegnere statunitense Vannevar Bush e intitolato As We May Think, contenente una prima descrizione rudimentale di quel che poi sarebbero diventati i collegamenti ipertestuali, applicata all’ambito scientifico per l’archiviazione e l’organizzazione del materiale accademico attraverso un macchinario chiamato Memex. Oggi il Memex ed il suo “As we may think” sono il punto di partenza per gli studi universitari relativi al modo in cui concepiamo il digitale e il Web, ma è solo con Tim Berners-Lee che la visione di Vannevar Bush ha trovato compimento: in un’altra era, con altri strumenti, con un quadro della situazione più definito e completo. L’innovazione siede sempre sulle spalle dei giganti.