Si sono inseriti nel mercato dell’advertising online come un elemento di disturbo, strumento che in mano agli utenti consente di schivare la pubblicità online più invasiva e minaccia che, imbracciata contro gli inserzionisti, permette di immaginare uno scenario dell’advertising online più rispettoso o nuovi business fondati sulle apprensioni di un mercato che vive di visibilità. Gli adblocker sono sempre più diffusi, su piattaforme desktop e anche su mobile, avverte il terzo report di PageFair, e per editori e inserzionisti è sempre più urgente trovare una soluzione.
Pagefair, che opera proprio a supporto degli editori e degli inserzionisti facendo un business dell’urgenza di difendere l’advertising dai sistemi di aggiramento, è naturalmente interessata a tracciare l’evolvere del mercato degli adblocker e a raffigurare la loro ascesa come una minaccia al business dell’advertising online: è in questa prospettiva che traduce lo scenario in denaro, denunciando come gli adblocker nel 2015 sappiano agire sui flussi pubblicitari per mancati guadagni pari a 21,8 miliardi di dollari , vale a dire il 14 per cento degli investimenti in advertising online su scala globale. Cifre che, stima PageFair, nel 2016 raggiungeranno i 41,4 miliardi di dollari.
L’analisi di PageFair spiega queste cifre illustrando la crescita dell’uso degli adblocker nel corso degli anni: alla fine del mese di giugno 2015 si calcola siano 198 milioni gli utenti unici al mese che si siano dotati di una delle principali estensioni adblocker per browser desktop , vale a dire il 6 per cento degli utenti Internet, per una crescita anno su anno pari al 41 per cento. La crescita nei paesi europei risulta pari al 35 per cento rispetto allo scorso anno, per un totale di 77 milioni di utenti, mentre negli States gli utenti che abbiano adottato dei servizi di adblocking sono aumentati del 48 per cento, a raggiungere i 45 milioni.
Il report prende poi in considerazione i browser in combinazione dei quali agiscono le soluzioni di adblocking. PageFair punta il dito principalmente contro Chrome, che conta una media di 126 milioni di utenti mensili che impieghino soluzioni per mettere a tacere la pubblicità, in crescita del 51 per cento dal 2014: l’azienda rileva l’attrito tra la facilità con cui il browser di Mountain View sia veicolo delle soluzioni per schivare l’advertising indesiderato e il business pubblicitario di Google, senza però ricordare come Google abbia preso provvedimenti e finanzi ad esempio le attività di Adblock Plus aderendo all’iniziativa Acceptable Ads e sfuggendo così ai filtri del servizio. Firefox si piazza in seconda posizione quale browser latore di filtri (48 milioni di utenti), in crescita più contenuta (+17 per cento) rispetto a Chrome ma soprattutto rispetto a Safari, il cui impiego di strumenti di adblocking cresce del 71 per cento dal 2014 al 2015 raggiungendo una media mensile di 9 milioni di utenti refrattari alla pubblicità.
Il nuovo scenario su cui si giocherà il confronto tra operatori dell’advertising e adblocker, sottolinea poi PageFair, è quello mobile . Per ora gli adblocker su piattaforme mobile rappresentano solo il 2 per cento dei filtri alla pubblicità online, ma AdBlock Plus ha annunciato la propria soluzione formato browser per Android e Apple sembra aver scelto di muoversi nella direzione di agevolare i filtri: secondo PageFair ciò basterà ad assestare una scossa al mercato, creando nuove preoccupazioni per gli editori e gli inserzionisti.
Si tratta di una prospettiva con la quale si trovano d’accordo i gestori di AdBlock Plus, sull’altro lato della barricata: con la prossima uscita dalla beta di Adblock Browser per Android e con il prossimo avvento di AdBlock Browser per iOS il mercato cambierà, a favore dei cittadini della Rete che non tollerano che l’advertising influenzi tempi di caricamento e durata della batteria e abusi dei loro dati personali. Eyeo, lo sviluppatore di AdBlock Plus, auspica che il mercato dell’advertising recepisca il messaggio, e adegui il proprio business in funzione dei consumatori (e di conseguenza delle proprie politiche fondate sulle whitelist a pagamento per i soggetti più importanti). Ma l’ascesa degli adblocker potrebbe configurare scenari differenti: sono numerose le aziende come PageFair ed altri attori che stanno costruendo un business sul contrasto dei filtri e che prevedibilmente guadagneranno nuovi clienti con il diffondersi delle soluzioni per schivare l’advertising. Anche sul fronte legale la situazione potrebbe evolvere: gli adblocker sono spesso giudicati leciti in quanto ancora incapaci di rappresentare una minaccia per il modello di business dell’advertising online, ma una diffusione di massa potrebbe finire per orientare la giustizia su posizioni meno tolleranti.
Gaia Bottà