Torino – La presentazione , da parte del Ministro delle Comunicazioni, dell’atteso bando per l’uso delle frequenze nella banda 3.4 – 3.6 GHz per la tecnologia WiMax ha suscitato il prevedibile interesse da parte di utenti e addetti ai lavori. Sulle informazioni rilasciate dal ministero, Anti Digital Divide ha formulato una propria analisi critica .
ADD evidenzia i punti salienti della procedura di assegnazione dei diritti d’uso delle frequenze:
– ogni aggiudicatario deve garantire, con particolare impegno nelle aree a digital divide , una significativa copertura territoriale, calcolata con un meccanismo a punti previsto dal disciplinare di gara e risultante dall’installazione di impianti nei Comuni dell’area interessata;
– i Comuni sono suddivisi in tre distinti elenchi. 30 dei 60 punti da raggiungere devono essere realizzati installando impianti nei Comuni a digital divide totale , raccolti in un apposito elenco allegato al Bando di Gara;
– trascorsi 30 mesi dal rilascio della licenza, gli aggiudicatari che non utilizzino completamente le frequenze assegnate sono tenuti a soddisfare, sulla base di negoziazione commerciale, le richieste di soggetti terzi che intendano accedere alle frequenze stesse.
“I primi due punti – spiega l’associazione – soddisfano e ricalcano le richieste che ADD aveva fatto pervenire all’ Autorità TLC tramite la consultazione pubblica “. Le richieste riguardavano la priorità per le zone digital divise e a bassa competitività, la suddivisione del territorio in 3 macro aree (distinte per competitività e entità della presenza dell’incumbent) e un rapporto di copertura 1 a 1 tra zone digital divise e zone già coperte. “La suddivisione dei comuni in 3 elenchi – prosegue l’analisi – potrebbe ricalcare in toto la richiesta di ADD e comunque la ricalca sicuramente per 2/3 visto che prevede che 30 dei 60 punti da raggiungere devono essere realizzati installando impianti nei Comuni a digital divide totale. Quindi si rispetta il rapporto 1 a 1 richiesto da ADD anche se non c’è il vincolo di coprire prima la zona digital divisa”.
“Il punto dolente – osserva però ADD – riguarda l’attesa di 30 mesi. Bisognerà chiarire se le garanzie previste nei primi due punti sono da intendere come obblighi e se le prime verifiche del rispetto di tale obblighi si avranno solo dopo 30 mesi. In questo caso la situazione sarebbe grave perché permetterebbe di congelare la copertura di una zona per troppo tempo”.
L’associazione auspica l’introduzione di verifiche e obblighi intermedi per contrastare questa prospettiva di immobilità tecnologica e sottolinea un altro aspetto critico: “Dopo 30 mesi le frequenze non utilizzate non verranno riassegnate ma si avranno delle negoziazioni commerciali e nel caso queste ricalcassero quelle per le normali ADSL, potrebbero esserci tempi biblici per raggiungere degli accordi e rendere disponibili le frequenze, considerando i conflitti che potrebbero sorgere tra i vari operatori”.
Un’ulteriore perplessità riguarda la frammentazione delle concessioni: ADD teme concretamente che “questo scarsissimo numero di licenze permetterà ai grandi operatori che già controllano il mercato delle TLC di monopolizzare anche il WiMax, con tutte le conseguenze negative del caso. Sarebbe stato necessario inserire almeno un’altra licenza regionale per operatori non UMTS per garantire un livello minimo accettabile di concorrenza, con una sola licenza c’è anche un eccessivo rischio che gli operatori possano mettere in atto dei cartelli sui prezzi”.
Anche sulla durata delle licenze, fissata in 15 anni (rinnovabili), ADD è critica. L’associazione aveva proposto una durata massima (rinnovabile) di 5 anni, con la possibilità che la perdita di una licenza consentisse l’inserimento di un nuovo operatore nel medesimo territorio: “Con una durata di 5 anni – spiega – l’operatore sarebbe incentivato a costruire più velocemente l’infrastruttura per sfruttarla economicamente e considerando che i costi per una infrastruttura WiMAX sono assolutamente inferiori, ad esempio, a quelli per l’UMTS, 5 anni sarebbero stati sufficienti”.
Nel rispetto del dichiarato principio di non discriminazione tecnologica, ADD auspica che sia inoltre possibile adottare anche lo standard 802.16e (WiMax mobile) e che si possano usare le frequenze per fare backhauling, ma osserva: “Non c’è alcun obbligo di wholesale, mentre ADD aveva richiesto questo obbligo almeno per Telecom, che è operatore dominante sia nella telefonia sia nella banda larga, ha il monopolio assoluto sull’ultimo miglio e il più alto numero di utenze nel mercato del mobile”.
“Totalmente ignorato – considera poi l’associazione – il tema open spectrum cioè la possibilità di poter destinare una parte delle frequenze necessarie alla tecnologia ad un uso libero. Questo è un aspetto molto grave, in quanto il tema free Wimax sta animando le discussioni di esperti, dell’Unione Europea e di 120 mila utenti che hanno firmato la petizione per un WiMax libero e almeno un accenno da parte del ministero sarebbe d’uopo”.
Dario Bonacina