Destano interesse le dichiarazioni di una celebrata icona dell’hip hop, 50 cent: dopo aver negato di essersi drogato in diretta TV , ha spezzato, in una intervista, una lancia a favore del P2P . “Ciò che è importante capire per l’industria musicale è che (il P2P, ndR) non dà alcun reale fastidio agli artisti”, ha detto Curtis James Jackson III.
50 Cent, riferisce TorrentFreak , è un artista di rilievo: ha venduto oltre 20 milioni di copie del suo ultimo album e ha una sua casa discografica, la G-Unit Records .
E come se la cava la sua etichetta nell’era del P2P? “Non troppo bene” – confessa – “La tecnologia avanza per tutti e ci dobbiamo adattare. Più di ogni altro l’hip hop, un genere musicale che sopravvive grazie all’ audience giovanile. Si tratta di una fascia di mercato che abbraccia le innovazioni molto più in fretta di quanto non faccia chi ascolta musica classica o jazz”.
50 cent, dunque, fa parte di quella larga schiera di artisti che, anziché contrapporsi al peer-to-peer, intende trovare una via per mantenere aperto il dialogo con i propri fan. E dichiara: “Un giovane fan ha le sue qualità di fan indipendentemente dal fatto che la musica la acquisti o la rubi”.
Un concetto certamente singolare, sul quale Curtis carica ancora: “I concerti sono strapieni e l’industria musicale deve capire che è necessario gestire un artista a 360 gradi. Deve, cioè, massimizzare i profitti tramite i concerti e il marketing che vi ruota intorno. È l’unico modo per guadagnarci”. E termina con un’altra frase-shock: “Il vero problema è che gli artisti non sono aiutati nel loro sviluppo come avveniva prima dell’avvento del file sharing . Ora imparano a spacciare suonerie , più che canzoni. L’industria non capisce il vero valore artistico di un pezzo”.
L’intera intervista è disponibile qui .
Marco Valerio Principato