4 milioni di firme sono state depositate al Parlamento Europeo per chiedere ancora una volta, un’ultima volta, che le autorità europee ripensino a quella che è stata l’approvazione dell’articolo 13 della riforma del copyright. Il movimento “Save the Internet” presenta il tutto non senza un tocco di velenosa ironia: “le istituzioni dell’Unione Europea a volte lamentano la mancanza di coinvolgimento della popolazione nelle questioni più complesse che riguardano Strasburgo e Bruxelles, quindi dobbiamo pensare che saranno liete di sapere che più di 4 milioni di cittadini hanno firmato una petizione contro l’articolo 13“.
Come a dire: per una volta che la cittadinanza si solleva in massa contro una direttiva, il Parlamento Europeo non dovrebbe avere l’ardire di far spallucce, ma dovrebbe anzi ascoltare e ripensare ad un intervento che rischia di minare alcuni capisaldi su cui la Rete – per come la conosciamo – è stata sviluppata negli anni.
In questa fase la riforma è in fase di discussione per far sì che i principi votati dal Parlamento possano essere tradotti nella realtà e recepiti dalle singole realtà statali facenti parte dell’UE. Tuttavia questa fase sembra essersi avvitata attorno ad alcune evidenti difficoltà già poste in evidenza da una approfondita analisi dei testi da parte di TechDirt che ha sottolineato le contraddizioni di concetti che, tra interventismi e garanzie, non sembra saper trovare il bandolo della matassa. Il diavolo è nei dettagli e dietro le porte chiuse del “trilogue” la cosa si starebbe facendo sempre più evidente: filtri che non lo sono, monitoraggio da imporre e da negare, comportamenti bipolari nei confronti di contenuti ad “alto valore” o a “basso valore” (senza definizioni ulteriori). Dai documenti sembra emergerne una sorta di vita impossibile per le piattaforme con contenuti user-generated, poiché solo impedendo a monte il caricamento di contenuti si può immaginare di poter proseguire le attività. YouTube è stata in tal senso chiara già da settimane: se l’articolo 13 diverrà realtà, l’intero modello economico di YouTube non potrà più reggere.
Cory Doctorow, a nome della Electronic Frontier Foundation, chiede pertanto ai tecnici di evitare un inutile accanimento terapeutico sull’articolo 13, poiché non è con colpi al cerchio e alla botte che si può raddrizzare una situazione per sua natura estremamente pericolosa per molti equilibri. La EEF chiede quindi un atto di coraggio ed una presa di coscienza: si salvi la direttiva che modernizza l’istituto del copyright affondando il contestato articolo 13. Si tagli il braccio per salvare il corpo: Vint Cerf e Tim Berners-Lee, va ricordato, sono tra i primi firmatari del documento oppositivo e l’Italia, fin dalla prima ora, è schierata contro l’articolo: il Governo Conte ha preannunciato di non voler adottare la direttiva quando il tutto sarà in discussione in sede nazionale.