Roma – È vero, la delibera dell’Autorità TLC pensata per mettere un freno a 899 e dintorni era arrivata tardi , a grande distanza dalle prime segnalazioni di truffe ai danni degli utenti. Eppure quella delibera era difettata, colpiva anche operatori che abusi non ne hanno commessi, restringeva la libertà di operare in un libero mercato e soprattutto è stata emessa da un organo che non ne aveva competenza: è dando credito a queste motivazioni che il TAR del Lazio ha deciso di annullare la delibera .
Non deve sorprendere: il TAR aveva già bloccato la prima delibera in materia del Garante delle TLC, spingendo lo stesso Garante a varare un ulteriore provvedimento che aggirava i problemi emersi in quella sede, un provvedimento che però ha ora incontrato la scure dello stesso TAR. La ragione dell’annullamento è formale: Agcom non aveva secondo il TAR l’autorità di decidere il blocco, che è invece di competenza ministeriale.
In calce alla lunga sentenza con cui i magistrati amministrativi hanno ricostruito la storia della “contesa” tra i numerosi operatori del settore e le altrettanto numerosi consumatori si legge che il TAR “definitivamente pronunciando, in parte accoglie il ricorso principale, con conseguente annullamento della delibera n. 97/08/CONS, ed in parte lo dichiara inammissibile; accoglie i motivi aggiunti, con conseguente annullamento della delibera n. 348/08/Cons”.
Questo significa che il blocco automatico per le chiamate a numeri a sovrapprezzo verrà rimosso : in vigore dal primo ottobre, secondo gli operatori di settore ha già causato danni economici. Non la pensano così le associazioni del consumo che in queste ore stanno attaccando il provvedimento. A detta del Movimento difesa del Cittadino, ad esempio, la decisione del TAR significa che “continueranno le truffe a danno degli utenti”.
Sul piede di guerra anche l’ADOC, che parla di “decisione gravissima”. Secondo l’Associazione del consumo “la sentenza ha dell’incredibile. Intorno a questa giostra delle numerazioni a sovrapprezzo si sono generate ingenti truffe e bollette gonfiate all’insaputa del consumatore, anche per migliaia di euro. E rispetto a questi fatti gli operatori non si sono mai assunte le proprie responsabilità. Sono stati completamente vanificati gli sforzi delle Associazioni dei consumatori e dell’Agcom per tutelare l’utenza. Che adesso subirà danni incalcolabili, continueranno ad arrivare bollette con cifre astronomiche”.
E mentre dall’Autorità TLC si fa sapere informalmente che partirà al più presto un ricorso al Consiglio di Stato contro la decisione del TAR, ricorso che sarà sostenuto dalle associazioni dei consumatori, gli operatori telefonici rimangono in attesa di una comunicazione dell’autorità amministrative per “dare corpo” alla cancellazione del blocco automatico.
Di seguito, invece, il testo completo della sentenza del TAR. Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio – Sezione Terza Ter
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso n. 4785 del 2008 Reg. Gen. proposto da Greentel S.r.l., dal Comitato Operatori Servizi Telefonici e Telematici – COSTT, da eDreams S.r.l., da Punto S.r.l., da Dvbcom S.r.l., da Telemedico S.r.l., da Unitedcom S.r.l., ciascuna in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentate e difese dagli Avv.ti Domenico Siciliano e Giovanna De Santis, presso i quali sono elettivamente domiciliate in Roma, alla Via di San Sebastianello n. 9;
CONTRO
A.G.COM. – Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa ope legis dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici è pure legalmente domiciliata in Roma, alla Via dei Portoghesi n. 12;
e nei confronti
di Telegate Italia S.r.l.
e con l’intervento ad opponendum
– del Codacons e dell’Associazione degli Utenti per i diritti telefonici – A.U.S. TEL Onlus
– dell’Associazione Altroconsumo
– dell’Associazione Assoutenti
– dell’Associazione Confconsumatori
– dell’ Associazione Movimento Difesa del Cittadino
– dell’Associazione Codici
per l’annullamento
– della delibera A.G.COM. n. 97/08/CONS del 20/2/2008 (pubblicata nella G.U.R.I. del 17/3/08), avente ad oggetto “Nuovi termini di attuazione delle disposizioni di cui agli articoli 2, 3, 4 e 5 della delibera n. 418/07/CONS recante disposizioni in materia di trasparenza della bolletta telefonica, sbarramento selettivo di chiamata e tutela dell’utenza ed ulteriori norme a tutela dell’utenza”, nelle parti in cui: a) dispone l’attivazione automatica del blocco permanente di chiamata verso le numerazioni di cui all’allegato 1 alla delibera A.G.COM. n. 418/07/CONS del 2/8/07 a partire dal 30/6/08; b) dispone lo svolgimento di adempimenti informativi all’utenza preliminari all’applicazione del blocco permanente; c) dispone che gli utenti debbano comunicare la rinuncia all’applicazione del blocco permanente entro il 30/5/2008;
– della delibera A.G.COM. n. 201/08/CONS del 23/4/08, non pubblicata in G.U., avente ad oggetto “modifica del paniere di numerazioni di cui all’allegato 1 della delibera n. 418/07/CONS”;
– di qualsiasi altro atto presupposto, connesso e/o consequenziale.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’A.G.COM. e di Telegate Italia S.r.l.;
Visti gli atti di intervento ad opponendum indicati in epigrafe;
Visto il ricorso per motivi aggiunti;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore, alla pubblica udienza del 13/11/2008, il Cons. Stefano Fantini;
Uditi i difensori delle parti come da verbale di udienza;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.
FATTO
Con atto ritualmente notificato e depositato le ricorrenti impugnano le delibere in epigrafe meglio specificate, concernenti i cc.dd. “servizi a sovrapprezzo”, cioè “forniti attraverso reti di comunicazione elettronica, accessibili al pubblico, anche mediante l’uso di specifiche numerazioni, definite nel piano nazionale di numerazione, od a livello internazionale dagli appositi organismi, che consentono l’accesso degli utenti ad informazioni o prestazioni a pagamento”, secondo quanto recita l’art. 1, I comma, lett. i), del d.m. 2/3/2006, n. 145 (c.d. decreto Landolfi).
Si tratta delle numerazioni, rilasciate mediante provvedimento concessorio, avente per oggetto i diritti d’uso, comincianti con i prefissi 892, 899, 144 e 166, con le quali è possibile chiedere informazioni commerciali, acquistare un biglietto aereo o ferroviario, organizzare una vacanza, etc.
Gli operatori cui è assegnata la titolarità dei diritti d’uso delle numerazioni premium possono poi gestire direttamente la fornitura dei servizi al pubblico, ovvero cedere l’uso delle numerazioni a soggetti terzi, denominati “centri servizi”.
Il decreto Landolfi, che disciplina tale materia, prevede il c.d. “blocco selettivo di chiamata”, cioè la possibilità per l’utente di ottenere gratuitamente dal proprio operatore telefonico un codice personalizzato (PIN), attraverso il quale abilitare o disabilitare le chiamate verso numerazioni per servizi a sovrapprezzo (art. 19).
Nel vigore del predetto decreto n. 145/06 l’A.G.COM ha adottato la delibera n. 418/07/CONS del 7/8/2007, dettante disposizioni integrative in materia di trasparenza della bolletta telefonica e prevedente, per le chiamate dirette alle numerazioni premium, che gli operatori telefonici forniscano agli utenti sia il blocco selettivo introdotto dal decreto Landolfi, sia un blocco permanente delle chiamate, su scelta dell’utente.
Quindi, sia ai sensi del d.m. n. 145/06, che della delibera A.G.COM. n. 418/07/CONS qualsiasi limitazione delle chiamate verso numerazioni per servizi a sovrapprezzo presuppone un’esplicita richiesta dell’utente al fornitore del servizio telefonico, che ha l’obbligo di attivare il blocco richiesto (selettivo o permanente).
Con la delibera n. 97/08/CONS, oggetto del presente gravame, l’Autorità ha imposto agli operatori di telefonia fissa di attivare automaticamente agli utenti, a partire dal 30/6/2008, il blocco permanente delle chiamate dirette verso numerazioni per servizi a sovrapprezzo, misura in precedenza criticata dalla Commissione europea per la sua anticoncorrenzialità.
Gli operatori telefonici sono tenuti ad informare gli utenti dell’applicazione automatica del blocco permanente e del fatto che l’eventuale rinuncia all’applicazione di detto blocco dovrà essere espressa entro il 31/5/2008.
Deducono a sostegno del ricorso i seguenti motivi di diritto:
1) Violazione dell’art. 1, XXV comma, del d.l. n. 545/1996, convertito dalla legge n. 650/1996; nullità per incompetenza assoluta.
L’art. 1, XXV comma, del d.l. n. 545/96 attribuisce la potestà regolatoria sui servizi a sovrapprezzo al Ministero delle Comunicazioni, come confermato anche dal parere 26/8/2002, n. 2354 del Consiglio di Stato, che sottolinea il carattere di specialità della norma.
Di qui l’incompetenza assoluta in cui è incorsa l’Autorità nell’adozione delle delibere impugnate, per essere intervenuta in una materia che la legge ha sottratto alla sua competenza ed ha attribuito al Ministero delle Comunicazioni.
Del resto, con le delibere n. 97/08/CONS e n. 201/08/CONS l’A.G.COM. non si è limitata ad integrare le disposizioni ministeriali, ma ha adottato regole nuove e più restrittive rispetto a quelle del d.m. n. 145/2006.
2) Violazione degli artt. 11 e 12 del d.lgs. n. 259/2003; eccesso di potere per sviamento dal fine e contraddittorietà con precedenti provvedimenti.
Ai sensi degli artt. 11 e 12 del C.C.E. il Ministero e l’Autorità, qualora intendano adottare provvedimenti in applicazione del codice che abbiano un impatto rilevante sul mercato di riferimento, sono tenuti al rispetto di una serie di vincoli procedimentali che assicurano la tutela del diritto di partecipazione, la speditezza dell’istruttoria ed il contemperamento degli interessi coinvolti.
La proposta di provvedimento deve essere pubblicata sul sito dell’Autorità e nella G.U.R.I., in modo da consentire agli interessati di averne conoscenza e presentare le proprie osservazioni.
Tale procedura è derogata solo ai sensi dell’art. 12, VI comma, del C.C.E., e cioè allorché sussistano circostanze eccezionali di necessità ed urgenza, nel quale caso l’Autorità può adottare provvedimenti cautelari aventi effetto immediato, ma a tempo determinato.
Per il loro carattere di provvisorietà, i provvedimenti adottati dall’A.G.COM. per fronteggiare situazioni di gravità ed urgenza non possono rivestire il carattere della continuità e della stabilità degli effetti, eccedendo la finalità del momento ed andando a regolare stabilmente una situazione giuridica od un assetto di interessi.
Ciò è invece accaduto nel caso di specie, ove la delibera non è stata preceduta dallo svolgimento dell’ordinario iter procedimentale, che consente agli interessati il diritto di partecipazione, ma al contempo ha posto una misura definitiva, consistente nella disabilitazione automatica e definitiva delle chiamate verso numerazioni per servizi a sovrapprezzo.
3) Violazione della direttiva n. 2002/21/CE del 7/3/2002 (c.d. direttiva quadro), della direttiva n. 2002/22/CE in data 7/3/2002 (c.d. direttiva servizio universale); degli artt. 4 e 13 del d.lgs. n. 259/2003; violazione dei principi di non discriminazione e proporzionalità dell’azione amministrativa; eccesso di potere per sviamento dal fine.
In ogni caso le prescrizioni imposte dall’Autorità sono illegittime perché sproporzionate, illogiche e discriminatorie; dagli artt. 4 e 13 del C.C.E. si evince che la disciplina dei servizi e delle reti di comunicazione elettronica è volta a garantire, tra gli altri, il diritto costituzionalmente tutelato di libertà di iniziativa economica ed il suo esercizio in regime di concorrenza.
In tale prospettiva, appare indubbio come il provvedimento gravato abbia introdotto una misura con una forte valenza anticoncorrenziale, imponendo l’attivazione automatica del blocco permanente delle chiamate verso numerazioni premium.
Detta valenza anticoncorrenziale era già stata affermata dalla Commissione europea a proposito dello schema di decreto ministeriale relativo ai servizi Audiotex, che prevedeva l’applicazione di un blocco permanente automatico delle chiamate verso numerazioni per servizi a sovraprezzo, blocco che l’utente poteva rimuovere chiedendo al proprio fornitore di servizi telefonici l’attribuzione di un PIN.
Al riguardo, la Commissione europea ha affermato di non accettare il principio che tutte le linee Telecom rimangano disattivate a meno che l’abbonato le attivi con il proprio Pincode, in quanto ciò si tradurrebbe nell’introduzione di una barriera molto alta all’entrata nel mercato.
Ciò evidenzia altresì il difetto di proporzionalità e l’illogicità della misura adottata rispetto alle finalità perseguite, vale a dire mettere l’utente finale in condizione di controllare le chiamate dirette a numerazioni a sovrapprezzo, così da ridurre il rischio del verificarsi di fenomeni fraudolenti.
La misura appare altresì discriminatoria ed ingiustificata in quanto imposta solo nei confronti degli operatori di rete fissa, senza che ciò possa giustificarsi alla stregua delle dichiarate ragioni di gravità ed urgenza del provvedere.
4) Eccesso di potere per irragionevolezza manifesta, violazione del principio di proporzionalità, sviamento dal fine.
La delibera n. 97/08/CONS dispone che gli operatori di rete fissa devono informare con ogni adeguato mezzo gli utenti in ordine all’implementazione del blocco permanente alla data del 30/6/08 e che entro il 30/5/08 essi hanno la facoltà di chiedere di essere esclusi dall’applicazione del blocco stesso.
Appare evidente come il periodo intercorrente tra la data di pubblicazione della delibera A.G.COM. n. 97/08/CONS (11/3/08) e la data entro cui gli operatori doranno chiedere di essere esclusi dall’applicazione del blocco permanente (30/5/08) è oggettivamente insufficiente a rendere una piena informativa all’utenza circa l’introduzione del blocco stesso ed a consentire l’esercizio consapevole della facoltà di chiedere l’esclusione.
5) In subordine: violazione della direttiva n. 2002/21/CE del 7/3/2002, degli artt. 4 e 13 del d.lgs. n. 259/2003; violazione dei principi di non discriminazione e proporzionalità dell’azione amministrativa; eccesso di potere per sviamento dal fine, difetto di motivazione e di istruttoria.
Illegittima è la delibera n. 201/08/CONS che introduce deroghe all’applicazioe del blocco permanente per le numerazioni in codice 892, utilizzate per servizi di pubblica utilità, per informazione ed assistenza clienti e consumatori.
La scelta di escludere dal blocco permanente una o più numerazioni avrebbe dovuto essere basata su criteri oggettivi e trasparenti.
La denunciata disparità di trattamento appare chiara anche solo considerando la situazione della ricorrente eDreams, agenzia di viaggi on line leader in Sud Europa, che vede escluso dal blocco, del tutto immotivatamente, il numero 892040 di Volagratis, suo diretto concorrente; lo stesso dicasi per Seat Pagine Gialle concorrente di eDreams con il servizio Prontoviaggi.
Si sono costituite in giudizio l’A.G.COM. e Telegate Italia S.r.l. chiedendo genericamente la reiezione del ricorso, senza svolgere difese.
Sono intervenuti ad opponendum la CONFCONSUMATORI, il Codacons, Altroconsumo, Assoutenti, il Movimento difesa del cittadino, nonché l’associazione Codici.
Con ricorso per motivi aggiunti è poi stata impugnata la delibera A.G.COM. n. 348/08/CONS in data 19/6/08 con cui l’Autorità ha prefissato “nuovi termini per l’attivazione automatica del blocco permanente delle chiamate previsto dalla delibera 97/08/CONS”.
Con tale provvedimento, in particolare, l’Autorità, alla luce dell’ordinanza della Sezione 15/6/2008, n. 2968, di accoglimento della domanda cautelare proposta avverso la delibera oggetto del gravame principale, e motivata con riferimento anche “all’inadeguata informazione agli utenti sull’operatività del meccanismo del silenzio assenso” sin dal 31/5/08, ha rinviato all’1/10/2008 il termine per l’applicazione del blocco permanente ed al 30/9/2008 quello per la manifestazione da parte degli utenti di una volontà contraria all’applicazione di detto blocco alla propria utenza.
I motivi aggiunti reiterano sostanzialmente le censure già svolte con il ricorso principale, alla cui esposizione, per brevità, può farsi rinvio.
Giova peraltro precisare che con la terza censura viene, più specificamente, contestata la contraddittorietà ed il vizio motivazionale della delibera che, da una parte, ravvisa l’urgente necessità di stabilire un nuovo termine iniziale di efficacia della disciplina in materia di attivazione automatica del blocco selettivo, e, dall’altro lato, contraddittoriamente afferma che l’uso improprio della numerazione a sovrapprezzo presenta caratteri di estrema diffusione ormai da numerosi anni, privando così di giustificazione la necessità di adeguati provvedimenti temporanei cautelari.
La perplessità dell’azione amministrativa si evidenzia altresì nel riferimento, svolto nella delibera impugnata, all’audizione delle associazioni dei consumatori che sarebbe avvenuta, del tutto irritualmente, in sede ministeriale, in occasione della riunione del Consiglio Nazionale dei Consumatori ed Utenti (CNCU) in data 18/6/08, senza dunque attivazione di uno specifico procedimento da parte dell’A.G.COM., ove fosse effettivamente garantito il diritto di partecipazione anche delle odierne ricorrenti.
Con il quinto ed ultimo motivo aggiunto le ricorrenti censurano poi il provvedimento gravato per eccesso di potere, nella considerazione della persistente inadeguatezza, nonostante il prolungamento del termine, delle modalità di informativa alla clientela dell’implementazione del blocco permanente alla data dell’1/10/2008, per gli utenti che entro il precedente 30 settembre non abbiano chiesto di essere esclusi dall’applicazione del blocco stesso.
Si aggiunga ancora che appare ragionevole ritenere che gli operatori diversi da Telecom non siano pronti ad ottemperare alla delibera impugnata in ragione delle loro dimensioni e capacità organizzative, tanto è vero che alcuni di essi hanno preferito inibire unilateralmente ai propri clienti le chiamate verso numerazioni non geografiche prima dell’entrata in vigore del blocco, proprio allo scopo di evitare di dovere ottemperare alle onerose prescrizioni poste dall’A.G.COM.
All’udienza del 13/11/2008 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. – Occorre preliminarmente osservare che gli atti di intervento ad opponendum dell’associazione Confconsumatori, dell’associazione Movimento Difesa del Cittadino e dell’associazione Codici non risultano notificati alle parti costituite in giudizio, come prescritto dall’art. 22, II comma, della legge 6/12/1971, n. 1034, e sono dunque inammissibili.
L’intervento, poi, dell’associazione Assoutenti è stato notificato alla sola parte ricorrente, e non anche alle altre parti costituite, e dunque è anch’esso inammissibile (in termini Cons. Stato, Sez. IV, 7/10/1997, n. 1100; T.A.R. Calabria, Catanzaro, Sez. II, 30/3/2007, n. 282).
2. – Va poi disattesa l’eccezione, svolta dalle associazioni intervenienti, di inammissibilità, quanto meno parziale, del ricorso in ragione della mancata impugnativa della delibera n. 418/07/CONS, cui risalirebbe il “blocco” delle chiamate sovrapprezzo.
L’eccezione è infondata, e deve pertanto essere disattesa.
Occorre invero considerare come, ad un’attenta lettura della delibera n. 418/07/CONS, emerge che la medesima, in conformità del d.m. n. 145/06, prevede lo sbarramento selettivo di chiamata per i servizi a sovrapprezzo, che consente all’utente, previa richiesta al fornitore del servizio di comunicazione elettronica, di bloccare determinati tipi di chiamata in uscita, anche in via permanente (cfr. lett. l, m ed n dell’art. 1 dell’All. A), mentre la delibera n. 97/08/CONS introduce un differente meccanismo di silenzio – assenso, mediante il quale viene disposta l’attivazione automatica sulle utenze fisse dello sbarramento selettivo delle chiamate in uscita (salvo che sia intervenuta la comunicazione dell’utente di non volerne fruire).
3. – Egualmente infondata è l’eccezione di inammissibilità per carenza di interesse che sempre le associazioni intervenienti sollevano nell’assunto che le delibere impugnate producano effetti solo nei confronti dei gestori delle linee telefoniche, tra cui non sono annoverabili le società ricorrenti.
È sufficiente a questo riguardo ricordare come i diritti d’uso delle numerazioni premium possono essere gestiti dai titolari – concessionari, ovvero da soggetti terzi, denominati “centri servizi”, e qualificati dall’art. 1, lett. m), del d.m. 2/3/2006, n. 145, in termini di “persona fisica o giuridica che, con l’utilizzo di opportuni apparati, consente all’utente finale di accedere ad informazioni o prestazioni distribuite mediante le reti di comunicazione elettronica. Il centro servizi può operare direttamente come fornitore di informazioni o prestazioni o tramite soggetti diversi”.
A dimostrazione del loro interesse al ricorso giova aggiungere che le ricorrenti sono società operanti come centri servizi; ad esse si affianca il Comitato Operatori Servizi Telefonici e Telematici – COSST, soggetto portatore di interessi diffusi degli operatori del settore dei servizi su numerazioni a sovrapprezzo.
4. – Procedendo ora alla disamina del merito del ricorso, va ricordato che con il primo motivo viene dedotta la nullità per incompetenza assoluta, derivante dalla violazione dell’art. 1, XXV comma, del d.l. 23/10/1996, n. 545, convertito nella legge 23/12/1996, n. 650, delle delibere impugnate, nell’assunto che in materia di servizi a sovrapprezzo la potestà regolatoria spetti al Ministero delle Comunicazioni, e non all’A.G.COM.
La censura è fondata nei termini che seguono.
Occorre premettere come, effettivamente, la norma suindicata disponga che “il Ministero delle poste e telecomunicazioni… adotta, sentite le competenti Commissioni parlamentari, ai sensi della legge 23 agosto 1988, n. 400, un regolamento contenente norme riguardanti l’accesso ai servizi audiotex, videotex ed a quelli offerti su codici internazionali, prevedendo modalità di autoabilitazione e di autodisabilitazione da parte degli utenti e degli abbonati al servizio telefonico ed al servizio radiomobile di comunicazione”.
In attuazione della medesima è stato emanato il d.m. 2/3/2006, n. 145, regolamento recante la disciplina dei servizi a sovrapprezzo.
Si evince dunque, come è stato riconosciuto, in sede consultiva, da Cons. Stato, 26/8/2002, n. 2354, che ai sensi dell’art. 1, XXV comma, del d.l. n. 545/96, la competenza regolamentare in materia di accesso ai servizi audiotex, videotex ed a quelli offerti su codici internazionali spetta al Ministro delle Comunicazioni; né detta norma può ritenersi abrogata dallo ius superveniens (ed in particolare dall’art. 1, VI comma, lett. c, n. 2, della legge 31/7/1997, n. 249, che attribuisce al Consiglio dell’A.G.COM. il compito di garantire l’applicazione delle norme legislative sull’accesso ai mezzi ed alle infrastrutture di comunicazione, anche attraverso la predisposizione di specifici regolamenti, ovvero dall’art. 60, III comma, del d.lgs. 1/8/2003, n. 259, che si limita ad attribuire all’Autorità un potere di vigilanza sui costi del servizio universale e dei servizi aggiuntivi).
Il Consiglio di Stato, nel ricordato parere, ha evidenziato la specialità della materia dei servizi audiotex e videotex, cui sono connesse “prevalenti esigenze di tutela della persona e dei valori di rilievo sociale e culturale, e di prevenzione di danni e pregiudizi alla sicurezza ed alla convivenza civile”, tali da giustificare che la funzione regolatrice sia attribuita al potere politico, e dunque al Governo, invece che all’A.G.COM., portatrice, piuttosto, degli interessi “alla trasparenza, al pluralismo, ed alla garanzia della parità delle armi nei settori della informazione e dei mezzi di comunicazione”.
Quanto ora osservato non determina peraltro la nullità delle delibere gravate, presupponente la c.d. incompetenza assoluta, o, meglio, il difetto assoluto di attribuzione, secondo quanto recita l’art. 21 septies della legge 7/8/1990, n. 241, nel testo novellato dalla legge 11/2/2005, n. 15, che implicherebbe, tra l’altro, il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, ma una mera incompetenza relativa, in quanto sia il Ministero che l’A.G.COM. sono attributari di funzioni nel settore delle comunicazioni elettroniche, potendosi dunque escludere una completa estraneità dell’Autorità al potere che si è tradotto nel provvedimento adottato (così, ex multis, Cons. Stato, Sez. IV, 11/7/2001, n. 3898; T.A.R. Lazio, Sez. III ter, 1/8/2008, n. 7802).
Appare ravvisabile, oltre al profilo formale, anche un contenuto qualitativo o contenutistico del vizio di incompetenza, derivante dal fatto che le delibere dell’A.G.COM. impugnate, a differenza della precedente delibera n. 418/07/CONS, contengono disposizioni incompatibili (e dunque non integrative od esecutive) rispetto alla legge ed al d.m. n. 145/06, come risulta chiaro considerando che l’art. 19 del regolamento da ultimo citato prevede che “i fornitori di servizi di comunicazione elettronica offrono ai propri abbonati l’opzione del blocco selettivo di chiamata associata ai servizi a sovrapprezzo” attraverso il codice personalizzato (PIN), mentre le delibere oggetto di gravame stabiliscono o comunque presuppongono la disabilitazione automatica secondo il meccanismo del silenzio assenso, e dunque a prescindere da un’esplicita manifestazione di volontà dell’utente.
Per meglio percepire la differenza con il sistema introdotto dalla delibera n. 97/08/CONS, è utile chiarire che il “blocco selettivo di chiamata”, secondo quanto desumibile dall’art. 1, lett. m), del più volte citato d.m. n. 145/06, consiste nella “opzione che consente per le reti telefoniche pubbliche fisse di sbloccare, ovvero di bloccare, gratuitamente, in modalità controllata dall’utente, su base sia di singola chiamata sia di abilitazione – disabilitazione fino a nuovo ordine da parte dell’utente medesimo, attraverso un codice personalizzato (PIN Personal Identification Number) le chiamate verso le numerazioni associate ai servizi a sovrapprezzo”.
5. – Con il secondo mezzo viene dedotta la violazione degli artt. 11 e 12 del C.C.E. (di cui al d.lgs. 1/8/2003, n. 259) nella considerazione che la delibera n. 97/08/CONS, pur avendo un impatto rilevante sul mercato di riferimento, è stata adottata senza la prescritta procedura di consultazione, risultando inoltre priva del carattere della temporaneità che potrebbe giustificare l’emanazione di provvedimenti cautelari ed urgenti, in quanto determinante la disabilitazione automatica e definitiva delle chiamate verso numerazioni premium.
Anche tale censura appare meritevole di positiva valutazione, e va dunque accolta.
Si desume invero dal corredo motivazionale della deliberazione n. 97/08/CONS che la medesima è stata adottata per la necessità ed urgenza di mettere a disposizione dell’utenza residenziale un ulteriore intervento “per la realizzazione di un significativo livello di tutela dei consumatori nel settore”, anche “alla luce del recente ulteriore aumento dei fenomeni collegati all’uso improprio di talune numerazioni a sovrapprezzo, anche internazionale e satellitari”.
Peraltro, nella vicenda procedimentale in esame, non appare applicabile, per insussistenza dei presupposti, come allegato da Altroconsumo, la previsione dell’art. 12, VI comma, del C.C.E., che consente all’Autorità, in circostanze straordinarie di urgenza, per provvedimenti rientranti nell’ambito degli artt. 18, 19, 42, 45 o 66, di adottare misure temporanee cautelari.
Il problema giuridico che sembra dunque venire in rilievo non è tanto quello della temporaneità della delibera, cui avrebbe dovuto fare seguito l’adozione di un provvedimento all’esito di un procedimento ordinario, ma, più radicalmente, la possibilità stessa di emanare una delibera con impatto rilevante sul mercato di riferimento senza il rispetto del meccanismo di consultazione e trasparenza disciplinato dall’art. 11 del C.C.E.
Va anzitutto precisato che nell’ambito di applicazione della norma da ultimo citata rientra anche la delibera n. 97/08/CONS, secondo quanto inferibile dall’art. 1, I comma, della delibera n. 453/03/CONS del 23/12/03 (recante regolamento concernente la procedura di consultazione di cui all’art. 11 del d.lgs. 1/8/2003, n. 259), a norma del quale il meccanismo di consultazione di cui all’art. 11 si applica, tra l’altro, “nell’ambito degli altri procedimenti ove il responsabile del procedimento riscontri, in sede di avvio del procedimento, che la funzione di regolazione svolta dall’Autorità è destinata a tradursi in disposizioni di carattere normativo o a contenuto generale” (lett. b).
Posto dunque che si imponeva un formale procedimento di consultazione, non appare utilmente invocabile il generale potere cautelare desumibile dall’art. 7, II comma, della legge generale sul procedimento amministrativo, cui viene fatto un generale rinvio anche dall’art. 1 della medesima delibera n. 453/03/CONS dell’A.G.COM., in quanto comunque lo stesso non deroga all’instaurazione della partecipazione procedimentale, ma la differisce solamente.
Né persuade l’assunto difensivo del Codacons che, richiamando l’art. 21 octies della legge n. 241/90, osserva come le deliberazioni gravate non avrebbero potuto assumere differente contenuto anche se si fosse proceduto al prescritto dialogo con gli operatori del settore, stante la necessità di prevenire frodi a danno degli utenti.
Ed infatti, da un canto, la delibera impugnata non può certamente ritenersi provvedimento vincolato, e, d’altro canto, con riguardo alla seconda disposizione dell’art. 21 octies, II comma, concernente la mancata comunicazione dell’avvio del procedimento, appare assorbente la considerazione che l’Autorità non ha inteso dimostrare in giudizio l’ineluttabilità del provvedimento in concreto adottato, e neppure che vi sia stata preliminarmente un’adeguata consultazione pubblica.
Ne consegue l’illegittimità, anche sotto il profilo scrutinato, della delibera impugnata.
6. – L’accoglimento delle prime due censure, singolarmente considerate, e nel loro insieme, determina l’annullamento dell’impugnata delibera n. 97/08/CONS nella parte in cui introduce il blocco permanente di chiamata, consentendo al Collegio di esimersi dalla disamina degli ulteriori motivi, che possono conseguentemente essere dichiarati assorbiti.
7. – Deve poi, ed in via consequenziale, ritenersi inammissibile per carenza di interesse il quinto motivo di ricorso, esperito avverso la delibera n. 201/08/CONS, recante “modifica del paniere di numerazione di cui all’allegato 1 della delibera n. 418/07/CONS”, in via subordinata, e, più precisamente, per l’ipotesi in cui fosse ritenuta legittima l’introduzione del blocco permanente di chiamata.
8. – Ne consegue che il ricorso principale deve essere in parte accolto, con conseguente annullamento della delibera n. 97/08/CONS, ed in parte dichiarato inammissibile.
9. – Le considerazioni che precedono inducono altresì all’accoglimento dei motivi aggiunti proposti avverso la delibera A.G.COM. n. 348/08/CONS in data 19/6/08, recante “nuovi termini per l’attivazione automatica del blocco permanente delle chiamate previste dalla delibera 97/08/CONS”, intervenuta a seguito dell’ordinanza di sospensione cautelare, disposta dalla Sezione, della delibera n. 97/08/CONS nella parte in cui fissava al 31/5/08 l’operatività di tale meccanismo di silenzio assenso.
10. – In conclusione, alla stregua di quanto precede, previa declaratoria di inammissibilità dell’intervento ad opponendum dell’associazione Confconsumatori, dell’associazione Movimento Difesa del Cittadino, dell’associazione Codici e di Assoutenti, il ricorso principale deve essere in parte accolto, con conseguente annullamento della delibera A.G.COM. n. 97/08/CONS, ed in parte dichiarato inammissibile; per le stesse ragioni devono essere accolti i motivi aggiunti, con conseguente annullamento della delibera A.G.COM. n. 348/08/CONS.
Sussistono giusti motivi per disporre tra le parti la compensazione delle spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio – Sezione III Ter, definitivamente pronunciando, in parte accoglie il ricorso principale, con conseguente annullamento della delibera n. 97/08/CONS, ed in parte lo dichiara inammissibile; accoglie i motivi aggiunti, con conseguente annullamento della delibera n. 348/08/Cons.
Compensa tra le parti le spese di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nelle camere di consiglio del 13 e del 26 novembre 2008.