Ad-blocker, la corsa agli armamenti

Ad-blocker, la corsa agli armamenti

L'impiego di misure anti-adblocking è più esteso di quanto inizialmente previsto, dicono i ricercatori, e la "corsa agli armamenti" con gli sviluppatori di tool anti-advertising non può che peggiorare in futuro
L'impiego di misure anti-adblocking è più esteso di quanto inizialmente previsto, dicono i ricercatori, e la "corsa agli armamenti" con gli sviluppatori di tool anti-advertising non può che peggiorare in futuro

Una nuova ricerca evidenzia la crescita delle misure anti-adblocker , una pratica la cui popolarità cresce in maniera direttamente proporzionale a quella dei tool pensati per bloccare la visualizzazione dei banner pubblicitari sui browser Web.

Se le stime precedenti parlavano di un sito web su cinque dotato di una qualche misura anti-adblocker, infatti, i numeri provenienti dalle nuove “analisi sul campo” identificano una pratica molto più estesa – e spesso dalle conseguenze non direttamente evidenti all’utente finale.

Prendendo in esame i 10.000 siti Web più popolari secondo la classifica Alexa, i ricercatori hanno identificato un 30,5% di portati impegnati a identificare e contrastare le misure anti-adblocker; per i primi 1.000 siti, invece, la percentuale sale fino al 38,2%.

Gli anti-antiblocker sono insomma “molto più pervasivi di quanto inizialmente riportato”, dicono i ricercatori, e una possibile spiegazione sarebbe rappresentata dal fatto che le aziende di rete sono “preoccupate” per la situazione ma non hanno ancora deciso di passare alle contromisure concrete nei confronti degli utenti degli adblocker.

Il rapporto, è bene sottolinearlo, analizza la situazione degli anti-adblocker dalla prospettiva di chi questo genere di misure le vuole contrastare: tra le misure indicate dagli esperti c’è la riscrittura dinamica degli script JavaScript per camuffare la presenza di un blocco, o l’identificazione degli elementi “esca” usati dagli anti-adblocker così da agire in maniera trasparente rispetto all’advertising reale.

Alfonso Maruccia

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Pubblicato il
3 gen 2018
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