Roma – Scoperta una frode per oltre cinquanta milioni di euro ai danni di TIM . La mega-truffa è stata portata alla luce dall’operazione “SIM e ‘Napule”, con indagini condotte per 18 mesi da parte di Polizia Postale, Gruppo Anticrimine Tecnologico di Roma della Guardia di Finanza, Polizia Tributaria, Squadra Mobile e Questura di Firenze, che ha fatto emergere una serie di attività illecite che hanno consentito l’attivazione abusiva di 35mila schede telefoniche false.
Nella mattinata di ieri sono state arrestate cinque persone in flagranza di reato, ma le indagini hanno portato anche – come si legge in una nota diffusa ieri dal GAT – “al fermo di 6 persone e alla denuncia di altre 29, nonché al sequestro di 45 aziende di servizi nel settore delle telecomunicazioni, al blocco di circa 70 conti correnti bancari per l’equivalente di complessivi 50 milioni di euro, all’individuazione di 10 società all’estero”.
L’indagine ha portato le forze dell’ordine a perquisire, su tutto il territorio nazionale, le sedi di 120 società legate a servizi telefonici a sovrapprezzo con numerazioni 899 e 166. “La truffa multimilionaria – ha spiegato ieri la Procura di Napoli – si basava su migliaia di ricariche telefoniche fraudolente, poi scaricate con chiamate a numeri 899 creati ad hoc per monetizzare il traffico sottratto illegalmente alla società di telecomunicazioni TIM”. I proventi dell’attività venivano poi veicolati su conti correnti di istituti bancari esteri.
“Coordinati dal Comando delle Unità Speciali – spiega ancora il GAT – gli 007 informatici delle Fiamme Gialle hanno vivisezionato chilometri e chilometri di tabulati, incrociato dati e informazioni eterogenee comunque utili, acquisendo – con l’ausilio dei colleghi dello SCICO, Servizio Centrale Investigazioni Criminalità Organizzata – prove filmate delle attività criminali poste in essere da personale addetto alle pulizie negli stabili del Centro Direzionale di Napoli”.
Eterogeneo il novero dei capi d’accusa, tra cui spiccano associazione per delinquere, introduzione abusiva nel sistema telematico di Telecom e truffa informatica ai danni dell’operatore, “aggravati dalla circostanza di favorire l’associazione per delinquere di stampo camorristico”: l’attività fraudolenta era condotta da un’organizzazione composta da alcuni dipendenti dell’impresa di pulizie utilizzata dagli uffici napoletani di Telecom, legati ad alcuni esponenti della camorra appartenenti al “clan Contini”.
Proprio dopo aver appurato il perpetrarsi della truffa, TIM aveva informato via SMS i propri utenti, invitandoli a diffidare di eventuali messaggi truffaldini contenenti l’allettante prospettiva di far lievitare il credito disponibile con una chiamata diretta ad una numerazione telefonica a sovrapprezzo, facendo leva sulla “sete di ricarica” di molti utenti.
Sempre più oggetto di attenzione per via di utilizzi estremamente disinvolti da parte di aziende e operatori telefonici, nel tempo gli 899 e le altre numerazioni a sovrapprezzo si sono guadagnati una pessima reputazione, essendo spesso e volentieri legati a business condotti da organizzazioni che si sono rivelate al di fuori dei confini del lecito. Sarà sufficiente l’introduzione del servizio di disabilitazione permanente ad arginare il fenomeno?
Dario Bonacina