L’ennesimo attacco al famigerato Anti-Counterfeiting Trade Agreement (ACTA), è stato sferrato dal congressman repubblicano Darrell Issa sul sito Keepthewebopen . La minaccia tesa dal trattato globale anti-contraffazione sarebbe pari a quella introdotta negli Stati Uniti dai disegni di legge SOPA e PIPA. La natura libera di Internet oscurata da un accordo ratificato senza trasparenza e soprattutto senza aver contemplato i cittadini digitali .
“Il trattato è stato negoziato in segreto – ha esordito Issa – con misure vaghe che andranno certamente ad accrescere l’incertezza economica. Imponendo regole onerose a coloro che creano posti di lavoro, ai provider di Internet, agli innovatori, ai singoli cittadini degli Stati Uniti”. Proprio per aumentare il livello di consapevolezza pubblica, Issa ha pubblicato sul suo sito il testo integrale del trattato anti-contraffazione.
Opinioni, suggerimenti, proposte per modificare in maniera significativa l’attuale versione di ACTA. Issa vorrebbe alimentare il dibattito pubblico, come successo in Europa . In un video apparso su YouTube, il ministro del Commercio danese – insieme al boss della collecting society locale Ivan Pedersen – è intervenuto per scusarsi pubblicamente sui numeri snocciolati in difesa di ACTA.
In precedenza, il governo danese aveva ripreso i dati dell’industria locale, evidenziando un livello mostruoso nello scaricamento illecito di musica. Oltre il 95 per cento del totale dei download sonici sarebbe risultato in violazione del copyright . In realtà, una percentuale relativa all’intero globo, per di più risalente ad un report di IFPI di tre anni prima. Il tasso attuale sarebbe infatti minore del 50 per cento .
Dubbi, ripensamenti, inversioni di marcia. Il processo di ratificazione di ACTA da parte dei paesi europei resta sempre in bilico. Il ministro della Giustizia italiano Paola Severino si è unita alla posizione tedesca, sottolineando come il trattato abbia bisogno di “approfondimenti ulteriori per arrivare al giusto equilibrio tra protezione della privacy e responsabilità dei provider”.
“Occorre agganciare la responsabilità a elementi di rimproverabilità – ha spiegato Severino – Intervenire sic et simpliciter sull’individuazione dell’utilizzatore non sarebbe rispettoso dei temi della privacy. Si tratta di trovare un giusto equilibrio che ancora non è stato trovato”.
Mauro Vecchio