Adobe legge dentro a chi legge

Adobe legge dentro a chi legge

La versione più recente del software Digital Editions raccoglie dati riguardo alle letture degli utenti e li trasmette ai server di Adobe. La software house ammette la mancata cifratura, ma non la violazione della privacy
La versione più recente del software Digital Editions raccoglie dati riguardo alle letture degli utenti e li trasmette ai server di Adobe. La software house ammette la mancata cifratura, ma non la violazione della privacy

Le letture di ciascuno sono espressione dei rispettivi interessi, possono rivelare preziose informazioni riguardo a poitenziali target di mercato e rappresentano delle premesse per inferire molti dettagli degli aspetti della vita di un individuo, anche strettamente personali: Adobe, con i software dedicati alla gestione e alla consultazione degli ebook, ha la chiave per accedere a questi dati sensibili, e non nasconde di volerla usare senza troppi scrupoli.

A far serpeggiare l’inquietudine dei lettori di ebook sono certe funzioni integrate nel software Adobe Digital Editions 4 . Lo ha dimostrato per primo Nate Hoffelder di The Digital Reader , lo ha confermato un’analisi indipendente di Ars Technica , nonché l’ esperienza di numerosi utenti del servizio e di esperti di sicurezza : Digital Editions, servizio per la lettura e la gestione degli ebook impiegato peraltro in numerose biblioteche per concedere in prestito testi digitali, raccoglie informazioni riguardo a tutti i documenti sfogliati dagli utenti e, secondo Hoffelder, riguardo a tutti i documenti stoccati sulle loro macchine, per poi comunicarli ai server di Adobe, pericolosamente in chiaro .

Le operazioni compiute dal software di Adobe sono inequivocabili: Digital Editions 4 raccoglie informazioni sui tempi e le modalità di lettura dei file EPUB, compreso il momento esatto in cui si volta pagina, e li associa a tutti i metadati relativi ai libri sfogliati con l’applicazione. Tutti questi dati e informazioni associati all’ID dell’utente vengono scambiati con i server di Adobe, adelogs.adobe.com , in chiaro: pronti per essere analizzati dalla software house e da potenziali soggetti del mercato volti a studiare le abitudini dei lettori, ma anche di facile accesso abusivo per qualunque soggetto, stato o mercato che sia, che intenda profilare un individuo nell’intimo delle sue letture .

Secondo quanto riferisce Hoffelder, il software si interesserebbe anche a tutti gli altri ebook che gli utenti conservano sul proprio dispositivo e che non sono stati associati a Digital Editions, e non risulta chiaro come Adobe conservi, tratti e analizzi questi dati.
A sgombrare il campo da alcuni dei dubbi è intervenuta la software house : i dati sarebbero raccolti nel solo intento di “convalidare le licenze e facilitare l’implementazione di diversi modelli di licensing da parte degli editori”. Adobe offre precisazioni anche riguardo al tipo di dati raccolti. Si agisce solo sugli ebook effettivamente sfogliati dagli utenti e non sui testi archiviati sul dispositivo, e si raccolgono dati riguardo all’uso che ne fa il lettore: tempi di lettura e percentuale di pagine lette sono utili all’editore che voglia approntare modelli di business e di sottoscrizione più profittevoli o più in sintonia con le abitudini dei lettori. Adobe raccoglie inoltre l’ID associato all’utente, al dispositivo e al certificato relativo all’applicazione, insieme all’indirizzo IP della macchina: sono informazioni utili a gestire i permessi di lettura e a vigilare su eventuali episodi di pirateria o di cracking .

L’utente, precisa Adobe, ha dato il proprio consenso allo svolgimento di queste operazioni aderendo al contratto di licenza per l’uso del software e alle policy relative alla privacy , in cui si avverte che “il software, senza alcuna notifica e ad intervalli regolari o irregolari, potrebbe fare in modo che il computer del cliente si connetta automaticamente a Internet per agevolare l’accesso a contenuti e servizi forniti da Adobe o da terze parti”.

La software house ha però ammesso un errore: la trasmissione di dati in chiaro espone l’utente a un rischio di intercettazione da parte di malintenzionati e sarà premura di Adobe provvedere ad un aggiornamento che tuteli la privacy del lettore.

Se l’azienda si è mobilitata per tentare di difendere la propria reputazione e contenere l’accendersi di aspre polemiche, come invece accaduto nel caso degli incidenti innescati dai sistemi DRM di Amazon e Nook , c’è chi però condanna senza possibilità di appello la politica adottata per Adobe Digital Editions, definita da EFF come il corrispettivo dello scandalo rootkit di cui Sony si è resa protagonista sul mercato dei CD e sul mercato dei dati personali degli utenti. Se il panorama dell’editoria digitale, in termini di privacy, non si presenta rassicurante , Stallman, già nel 2011, ammoniva i lettori : i libri cartacei non nascondono backdoor.

Gaia Bottà

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Pubblicato il
9 ott 2014
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