Roma – La prima volta che si sentì parlare di Accessibilità e Olimpiadi non fu per segnalare una vittoria e un esperienza esemplare, ma per evidenziare come il sito di un evento internazionale e prestigioso come quello dei Giochi Olimpici fosse di fatto non accessibile. Era la primavera del 2000 quando furono inaugurati i giochi olimpici di Sydney, in Australia, e quando Bruce McGuire, un non vedente australiano, per primo denunciò il sito ufficiale dei Giochi Olimpici che era di fatto non accessibile e non permetteva a un non vedente come lui di essere aggiornato sugli eventi sportivi in corso.
Come tutti, anche il signor Bruce McGuire ha delle passioni ed una di queste, molto condivisa per altro, è lo sport.
Cosi, forte della recente legge australiana che richiedeva ai siti Web di essere accessibili e conformi alle “Web Content Accessibility Guidelines 1.0”, Bruce McGuire fece causa alla Commissione Olimpica richiedendo che il sito rispettasse la nuova legge, ribadendo il proprio diritto all’informazione, tanto più se di un evento della portata e dell’importanza internazionale come le Olimpiadi.
L’imbarazzo della Commissione Olimpica non bastò, i tempi per il rifacimento completo del sito non erano sufficienti quando Bruce McGuire iniziò la propria battaglia per l’accessibilità del sito dei Giochi.
Bruce McGuire però vinse la causa e si sperò, allora, che la Commissione dei Giochi Olimpici avesse imparato la lezione, che avesse appreso che fra le milioni di persone che quotidianamente cliccano sul sito ufficiale e si informano sull’evento olimpico ci sono anche utenti e appassionati disabili. E tanti. Persone che grazie alle nuove tecnologie hanno indipendenza, hanno la facoltà di aggiornarsi, seguire le proprie passioni, coltivare interessi, approfondire argomenti di attualità e prendere parte al fluire degli eventi, anche dei Giochi Olimpici.
Ma non fu proprio cosi.
Quando nel 2002 venne inaugurato il sito dei giochi olimpici invernali di Salt Lake City (USA) il sito era ancora lontano dal completo rispetto delle WCAG 1.0, anzi, della Section 508 americana, emendamento del Rehabilitation Act del 1973 introdotto, cosi come lo conosciamo oggi, nell’Agosto del 1998 e divenuto legge il 21 dicembre 2000.
Il sito dei giochi invernali di Salt Lake City era ricco di Javascript e animazioni ad effetto, tanto ad effetto da avere come effetto collaterale l’esclusione dei milioni di disabili che avrebbero desiderato poter cliccare sul sito, conoscere i risultati o i calendari degli eventi sportivi. Neppure questo sito dei Giochi Olimpici fu accessibile.
Oggi, siamo alla vigilia delle Olimpiadi di Atene, che si apriranno ufficialmente il 13 agosto prossimo.
Sebbene l’Unione Europea fin dall’introduzione del Piano d’Azione eEurope 2002 abbia cercato di promuovere fattivamente l’Accessibilità come fondamento costituente di una Società basata sulla Conoscenza e sull’Informazione, la Grecia di fatto non ha ancora approvato una legislazione in merito.
Lo sforzo greco è limitato ad una modifica apportata nel 2001 all’articolo 5/A della Costituzione in cui viene sancito il dovere dello Stato di rendere accessibili le informazioni a tutti i cittadini. Nella Costituzione ellenica si legge infatti che “Ogni cittadino ha il diritto di partecipare alla Società dell’Informazione” , lo Stato ha quindi l’obbligo di facilitare l’accesso alle informazioni digitali.
Un passo certo importante, ma non sufficiente per una diffusione della nuova cultura dell’accessibilità.
Cosi il sito delle Olimpiadi 2004 ancora una volta non può vantare una perfetta conformità alle Raccomandazioni del W3C. La presenza di un’impaginazione sviluppata grazie a tabelle annidate e la presenza di qualche script sparso sulle pagine qui e là sono criticità che ancora possono creare qualche difficoltà. Ma qualcosa è stato fatto e per alcuni aspetti quello dei Giochi olimpici di Atene, ad oggi, è il risultato più promettente.
Che alla base della progettazione e della realizzazione del sito ci sia stata una conoscenza delle “Web Content Accessibility Guidelines 1.0” lo dimostra l’uso corretto, non solo tecnicamente ma anche semanticamente, degli attributi ALT che permettono di fornire contenuto alternativo alle immagini per coloro che non possono, o non vogliono, vederle.
Il codice HTML del sito è particolarmente curato, supera senza problemi la validazione automatica del W3C, passo fondamentale per lavorare nella direzione dell’accessibilità, e contiene le basi per un progetto futuro migliore e completamente conforme alle WCAG 1.0.
Ma non avendo la Grecia una legislazione mirata su questi aspetti, e non essendoci una direttiva europea specifica, l’esperienza ellenica è destinata a passare un po’ inosservata.
Forse qualcuno si lamenterà, altri sbufferanno cercando di capire a che ora potranno assistere alla gara di uno o dell’altro sport, altri abbandoneranno il sito senza essere riusciti a scoprire come sia finita l’ultima partita… Ma oltre a lamentarsi e cambiare sito, stavolta non ci sono possibilità di creare il rumore che ha suscitato 4 anni fa Bruce McGuire.
Nel 2004 va così. Ma non potrà andare cosi nel 2006, quando le Olimpiadi invernali arriveranno a Torino, in Italia, dove è stata approvata definitivamente il 9 gennaio 2004 la legge 4/2004 che esige l’accessibilità per i siti Web pubblici.
La legge 4/2004 servirà, si spera, da promemoria alla Commissione Olimpica che dovrà in questi anni sviluppare e progettare il nuovo sito con l’obiettivo, ambizioso ma concreto e realizzabile, di creare il primo sito dei Giochi Olimpici accessibile, dimostrando che gli errori di Sydney, Salt Lake City e le basi gettate da Atene sono state preziose lezioni da cui l’Italia ha saputo trarre i giusti insegnamenti.
E la gara per la realizzazione del primo sito accessibile dei Giochi Olimpici è una sfida, culturale e civica, ancora più affascinante e stimolante delle competizioni sportive.
Ce la farà l’Italia a vincere questa sfida?
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