Quanto è cambiato (e sta cambiando) il nostro modo di interagire e comunicare? Spoiler: tanto. Ne abbiamo scritto su queste pagine in più occasioni, focalizzando l’attenzione sulle dinamiche innescate dall’esplosione del fenomeno social e di come le app (alcune in particolare) siano diventate senza quasi che ce ne accorgessimo il centro nevralgico del nostro rapporto con gli altri, complice anche una diffusione ormai globale di strumenti e dispositivi mobile.
Sei su Instagram?
Facciamo riferimento a un articolo pubblicato su The Atlantic per portare alla luce un fenomeno che riguarda una piattaforma in particolare, Instagram. Nata meno di un decennio fa per la sola condivisione delle immagini, oggi ha enormemente esteso il proprio raggio d’azione e in molti la stanno usando per rimanere in contatto con le nuove conoscenze. Anche in ambito professionale. C’è chi scambia gli account anziché i biglietti da visita o i numeri di telefono. Dopotutto, funzionalità come Nametag sono state introdotte proprio a tale scopo, ancor prima che per gonfiare il contatore dei follower.
Questo semplifica, ad esempio, la scrittura del primo messaggio per rompere il ghiaccio, magari da inviare direttamente tramite la messaggistica integrata di Direct: un’occhiata ai contenuti condivisi o all’elenco dei profili seguiti fornisce qualche informazione di base su cosa scrivere e su cosa invece omettere. Un dettaglio non di poco conto, nell’era post-SMS. Dopotutto, con oltre un miliardo di utenti attivi su base mensile nel mondo, è probabile che chi ci troviamo di fronte sia iscritto a Instagram.
Abbiamo dunque trovato un modo efficace per lasciarci alle spalle i biglietti da visita da tenere nel portafogli e l’esigenza di dettare il nostro numero di telefono? Ni.
Non ho l’età (per taggarti)
Ponendo l’accento in particolare sull’ambito professionale, dove secondo The Atlantic e le fonti citate si sta assistendo a una crescita del fenomeno, le alternative di certo non mancano. Ci sono piattaforme come LinkedIn nate proprio a tale scopo, per far leva sulle potenzialità delle reti social e applicarne le dinamiche a chi opera in territorio business. La user base in questo caso è però ben più contenuta, la metà circa (579 milioni a fine febbraio). Il servizio offre poi, per la sua stessa natura, meno informazioni sulla personalità e sulle preferenze del contatto.
Bisogna inoltre fare i conti con la variabile età: oltre il 50% degli iscritti a Instagram rientra nel range 18-34 anni. Il fatto che la fascia più adulta sia meno propensa a entrare in contatto con collaboratori o clienti tramite il servizio ne è una logica conseguenza.
Altro dato da non sottovalutare è che delegando a Instagram e alle sue funzionalità (Direct in primis) la gestione unica delle proprie comunicazioni si accetta di sottostare alle regole che la piattaforma ha stabilito o stabilirà in futuro. Una su tutte, la prospettiva di unificare il sistema di messaggistica con quello di WhatsApp e Facebook, resa possibile dal fatto che i tre servizi fanno tutti capo all’impero imprenditoriale di Mark Zuckerberg.
Lunga vita ai biglietti da visita
Non ce la sentiamo di abbracciare l’entusiasmo di chi intravede in Instagram o nei suoi equivalenti il potenziale di una rivoluzione (anche) da questo punto di vista. L’impressione è che ancora per molto tempo avremo a che fare con numeri di telefono e/o biglietti da visita, magari questi ultimi oggetto di una smaterializzazione che li renderà sempre più un mucchio di byte e sempre meno una tessera cartacea da mettere in tasca. Abbiamo già iniziato a farlo, con accorgimenti come un codice QR posizionato in un angolino del biglietto per l’acquisizione rapida delle informazioni di contatto.
Quel che realmente sta cambiando è il modo di concepire e intendere gli strumenti di cui disponiamo per comunicare con gli altri. Se un tempo l’unico canale offerto era costituito dal telefono o dall’indirizzo email, oggi possiamo percorrere altre strade e all’una o all’altra attribuiamo una valenza differente. Ci dobbiamo ritenere meno esposti dando a qualcuno il nostro numero, magari lo stesso che utilizziamo come credenziale dei servizi online per l’autenticazione a due fattori, oppure chiedendogli di contattarci su una piattaforma dove pubblichiamo selfie e foto delle vacanze? La domanda da porsi è di nuovo la stessa: quanto siamo disposti a concedere nel nome della comodità?