L’intelligenza artificiale è sempre più onnipresente nelle nostre vite. C’è chi la ama e chi la teme, spesso influenzato dalle trame distopiche dei film di fantascienza (vedi Terminator o Io Robot). Ma la maggior parte delle paure legate all’AI un fondo di verità ce l’hanno eccome.
In molti e non a torto – si domandano se il loro lavoro prima o poi verrà sostituito dai robot (come quelli nei magazzini ad esempio) o dagli Agenti AI, capace di fare quasi tutto, tranne il caffè… Vuoi vedere che alla fine saremo noi a portargli il caffè?…
8 cose sull’intelligenza artificiale che non sono vere
Alcune preoccupazioni che riguardano l’AI, come anticipato, non sono del tutto infondate. Ma quanti di questi timori sono giustificati e quanti sono solo dei falsi miti? Ecco 8 credenze sull’intelligenza artificiale che non corrispondono alla realtà.
1. L’intelligenza artificiale è utile solo per i compiti creativi
Quando pensiamo all’AI generativa, la associamo subito a compiti creativi come generare un’immagine, scrivere racconti o comporre musica. Ma le sue applicazioni vanno ben oltre. In medicina, genera dati sintetici per addestrare i sistemi e aiuta a diagnosticare le malattie. In finanza, simula scenari di mercato per affinare le strategie di investimento. Insomma, l’intelligenza artificiale non è solo per i creativi.
2. 2. L’intelligenza artificiale sostituirà tutti i lavori
Quando c’è un’innovazione tecnologica, scatta la paura della disoccupazione di massa. Ma i sistemi AI si occupano di compiti specifici e limitati. La maggior parte dei lavori richiede un mix di competenze diverse. L’AI può automatizzare le attività ripetitive. In questo modo si ha più tempo per concentrarsi su quei compiti che invece richiedono pensiero critico ed empatia.
Certo, il mondo del lavoro cambierà. Si alzeranno gli standard di ingresso e cambieranno le responsabilità. Per fare un esempio, nel customer service, i chatbot gestiranno le richieste di base dei clienti, vale a dire: controllare lo stato di un ordine, guidare l’utente nella risoluzione di problemi comuni, ecc. Insomma, bisognerà imparare a usare gli strumenti AI per restare competitivi.
3. Gli strumenti di rilevamento dell’intelligenza artificiale non possono essere ingannati
Gli strumenti per rilevare se un testo è stato generato da un’intelligenza artificiale sono tutt’altro che perfetti. Inoltre, ci sono tecniche per umanizzare i contenuti generati dall’AI, che possono ridurre l’accuratezza degli strumenti di rilevamento.
Questi limiti derivano dal fatto che i cosiddetti AI checker usano modelli linguistici simili a quelli che cercano di identificare. Si basano su due metriche chiave: la prevedibilità (quanto è prevedibile un testo) e l’esplosività (quanto varia la struttura delle frasi). I testi generati dall’AI hanno spesso una bassa prevedibilità (sembrano fluidi ma sono troppo prevedibili, appunto) e una bassa esplosività (hanno un tono monotono). La scrittura umana, invece, è più creativa, è più varia e include qualche errore grammaticale e/o di battitura.
4. L’AI è solo per i super computer
Spesso si tende a pensare che l’intelligenza artificiale richieda computer potentissimi e infrastrutture in cloud, rendendola inadatta per i dispositivi di tutti i giorni. Ma i progressi nell’AI “on-device” stanno portando funzionalità avanzate anche sui nostri smartphone e tablet.
Aziende come Arm stanno guidando questo cambiamento, con CPU sempre più potenti ed efficienti per calcoli di AI. Le librerie Kleidi di Arm forniscono agli sviluppatori gli strumenti per creare soluzioni di intelligenza artificiale ottimizzate per l’esecuzione sui dispositivi. Prodotti come Google Gemini Nano e Apple Intelligence sfruttano queste innovazioni per portare l’AI nelle nostre tasche.
5. L’intelligenza artificiale è vicina a sviluppare una vera consapevolezza di sé
L’idea che l’AI sia prossima a sviluppare una consapevolezza paragonabile a quella umana è un tema molto caro alla fantascienza… Al momento è una speculazione priva di basi concrete. Le reti neurali e gli algoritmi di machine learning possono risolvere compiti specifici sempre meglio, ma non significa che comprendono realmente il mondo e che abbiano davvero una coscienza di sé.
Sviluppare una consapevolezza non solo richiede capacità cognitive avanzate, ma anche emozioni, desideri, sentimenti. Al momento l’AI è ancora un’intelligenza “ristretta”, capace di svolgere compiti specifici. Senza considerare che capire come nasce la coscienza nel cervello umano è una delle grandi sfide della scienza moderna. Perciò per ora, l’intelligenza artificiale rimane uno strumento, non un pari.
6. Il modo in cui l’intelligenza artificiale prende le decisioni è incomprensibile
Esistono due tipi principali di sistemi: l’AI a scatola nera (modelli black box) e l’AI a scatola bianca (modelli white-box). Con i sistemi a scatola nera è difficile capire come prendono le decisioni. Ad esempio, se un’AI nega un prestito, sarebbe utile capire il perché per poter fare ricorso. I ricercatori stanno creando tecniche per rendere l’AI a scatola nera più trasparente, ad esempio:
- Identificare le caratteristiche che influenzano i risultati;
- Spiegare le previsioni per input specifici;
- Estrarre regole comprensibili dai pattern appresi;
- Visualizzare i processi interni del modello.
7. Machine Learning e intelligenza, come dir si voglia
Intelligenza artificiale e machine learning sono termini usati spesso come sinonimi. In realtà sono concetti ben diversi. L’AI aspira a creare sistemi che imitano l’intelligenza umana (ragionamento, problem solving, elaborazione del linguaggio). Il machine learning sviluppa algoritmi che imparano dai dati per fare previsioni o prendere decisioni.
8. L’intelligenza artificiale ha dei pregiudizi
Secondo alcuni l’intelligenza artificiale sia intrinsecamente ingiusta, ma non è così. I pregiudizi nell’AI derivano dai dati usati per l’addestramento, è chiaro. Ad esempio, se uno strumento di selezione del personale impara da dati storici che contengono bias di genere o razziali, li replicherà nelle sue scelte. Ma non tutti i sistemi di AI sono prevenuti. E quelli che lo sono possono essere corretti, selezionando con cura i dati, implementando meccanismi per rilevare e correggere i bias. Usata bene, l’AI può ridurre i pregiudizi umani nelle decisioni.
L’AI è il futuro, che ci piaccia o no
L’intelligenza artificiale è il futuro, e non si scappa. Le grandi aziende stanno investendo grosse somme, ma anche paesi come la Cina stanno scommettendo su sistemi proprietari. La verità è che possiamo ignorare l’enorme potenziale dell’AI. Sta a noi imparare a conviverci e a sfruttarla al meglio, senza lasciare che ci sfugga di mano.