Dopo un lungo percorso discendente fatto di scandali , fallimentari sortite nei tribunali e moniti da parte dei giudici britannici, ACS:Law sembra aver finalmente toccato il fondo al punto da non volere più risalire in superficie. Andrew Crossley, fondatore dello studio legale che ha ripreso il lavoro antipirateria precedentemente avviato da Davenport Lyons , fa dire per interposta persona che vuole abbandonare il “business” delle lettere di compensazione monetaria e le cause in tribunale contro gli utenti del file sharing.
In una dichiarazione letta in aula dall’avvocato di MediaCAT Tim Ludbrook, Crossley conferma di aver smesso di lavorare sui casi di antipirateria dopo che questi – o per meno dire le loro dirette conseguenze – sono debordati fino a coinvolgere in maniera diretta la sua vita personale.
“Ho smesso di lavorare”, dice Crossley, perché “ho subito un attacco criminale. Le mie email sono state violate. Ho subito minacce di morte e di attentati”. L’avvocato britannico, attualmente sotto indagine da parte della Solicitors Regulation Authority , nega poi le accuse del giudice sulla scarsa volontà di ACS:Law di portare fino in fondo le proprie iniziative giudiziarie.
“È sempre stata mia intenzione contestare i reati in tribunale – dice ancora Crossley – e non fosse per il fatto che ho concluso il mio lavoro, il mio obiettivo era battagliare energicamente davanti alla corte in questi 27 casi”.
Sia come sia, a conferma del fatto che la triste storia dell’antipirateria rapace di ACS:Law dovrebbe essere finita per sempre, arriva anche il cambiamento di “status” da parte della “società dormiente” GCB. David Fisher, proprietario della società in oggetto, aveva “prestato” l’asset ad Andrew Crossley per aiutarlo con la stesura e l’invio delle lettere minatorie riparatorie, ma ora un messaggio registrato sulla segreteria telefonica afferma che “CGB non è più interessata alla questione indicata nella lettera” e chiunque ne avesse ricevuta una è invitato a non tenerne più conto .
Alfonso Maruccia