Le letture di ciascuno sono espressione dei rispettivi interessi, possono rivelare preziose informazioni riguardo a poitenziali target di mercato e rappresentano delle premesse per inferire molti dettagli degli aspetti della vita di un individuo, anche strettamente personali: Adobe, con i software dedicati alla gestione e alla consultazione degli ebook, ha la chiave per accedere a questi dati sensibili, e non nasconde di volerla usare senza troppi scrupoli.
A far serpeggiare l’inquietudine dei lettori di ebook sono certe funzioni integrate nel software Adobe Digital Editions 4 . Lo ha dimostrato per primo Nate Hoffelder di The Digital Reader , lo ha confermato un’analisi indipendente di Ars Technica , nonché l’ esperienza di numerosi utenti del servizio e di esperti di sicurezza : Digital Editions, servizio per la lettura e la gestione degli ebook impiegato peraltro in numerose biblioteche per concedere in prestito testi digitali, raccoglie informazioni riguardo a tutti i documenti sfogliati dagli utenti e, secondo Hoffelder, riguardo a tutti i documenti stoccati sulle loro macchine, per poi comunicarli ai server di Adobe, pericolosamente in chiaro .
I can confirm that AD4 (OSX) is sending reading data even for non-DRMed EPUBs. Can’t confirm it searching my drive. pic.twitter.com/5MaUYQWKOi
– Liza Daly (@liza) 7 Ottobre 2014
Le operazioni compiute dal software di Adobe sono inequivocabili: Digital Editions 4 raccoglie informazioni sui tempi e le modalità di lettura dei file EPUB, compreso il momento esatto in cui si volta pagina, e li associa a tutti i metadati relativi ai libri sfogliati con l’applicazione. Tutti questi dati e informazioni associati all’ID dell’utente vengono scambiati con i server di Adobe, adelogs.adobe.com , in chiaro: pronti per essere analizzati dalla software house e da potenziali soggetti del mercato volti a studiare le abitudini dei lettori, ma anche di facile accesso abusivo per qualunque soggetto, stato o mercato che sia, che intenda profilare un individuo nell’intimo delle sue letture .
Secondo quanto riferisce Hoffelder, il software si interesserebbe anche a tutti gli altri ebook che gli utenti conservano sul proprio dispositivo e che non sono stati associati a Digital Editions, e non risulta chiaro come Adobe conservi, tratti e analizzi questi dati.
A sgombrare il campo da alcuni dei dubbi è intervenuta la software house : i dati sarebbero raccolti nel solo intento di “convalidare le licenze e facilitare l’implementazione di diversi modelli di licensing da parte degli editori”. Adobe offre precisazioni anche riguardo al tipo di dati raccolti. Si agisce solo sugli ebook effettivamente sfogliati dagli utenti e non sui testi archiviati sul dispositivo, e si raccolgono dati riguardo all’uso che ne fa il lettore: tempi di lettura e percentuale di pagine lette sono utili all’editore che voglia approntare modelli di business e di sottoscrizione più profittevoli o più in sintonia con le abitudini dei lettori. Adobe raccoglie inoltre l’ID associato all’utente, al dispositivo e al certificato relativo all’applicazione, insieme all’indirizzo IP della macchina: sono informazioni utili a gestire i permessi di lettura e a vigilare su eventuali episodi di pirateria o di cracking .
L’utente, precisa Adobe, ha dato il proprio consenso allo svolgimento di queste operazioni aderendo al contratto di licenza per l’uso del software e alle policy relative alla privacy , in cui si avverte che “il software, senza alcuna notifica e ad intervalli regolari o irregolari, potrebbe fare in modo che il computer del cliente si connetta automaticamente a Internet per agevolare l’accesso a contenuti e servizi forniti da Adobe o da terze parti”.
La software house ha però ammesso un errore: la trasmissione di dati in chiaro espone l’utente a un rischio di intercettazione da parte di malintenzionati e sarà premura di Adobe provvedere ad un aggiornamento che tuteli la privacy del lettore.
Se l’azienda si è mobilitata per tentare di difendere la propria reputazione e contenere l’accendersi di aspre polemiche, come invece accaduto nel caso degli incidenti innescati dai sistemi DRM di Amazon e Nook , c’è chi però condanna senza possibilità di appello la politica adottata per Adobe Digital Editions, definita da EFF come il corrispettivo dello scandalo rootkit di cui Sony si è resa protagonista sul mercato dei CD e sul mercato dei dati personali degli utenti. Se il panorama dell’editoria digitale, in termini di privacy, non si presenta rassicurante , Stallman, già nel 2011, ammoniva i lettori : i libri cartacei non nascondono backdoor.
Gaia Bottà