Alla prossima metà di aprile si terrà in gran segreto l’ottavo round della sfida tra detentori dei diritti e cattivoni della contraffazione globale. In Nuova Zelanda sarà una full immersion , cinque giorni per discutere di misure tecnologiche, frontiere e sanzioni di natura penale. Per i governi del mondo, ACTA s’ha da fare entro l’anno 2010 . Con buona pace delle continue richieste di trasparenza , in particolare dal Parlamento Europeo.
Trasparenza finora garantita solo grazie alla Rete, centro d’accoglienza primario di tutto ciò che è sfuggito alle strette maglie di ACTA, il famigerato trattato che dovrebbe estendere la tutela del copyright a livello globale. Brevi documenti, indiscrezioni, proposte a bocconi. Finora. L’ennesimo documento in formato elettronico ha fatto la sua apparizione online , ma questa volta si tratta di qualcosa di grosso. Della versione consolidata di ACTA secondo il testo della proposta Stati Uniti-Giappone, comprensiva di tutti i commenti delle altre parti, degli altri stati coinvolti nelle discussioni. Un documento di 56 pagine , pubblicato come digitalizzazione dei fogli originali dal sito di La Quadrature du Net , gruppo francese attivo nella difesa dei diritti digitali e delle libertà dei netizen.
Ampi stralci della proposta statunitense erano già stati pubblicati online il mese scorso , quando da Google Sites era fuoriuscita la posizione a stelle e strisce in materia di Internet e misure a tutela del copyright. Una posizione piuttosto rigida, che prevedeva una fondamentale responsabilità da parte dei fornitori di servizi oltre che misure più severe sull’aggiramento delle tecnologie anticopia.
Dunque, molti capitoli della versione consolidata di ACTA hanno confermato quanto già rivelato in precedenza. Ma una sezione ha colpito gli osservatori , relativa alle varie proposte degli stati coinvolti sul controllo ai confini di dispositivi elettronici come ad esempio gli iPod. Quattro proposte, per la precisione, a cominciare da quella dell’Unione Europea.
Secondo le autorità del Vecchio Continente, bisognerebbe lasciar fuori dal trattato il controllo del bagaglio personale del viaggiatore nel momento in cui quest’ultimo porti con sé beni di natura non commerciale o comunque entro i limiti del duty-free . Una versione diversa da quella espressa dai governi di Canada, Australia e Nuova Zelanda, che hanno proposto di escludere da ACTA quei beni protetti da trademark e copyright, sempre non di natura commerciale ed entro i limiti del duty-free .
Per il Giappone, tuttavia, questa proposta dovrebbe fare i conti con i numeri. Potrebbe essere cioè considerata l’ipotesi di un’esclusione di tali beni da ACTA, ma a patto che si aggiunga una postilla, che il viaggiatore porti con sé soltanto una quantità minima. Cioè una quantità strettamente legata all’uso personale , come ha poi aggiunto il governo statunitense.
Nel frattempo , il dibattito su ACTA ha proseguito il suo percorso in Commissione Europea. Nel corso di un incontro guidato dal negoziatore designato Luc Devigne, è stato ribadito che nel trattato anti-contraffazione non verrà inclusa alcuna predisposizione atta ad introdurre il cosiddetto regime dei three-stikes . Devigne ha quindi sottolineato come nessun governo coinvolto in ACTA abbia proposto principi di disconnessione a carico degli utenti.
Precisazione che ha tuttavia sollevato alcuni dubbi , soprattutto data la precedente proposta statunitense. Dubbi espressi anche dagli stessi responsabili di La Quadrature du Net , che in un post sul proprio sito ufficiale hanno parlato di alcuni rischi per l’intero meccanismo democratico globale. La problematica principale ha ruotato intorno a prodotti come i medicinali: Devigne avrebbe taciuto sulle differenze che potrebbero emergere tra prodotti fasulli e medicinali generici privi di licenza.
Mauro Vecchio