Ad annunciarlo è stato il Commissario europeo Karel De Gucht: il testo del famigerato Anti-Counterfeiting Trade Agreement (ACTA) verrà sottoposto al vaglio della Corte di Giustizia del Vecchio Continente. Spetterà dunque al più alto organo giudiziario d’Europa il compito di stabilire se il trattato globale anticontraffazione rischi di ledere – in qualsiasi maniera – i diritti fondamentali dei cittadini comunitari .
In particolare , la Corte di Giustizia europea dovrà capire se l’attuale versione di ACTA possa realmente limitare libertà cruciali come quella d’espressione o d’informazione . O se il trattato internazionale rischi di violare la privacy di milioni di netizen nei vari paesi dell’Unione, creando un bilanciamento zoppicante con il diritto alla protezione delle proprietà intellettuale e industriale.
Insomma, l’ennesimo segnale di stop alla definitiva ratificazione del trattato siglato dalla stessa Unione Europea a Tokyo. Le autorità di paesi come la Bulgaria e l’Olanda sono le ultime in ordine cronologico ad aver espresso non pochi dubbi sull’adozione di ACTA nelle singole infrastrutture legislative nazionali. La lista di nazioni che hanno fermato il processo interno di ratificazione è ora lunga.
Eppure, la Commissione Europea ha finora difeso il trattato con convinzione, sottolineando come ACTA garantisca la possibilità di perseguire la criminalità organizzata per il furto di proprietà intellettuale, reato che andrebbe a danneggiare l’innovazione e la concorrenza leale distruggendo posti di lavoro .
Come annunciato nei giorni scorsi: “ACTA non ha nulla a che vedere con il modo in cui utilizziamo Internet nella nostra vita quotidiana. Le persone possono continuare a utilizzare i social network come Twitter e Facebook proprio come prima, nulla cambia. I computer e i telefoni cellulari non saranno controllati o sorvegliati. ACTA non è il Grande Fratello”.
Lo stesso Commissario De Gucht ha ora parlato di una decisione unanime, ricordando proprio le divisioni interne al Vecchio Continente. De Gucht ha dunque ammesso di condividere i dubbi dell’opinione pubblica, in particolare per le possibili conseguenze di ACTA sui diritti fondamentali: “credo che mettere ACTA davanti alla Corte di Giustizia rappresenti un passaggio necessario”.
Parziale soddisfazione da parte dell’associazione Agorà Digitale: “È però necessario dire fin da subito che un responso positivo non potrà considerarsi un via libera al trattato i cui problemi principali sono politici. Si tratta di un testo ottenuto sotto la pressione delle multinazionali dei contenuti e senza un metodo democratico di coinvolgimento di tutti i soggetti e dei cittadini europei”.
Mauro Vecchio