Roma – “La gravità e la profondità della piaga rappresentata dalla pirateria sono, tra l’altro, dimostrate anche dal recentissimo impegno preso formalmente dalla Cina di intensificare la repressione di questa attività illecita e l’educazione alla tutela del diritto d’autore”.
Queste sono le parole pronunciate, secondo le agenzie di stampa, da Walter Vacchino, presidente di ANEC, l’Associazione nazionale esercenti cinema. Parole che sono state proferite per sostenere la necessità di non modificare al Senato il provvedimento di conversione in legge del decreto Urbani. Una qualsiasi modifica, infatti, costringerebbe a riportare il testo alla Camera e il rischio che vengano superati i 60 giorni consentiti per la conversione diventerebbe elevatissimo.
A leggerle, però, mi si è, sorry, accapponata la pelle.
Se è successo, è perché non me le aspettavo. Quelle parole, infatti, arrivano dopo una sensata ancorché non condivisibile tirata di Vacchino sul decreto Urbani e sul fatto che se fallisse la sua conversione, gli stanziamenti per il cinema decadrebbero con pesanti conseguenze a cascata su tutto il settore del quale gli operatori ANEC sono certo tasselli fondamentali.
Poco importa che Vacchino non tenga conto del peccato originale che rende il DL Urbani un obbrobrio normativo: se si sono voluti cucire insieme i finanziamenti al cinema e la lotta alla pirateria il problema e la colpa non sono certo degli utenti internet che, secondo il testo licenziato dalla Camera, rischiano il carcere per il solo fatto di aver qualche software installato sul proprio computer. No, poco importa, perché le posizioni di Vacchino sono le stesse di tanti altri dell’industria a cui siamo abituati.
Quello che importa è che un personaggio del calibro di Vacchino ritenga che la “gravità e la profondità della piaga”, ossia della pirateria, sarebbero “dimostrate” dall’impegno cinese contro la stessa. La Cina, paese nel quale la rete è posta sotto sorveglianza, gli utenti sono schedati, gli internet café operano sotto una cappa di terrore, paese in cui i blogger vengono arrestati e i dirigenti dell’hi-tech vivono tra incudine e martello, ecco la Cina dovrebbe ora assurgere a paese modello le cui azioni dovrebbero in un qualche modo giustificare quanto avviene qui da noi.
Spero proprio che ciò non avvenga mai.
E’ vero, abbiamo Urbani, abbiamo il suo decreto.
Credo che ci possa bastare.
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