D’accordo, l’intrattenimento in 3D è qui, ma chi lo vuole ? Le immagini stereoscopiche in tre dimensioni hanno potenzialità commerciali e arricchiscono l’esperienza videoludica, dice il CEO di iD Software Todd Hollenshead, ma i problemi da risolvere sono ancora tanti e l’adozione di massa non è certo prevedibile per il futuro più immediato .
Il CEO dello storico sviluppatore texano (che negli anni ha realizzato Wolfenstein 3D, Doom e Quake tra gli altri) si unisce al crescente coro di critici della tridimensionalità applicata all’intrattenimento e ai videogiochi in particolare, sottolineando il fatto che la tecnologia del 3D non sia ancora alla portata di tutti.
Indossare occhialini per tutta la durata di un film è già “fastidioso”, dice Hollenshead, ma andare con le immagini “fuori fase” quando si muove la testa durante un’intensa sessione a uno sparatutto in prima persona è inaccettabile . Non bastasse questo, continua il manager, i contenuti in grado di giustificare la notevole spesa necessaria a comprare un televisore 3D sono ancora piuttosto radi.
Insomma, prima che il 3D prenda piede nel mercato videoludico occorrerà attendere ancora parecchio tempo, suggerisce Hollenshead, e lo stesso si può dire della distribuzione digitale dei videogiochi se il parere di Sony conta ancora qualcosa nel settore.
La corporation nipponica, già “scottata” dal mezzo buco nell’acqua della PSP Go (generale indifferenza del mercato e l’ ammissione del fallimento da parte della stessa società), prende posizione nella guerra dei numeri sul reale valore dei download digitali e le potenzialità del mercato di bit in confronto a quello dei prodotti su supporto fisico.
“Noi facciamo business in parti del mondo dove l’infrastruttura di Rete non è così robusta come si potrebbe sperare”, ha dichiarato il CEO e presidente di SCEI Kaz Hirai. Ragion per cui “ci sarà sempre la necessità per un azienda delle nostre dimensioni e portata di avere un medium fisico”.
Nemmeno da qui a 10 anni la PlayStation funzionerà al netto di un supporto ottico , continua Hirai, e questo senza considerare che la prospettiva di scaricarsi l’equivalente di un disco Blu-ray a singolo strato (25 Gigabyte di materiale) da Internet fa accapponare la pelle a molto di quelli che in teoria avrebbero accesso a un network telematico un po’ più “robusto” di quelli citati dal presidente di Sony nelle sue dichiarazioni pro-disco.
Alfonso Maruccia