Qualcosa è cambiato, se non tutto: il rapporto tra gli italiani e l’e-commerce ha subito una forte accelerazione nel corso del biennio della pandemia, forzando alcune dinamiche che probabilmente avrebbero avuto corso soltanto nel giro di un decennio. Il tutto è conseguenza di una convivenza forzata, la cui ricaduta è stata una mutazione delle abitudini, una maturazione rapida delle conoscenze e un incontro tra domanda ed offerta che altrimenti sarebbe probabilmente mai avvenuta. Una indagine Adobe su 9.565 clienti dell’area EMEA ha misurato la magnitudo di questo impatto dimostrando come indietro ormai non si tornerà sicuramente più: quel che è accaduto ha segnato in modo indelebile il rapporto tra utenti e negozi online, anche e soprattutto in Italia.
Il rapporto Adobe si sviluppa su nove punti fondamentali, attorno ai quali è possibile individuare le direttrici che hanno segnato questa rapida evoluzione e tutto ciò che accadrà negli anni a venire. Uno specchio interessante per i consumatori, una guida fondamentale per chi investe nella vendita online: il tempo dell’improvvisazione è ormai alle spalle e nessuno può più voltare alle spalle all’e-commerce se non per colpa o per sciatteria.
L’e-commerce, secondo Adobe
Dove c’è una sfida, però, si cela anche un’opportunità. I clienti di oggi si pongono nuove aspettative e hanno un interesse maggiore nei confronti dell’e‑commerce, oltre a una competenza superiore in materia digitale. I rivenditori capaci di stare al passo hanno quindi una nuova platea di clienti da conquistare e devono impegnarsi per consolidarne la fedeltà.
Dove c’è sfida c’è opportunità, ma quest’ultima può essere colta quanto competenza e conoscenza consentono di leggere le evidenze di mercato, sentire il polso del cliente e capire come procedere di conseguenza. Queste le principali indicazioni colte da Adobe nel proprio report, vera e propria fotografia dello stato dell’e-commerce in questa fase di uscita dalla pandemia per l’ingresso in una nuova stagione densa di interrogativi:
- Dispositivi diversi
I clienti ora preferiscono usare uno smartphone (78%) anziché un computer fisso o portatile (64%) per gli acquisti online - Sicurezza online
Negli ultimi 12 mesi, il 44% ha acquistato qualcosa online da un rivenditore che prima non conosceva - Competenza tecnologica
Il 70% gradirebbe un incremento della realtà virtuale all’interno degli shop online - Prezzi chiari
La facilità di individuare il prezzo è l’aspetto più apprezzato (63%) dei siti web - Esperienze personalizzate
Il 64% vorrebbe che i rivenditori personalizzassero le esperienze nei negozi fisici e online sulla base delle preferenze e delle abitudini online - Esperienza online
Secondo il 56% degli intervistati, le interazioni digitali con il rivenditore influiscono sull’esperienza generale più di quanto non avvenga in negozio - Micro-esperienze
Il 65% torna sul sito web più frequentemente di quanto non facesse 12 mesi fa prima di effettuare l’acquisto - Il valore innanzitutto
L’87% esprime particolare interesse ad avere maggiore controllo nella scelta di come e dove effettuare acquisti - Responsabilità ambientale
Il 58% si dice maggiormente propenso a cambiare o smettere di usare un determinato marchio, se fa o dice qualcosa che va contro i propri valori
Dispositivi diversi
Tra i driver principali dell’acquisto online vi sono alcuni elementi che tendono a spiegare molto bene la pulsione che può spingere a scegliere il canale digitale invece di quello in-store. Tre su tutti: la mancanza di tempo, la volontà di accedere ad una esperienza di shopping più semplice e la convinzione di aver a che fare con prodotti molto richiesti e poco reperibili. In tutti questi casi l’utente sceglie deliberatamente il canale online nella maggior parte dei casi, come vera e propria soluzione ad una necessità e conoscere questi driver è fondamentale per comprendere sia la natura della pulsione all’acquisto che la tipologia di cliente che approccia i prodotti attraverso differenti modalità.
Se nel 2020 il 45% degli utenti preferiva utilizzare un computer desktop invece che un’app (45% vs 36%) oggi la situazione appare ribaltata: nell’ultimo anno il 78% degli acquirenti ha usato uno smartphone per i propri acquisti, mentre la quota di quanti ha usato un portatile è pari al 64%. Cambia lo zoccolo duro, insomma, ed i nuovi acquirenti digitali si dividono tra app mobile (38%) e Web (30%), rendendo chiaro come investire in e-commerce significhi necessariamente sviluppare tanto il negozio su app quanto quello online.
L’utenza è dunque fortemente differenziata ma, al tempo stesso, ha imparato ad accedere agli acquisti in più modi e con più device: una popolazione più eterogenea e capace, con meno barriere all’ingresso e maggiori competenze da spendere nelle cruciali fasi di registrazione, login, scelta e pagamento.
Sicurezza online
Fin dalle origini dell’e-commerce e dei pagamenti online, un dato è risultato evidente: il tasso di adozione dello strumento è direttamente proporzionale alla fiducia che viene riposta nello stesso. Il timore di ricevere merce contraffatta, o di perdere denaro con i pagamenti digitali, ha rallentato i primi passi del commercio online, ma l’evoluzione tecnologica e la sempre maggior conoscenza dello strumento hanno progressivamente alimentato fiducia e volumi d’affari. Ora tutto ciò scala ad una dimensione nuova ed ulteriore
Il sondaggio Adobe ha rivelato ad esempio che oggi oltre la metà degli acquirenti online acquista anche prodotti più costosi, emblema primo di quanto i timori siano caduti e la fiducia nel meccanismo di acquisto e consegna sia salita rapidamente. Il 44% degli acquirenti, inoltre, prevede di compiere sempre più acquisti fin dai prossimi mesi, evidenziando un rapporto fiduciario maturo che è destinato a sublimare in fidelizzazione e radicamento dell’abitudine.
Competenza tecnologica
Gran parte della fiducia nel mezzo è stata coltivata su un sostrato fondamentale quale la competenza. Oggi più cittadini sono utenti e più utenti diventano clienti proprio grazie alla diffusione di dispositivi smart, della disponibilità degli strumenti di pagamento, dell’abitudine maturata. Il cliente si trova talmente a proprio agio da cercare oggi esperienze evolute e più complesse, pronto ad affrontare anche nuove modalità di incontro con il prodotto e nuove formule di contatto con il venditore.
Quel che non si conosce fa paura, quel che si conosce genera opportunità. Queste opportunità nascono da un utente che sta evolvendo la propria domanda e da negozi online che stanno diversificando l’offerta. Le occasioni di incontro si moltiplicano, l’importanza del posizionamento sui motori di ricerca diventa pane quotidiano e l’intero sistema diventa più efficiente. I dati Adobe non fotografano un punto di arrivo, anzi: è questo il ritratto di una evoluzione repentina e dinamica di un fenomeno in piena evoluzione.
Il 70% ora vorrebbe trovare più tecnologie di realtà virtuale online (ad esempio, vorrebbe vedere possibili mobili da acquistare posizionati all’interno della propria casa), contro appena il 32% dello scorso anno. Questo notevole aumento dimostra come gli acquirenti non sempre abbiano interesse per le esperienze innovative, ma la portata e la frequenza con cui hanno adottato le nuove tecnologie negli ultimi due anni provano anche come la domanda cresca vorticosamente, non appena prendono confidenza con le novità.
Non tutte le soluzioni sono state trovate e non tutte le risposte sono sul tavolo, ma è chiaro come il cliente sia oggi ben più predisposto a sperimentare, imparare e conoscere rispetto ad un periodo pre-pandemia nel quale era invece l’inerzia ad avere tipicamente la meglio.
Prima si sperimenta, poi si trova confidenza, quindi si è maturata naturalmente competenza: il percorso è ormai chiaro e sempre più acquirenti vi transitano giorno dopo giorno.
Prezzi chiari
C’è un aspetto su ogni altro a catturare gli interessi del cliente che approccia un negozio online: la trasparenza del prezzo. L’e-commerce, infatti, è una modalità di acquisto che esclude dal processo decisionale molti elementi di mediazione e che è apprezzata per l’impatto diretto che l’acquirente può avere con il prodotto cercato. Se in tutto ciò si frappongono elementi di resistenza, quale potrebbe essere un prezzo non sufficientemente chiaro o modalità di acquisto e consegna non sufficientemente trasparenti, allora ecco che quanto costruito sulla fiducia rischia di decadere rapidamente.
La capacità di conversione di un e-commerce dipende quindi molto dalla chiarezza dei prezzi e delle condizioni di vendita poste di fronte al “click” che determina l’acquisto.
Esperienze personalizzate
“Il 64% [degli acquirenti] vorrebbe che i rivenditori personalizzassero le esperienze nei negozi fisici e in rete sulla base delle preferenze e delle abitudini che hanno online. Analogamente la pensano gli utenti abituali, in una percentuale però superiore (70%). Tale personalizzazione dovrebbe partire dagli acquisti in negozio, dalle tendenze di navigazione e acquisto online e dalle interazioni con gli addetti alle vendite in negozio“. Secondo quanto rilevato da Adobe, il desiderio di un servizio personalizzato è probabilmente succedaneo al servizio che è in grado di offrire un addetto in-store che, sentite le esigenze del cliente, cerca di consigliarlo verso il prodotto ideale. In questo caso sono interfacce e algoritmi a poter ridisegnare l’offerta sulla base del cliente, al punto che 6 clienti su 10 sarebbero anche favorevoli a ricevere offerte ad hoc che costruiscano una vetrina personalizzata.
La parola chiave è dunque “personalizzazione“, vista come scambio equo di dati personali (regolarmente gestiti e autorizzati, senza invadenza di campo) per un dialogo più efficiente con il punto vendita. Dalla personalizzazione nasce valore e quest’ultimo può essere condiviso dalle parti, purché si riduca il rumore di fondo dell’offerta ad ampio raggio e tutto sia tailor-made rispetto al profilo e ai desiderata dell’utente.
Esperienza online
Molto interessante è l’evidenza raccolta da Adobe a proposito del rapporto tra cliente e venditore quando, in un contesto di e-commerce, questo incontro non è di tipo personale, diretto e in-store. Secondo Adobe, infatti, “oltre la metà dei clienti (56%) dichiara che le interazioni digitali con i rivenditori influiscono sull’esperienza globale più di quanto non avvenga nei negozi fisici“. Questa risultante potrebbe risultare controdeduttiva, poiché ci si potrebbe immaginare che il rapporto ha più peso laddove viene concretizzato. E invece è l’esatto contrario: laddove non è possibile creare un rapporto faccia a faccia, il contenuto della comunicazione e l’efficienza della stessa vengono ad assumere valore di massima rilevanza.
Il rapporto mediato non ammette convenevoli e l’efficienza è al centro di tutto. La politica dei resi, la gestione di una consegna, una rapida assistenza e aspetti di questo tipo definiscono l’immagine del brand e la fiducia nello stesso, aprendo autostrade alla monetizzazione. L’esperienza online non deve creare frizioni, in nessun passaggio della filiera: sottovalutare questo aspetto significa rinunciare a grosse opportunità e abdicare alle ambizioni che ci si pone con il proprio modo di stare sul mercato.
Micro-esperienze
Altro aspetto assolutamente peculiare che l’indagine Adobe ha messo in luce è la frammentarietà dell’esperienza (vista come entità globale di rapporto tra la parte acquirente e quella venditrice) in una miriade di micro-esperienze. Bisogna infatti considerare un aspetto troppo facilmente sottovalutato: l’utente non diventa cliente al primo contatto, ma tende ad inserire la visita al negozio all’interno di più complessi flussi di navigazione e ricerca. Occorre dunque saper ingaggiare, occorre saper incuriosire, occorre saper legare, occorre saper formulare nel modo giusto la miglior offerta.
Questa frammentazione è comune (ma differente) per tutte le categorie merceologiche: la capacità del venditore di applicare al meglio le giuste strategie di vendita è essenziale ed in certi comparti fa la differenza tra l’essere una pagina di passaggio e l’essere punto di caduta di una ricerca con intento di acquisto.
Maggiore è la valutazione soggettiva che l’utente può maturare a proposito di un prodotto (anche e soprattutto nel confronto con altri prodotti simili) e maggiore è lo sforzo che occorre fare per poter conquistare il cliente. Laddove i confronti son minori e altre leve assumono maggior valore (efficienza di consegna, prezzo, scontistica), invece, le visite saranno minori e le possibilità di conquistare il cliente si ridurranno rapidamente dopo l’uscita dalla pagina.
Il valore innanzitutto
Il prezzo è importante: il 49% degli intervistati lo considera l’elemento prioritario durante le proprie scelte di acquisto. Il 20% ripone molta attenzione sul tempo necessario per l’acquisto stesso: snellire le procedure di login e le fasi di checkout è essenziale in molti casi. Ma c’è anche qualcosa di ulteriore e può valere ben più di quanto non si immagini.
Il compito dei commercianti è comprendere questi valori e capire come rispondere. Non sorprende che il costo resti il fattore più importante che muove in generale gli acquirenti: i commercianti devono dimostrare che il loro prodotto ha un buon rapporto qualità-prezzo e il paragone tra i prezzi è un punto critico, soprattutto in un momento in cui non è mai stato così facile acquistare ovunque online prodotti uguali o simili
Valori e identità sono due facce della stessa medaglia poiché rappresentano i pilastri dell’empatia che è possibile far scattare tra la domanda e l’offerta. Se il venditore è in grado di fornire una esperienza fortemente personalizzata ed improntata a mettere al centro l’individuo, automaticamente scatta una sorta di feeling su cui è possibile costruire tutto il resto. Se il dialogo successivo evidenzia anche una comunanza di valori importante, ecco che l’elemento chiave del rapporto fiduciario fa crollare ogni resistenza all’acquisto.
Saper lavorare adeguatamente sul riconoscimento dell’identità e sulla trasmissione dei valori è per il negoziante online un lavoro di lungo periodo, fortemente incentrato sulle capacità comunicative, ma può significare molto: secondo Adobe, identità (14%) e valori (18%) sono considerati elementi essenziali dagli stessi acquirenti e driver fondamentali per spingere il prodotto dentro il carrello. Quando scatta l’empatia, non solo la vendita è facilitata, ma lo è anche la fidelizzazione. Vogliamo definirla “amicizia”? L’iperbole è coraggiosa, ma ha un suo significato e la condivisione dei valori ha molto da raccontare tanto nei rapporti umani come in una saggia operazione di marketing.
Responsabilità ambientale
La sostenibilità e l’economia circolare, con tutti i sottovalori di cui sono irrorate, sono semplicemente marketing? Se lo fossero, il loro impatto sarebbe di breve periodo. Trattasi invece di realtà inoppugnabili, stati dell’essere che devono creare un moto a procedere basato su etica e consapevolezza. Il marketing subentra a questo punto, in tono simbiotico con le necessità metabolizzate dagli utenti, e l’ecologia si trasforma da vessillo a pulsione.
E succederà con sempre maggior insistenza. Gli acquirenti intervistati da Adobe sono già chiaramente coinvolti in questa dinamica, sentendo forte la necessità di un atteggiamento responsabile negli acquisti poiché aspetto fondamentale per disseminare responsabilità lungo tutta la filiera produttiva e di distribuzione:
- il 43% sosterrebbe attivamente marchi sensibili alla causa ambientale;
- il 38% sosterrebbe marchi attenti al benessere dei lavoratori;
- il 37% sosterrebbe marchi finanziariamente affidabili (es. che pagano regolarmente le tasse);
- il 36% sosterrebbe marchi che garantiscono una totale trasparenza della filiera;
- il 32% sosterrebbe marchi con una solida filosofia su temi come diversità e inclusione;
- il 29% sosterrebbe marchi che usano ingredienti biologici.
Un approvvigionamento dei prodotti trasparente (47%) e un imballaggio minimale (45%) sono le principali misure ambientali che muovono le scelte degli acquirenti. Segue la dimostrazione che il rivenditore si impegni per una filiera a ridotte emissioni (36%), applichi politiche ambientali online (33%), doni una percentuale dei suoi introiti a cause ambientali (32%) e non venda prodotti realizzati con plastiche monouso (30%). Solo per il 13% degli intervistati, le politiche ambientali non hanno alcuna influenza sulle proprie abitudini.
Quattro consigli da Adobe
Vendere online non è lo specchio di una vendita offline, né è mera appendice, né tantomeno è semplice estensione. Vendere online è una dimensione ulteriore, complementare ed integrata, di ciò che può essere la vendita in-store. Per saper vendere online e moltiplicare le potenzialità della propria attività (o comunque per non essere spazzati via da un mercato che corre rapido verso nuove modalità di ingaggio e interazione con il cliente), occorre sapersi muovere con eleganza e competenza all’interno di nuovi strumenti, nuovi luoghi virtuali e nuove community. Adobe ha riassunto in quattro punti essenziali gli aspetti che i rivenditori del mondo e-commerce debbono tenere in stretta attenzione:
- Aprirsi ai nuovi comportamenti di shopping stando al passo con le novità in ambiti come marchi, metodi di pagamento e di consegna, canali e funzionalità del sito web;
- assumere un approccio ibrido: poiché le esperienze di shopping online e nel negozio fisico cominciano a intersecarsi tra loro, bisogna valutare in che modo il contesto modifica il comportamento del cliente;
- rendere gli acquisti più veloci: incoraggiare l’uso di tecnologie per i pagamenti tramite dispositivi mobili che convertono i carrelli pieni in ordini completi;
- mettere l’empatia al primo posto: denaro, tempo, valori e identità influenzano come e dove i clienti scelgono di fare acquisti.
In collaborazione con Adobe