Milano – Ecco come cambia l’ADSL italiana e, forse, il servizio agli utenti: passando dalle aule di un tribunale. Gli operatori da quest’autunno hanno cominciato a rivolgersi ai giudici, con procedure d’urgenza (articolo 700 cpc), per risolvere i propri problemi con Telecom Italia. Attivazioni sofferte, ritardate, rifiutate da Telecom agli utenti di altri operatori, o ADSL che Telecom uccide quando l’utente disdice la sua linea voce: molte delle questioni di cui Punto Informatico si è occupato nei mesi scorsi sono portate adesso all’attenzione della Corte di Appello di Milano.
Qui Telecom è stata denunciata da Tele2 (più volte), da Eutelia e da Tiscali. Stanno arrivando le prime ordinanze della Corte, che in qualche punto dà ragione agli operatori, ordinando a Telecom di cambiare le proprie procedure. È una novità, in quanto prima gli operatori si appellavano all’ Agcom , l’Authority TLC, per protestare contro le mosse di Telecom. Ma l’Agcom di recente è stata accusata di muoversi troppo lentamente o di risultare inefficace. Il risultato è che ora si va nei tribunali, diventati così il nuovo luogo dove si decide il futuro dell’ADSL italiana. Le ordinanze in questione sono ai sensi dell’articolo 287/1990 in materia di Antitrust.
Gli ultimi due casi: il 10 e l’11 novembre la Corte ha accolto, in parte, i ricorsi di Tele2 ed Eutelia (rispettivamente), contro Telecom. La notizia è su tutti i giornali di ieri, dove però non è stata approfondita nelle sue implicazioni, che sono notevoli, per gli operatori come per gli utenti. Tele2 ha presentato quattro punti nel ricorso. Ne sono stati accolti due, di cui il più importante riguarda un annoso problema italiano.
Tele2 dice che da gennaio a giugno 2005 ha chiesto a Telecom 155.000 attivazioni ADSL. Ne sono state respinte 41.314; nel 70 per cento dei casi, con la causale di “ADSL già presente sulla linea”. Telecom insomma diceva che la linea, quella dell’utente che richiedeva l’ADSL di Tele2, era già occupata da un’altra ADSL. Quindi respingeva al mittente l’attivazione. Però, secondo Tele2, in molti casi l’utente è caduto dalle nuvole quando ha saputo il motivo per cui gli è stata rifiutata l’ADSL: non sapeva di averne già una attiva. È il problema, già noto ai nostri lettori, dell’ ADSL fantasma : attivata senza il consenso o la piena consapevolezza dell’utente, gli blocca la linea. È una trappola: l’utente non sa nemmeno quale provider occupi la linea; anche volendo, non può usare la presunta ADSL fantasma.
La tesi di Tele2, ma anche di Wind e di Tiscali (come riportato a Punto Informatico), è che nella maggior parte dei casi quest’ADSL fantasma sia Alice Free. “Il 18 per cento delle nostre attivazioni fallite”, dice Antonio Converti, direttore marketing di Libero, “dipende dalla presenza di un’ADSL fantasma che l’utente ci dice di non avere mai richiesto”. Il giudice della Corte di Appello ha riconosciuto come attendibili 250 casi, portati da Tele2, casi di utenti che si dicevano non al corrente di avere già attiva un’ADSL. Secondo il giudice, si tratta di condotta anticoncorrenziale, di Telecom ai danni di Tele2, “alla quale ne sono derivati aumento di costi e perdita di prestigio commerciale presso la clientela” (come si legge nell’ordinanza, che Punto Informatico ha potuto leggere). La replica di Telecom è che 250 casi sono pochi: sono marginali, non rappresentano un fenomeno, ma sono soltanto eccezioni, causate da errori tecnici o umani in fase di attivazione. Però per il giudice sono risultati sufficienti per censurare la condotta anticoncorrenziale di Telecom e per ordinargli di attivare le ADSL di Tele2 entro 42 giorni (come previsto da contratto), “salvo nei casi di effettiva fruizione del servizio già in corso o di effettiva rinuncia dei clienti stessi”. È una regola nuova, che così si impone, a vantaggio di Tele2 e degli utenti vittima delle ADSL fantasma.
Se l’ADSL trovata già attiva sulla linea non è stata mai “effettivamente” usata dagli utenti (il che proverebbe che è stata attivata senza il loro pieno consenso o consapevolezza), Telecom deve eliminarla di default per fare posto alla nuova, richiesta dai clienti di Tele2. Chissà se questa ordinanza poi risolverà anche i problemi degli utenti di altri operatori: forse è il primo passo nella giusta direzione.
Anche uno dei punti del ricorso di Eutelia contro Telecom riguardava il problema delle attivazioni; non è stato però accolto, perché, secondo il giudice, non sono state presentate sufficienti prove. Invece, è stato accolto un altro punto del ricorso di Eutelia: riguarda la prassi, seguita da Telecom, di eliminare l’ADSL degli utenti che hanno ISDN e che hanno disdetto la linea voce. Il problema, nello specifico, si è posto con gli utenti del VoIP di Eutelia, che ne hanno attivato l’ADSL su doppino aggiuntivo, poiché avevano una linea ISDN. Poi, trovandosi bene con il VoIP, hanno deciso di disdire la linea di Telecom (per risparmiare sul canone) e di telefonare solo tramite l’ADSL Eutelia. Brutta sorpresa li ha colti: Telecom ha disdetto di autorità anche la loro ADSL.
È una prassi che applica anche con gli altri operatori (eccetto nei casi di utenti dotati di ADSL in unbundling shared access, come già scritto ). Se l’ADSL è attiva sulla linea voce che l’utente disdice, c’è una ragione tecnica per cui Telecom debba eliminare la prima insieme alla seconda. Se invece l’ADSL è su un doppino aggiuntivo (come capita quando l’utente ha una linea voce ISDN), la ragione tecnica non sussiste. Linea voce disdetta e ADSL sono infatti su doppini separati.
AIIP , associazione dei principali provider italiani, da mesi si lamentava del fatto che Telecom tagliasse l’ADSL insieme all’ISDN. Per la prima volta, c’è adesso un giudice che dà ragione a un provider, a riguardo. Commenta, a Punto Informatico, Giovanni De Stefano, direttore generale di Eutelia: “siamo soddisfatti che un organo di giustizia ordinaria abbia riconosciuto un diritto fondamentale degli operatori alternativi per lo sviluppo della banda larga e ora ci auguriamo nel futuro che questo tipo di tutela sia ricercata sempre più dalle autorità preposte”. Chiaro riferimento all’Agcom, che su questa e altre questioni ora affrontate dai tribunali ha mancato di fare sentire la propria voce. Adesso però è possibile che l’ordinanza favorevole a Eutelia faciliti la vita anche degli altri operatori, che hanno utenti ADSL su doppini aggiuntivi.
Quelle di questi giorni sono tutte ordinanze immediatamente esecutive. Telecom Italia ha comunque la facoltà di impugnarle e di fare un reclamo, che eventualmente sarebbe discusso in una nuova udienza dalla Corte di Appello di Milano in riunione collegiale. Telecom non ha fatto sapere se sporgerà reclamo. Comunica però che, per il caso delle ADSL su doppino aggiuntivo, la parola in realtà spetta adesso all’Agcom. Sta ancora valutando una proposta di Telecom Italia di applicare a queste offerte un canone addizionale.
Nei prossimi giorni ci sarà anche il cosiddetto “giudizio di merito”, per i ricorsi vinti da Tele2 e da Eutelia. Qui la Corte dovrà giudicare l’ammontare del risarcimento danni richiesto dalla parte lesa.
Altre udienze di questo tipo (articolo 287/900) sono previste per i prossimi giorni. Il 22 novembre ce ne saranno due, presso la Corte di Appello di Milano: un altro ricorso di Tele2 contro Telecom, relativo alla promozione in corso su Alice Free (definita anticoncorrenziale dagli operatori alternativi), e il reclamo di Telecom contro un ricorso vinto da Tele2 a fine settembre . Quest’ultimo riguardava i prezzi all’ingrosso delle ADSL a consumo. Telecom ha stabilito che gli operatori, per ogni utente con Adsl a consumo, debbano pagare all’ingrosso un canone minimo corrispondente a cinque ore al mese di connessione. Già: anche se l’utente non si connetteva mai, gli operatori dovevano pagare almeno cinque ore a Telecom. Una decisione che Tele2 e la Corte di Appello di Milano, nel ricorso, hanno giudicato anticoncorrenziale. La maggior parte degli utenti ADSL a consumo, dice Tele2, fa meno di cinque ore al mese. Tele2 ha già chiesto, dopo aver vinto il ricorso, “diversi milioni” di risarcimento danni.
Nelle prossime settimane ci sarà anche l’udienza per il ricorso di Tiscali contro Telecom, sulla questione dell’override, come già raccontato : si tratta ancora di problemi di attivazione ADSL. Una questione cruciale per lo sviluppo del mercato. Rallentare o impedire le attivazioni delle ADSL dei concorrenti sarebbe – questa l’accusa – una strategia di difesa molto utile a chi, come Telecom, ha la quota dominante (circa il 72 per cento delle ADSL attive è marchiato Alice).
Il problema è che il dibattito sulla concorrenza adesso in Italia si è spostato nelle aule dei tribunali invece che essere gestito dagli enti preposti, istituzionali (l’Agcom). Segno di una crisi in atto nel settore. L’Agcom riconosce di fare fatica a stare dietro alle questioni sollevate dagli operatori perché, come detto a PI , è sotto organico e con pochi fondi.
“Sul problema delle cinque ore”, dice Andrea Filippetti, amministratore delegato di Tele2 Italia, “avevamo fatto un’interpellanza ad Agcom già ad aprile 2005. Ad oggi non c’è giunta nessuna risposta. Non avevamo altra scelta che ricorrere alla Corte d’Appello”. E se l’Agcom alla fine si esprime e si oppone Telecom, può addirittura capitare che non venga ascoltata, come nel caso di Teleconomy Internet .
La sostanza dei fatti è che Telecom Italia sta dimostrando, in questa fase, un nuovo atteggiamento di sfida: mal sopporta di essere regolamentata. Quindi cerca di sfuggirvi quanto più possibile. Arrivando persino alla disubbidienza esplicita a quanto ordinato dall’Agcom. “Del resto, che cosa rischia Telecom a disubbidire? Una multa? Sarà sempre inferiore a quanto Telecom riesce a ottenere, facendo piazza pulita degli utenti, grazie a un’offerta anticoncorrenziale”, dice Andrea Valli, l’avvocato che rappresenta AIIP.
La lentezza della burocrazia farebbe dunque il gioco di Telecom. Anche se Telecom poi dovesse chinare il capo e accettare di cambiare l’offerta all’ingrosso, a fronte di una nuova offerta al dettaglio dichiarata anticoncorrenziale da Agcom, nel frattempo per la concorrenza il danno sarà già stato fatto. “Gli utenti che l’incumbent ha conquistato così sono persi per sempre per gli operatori alternativi”.
Ecco perché gli operatori non si possono permettere di aspettare e, di fronte ai limiti mostrati da Agcom, si stanno rivolgendo alla Corte. Non è però una soluzione accettabile. “Ricorrere alla Corte non è una procedura corretta”, dice Filippetti, “è il frutto di una situazione di difficoltà degli operatori alternativi a fare rispettare le regole”. “La colpa- aggiunge- non è di Agcom. È sotto organico; Vigilanza e Controllo non è inoltre il suo dipartimento più efficiente, come riconosciuto da altri operatori e dallo stesso Presidente Calabrò”.
Tele2 è contenta dei risultati ottenuti con i ricorsi, però si augura “da una parte che siano date più risorse ad Agcom. Dall’altra che l’Agcom stessa dia più enfasi o risorse a Vigilanza e Controllo”.
“La funzione di Vigilanza e Controllo dell’Agcom è stata sorpassata dall’azione della giustizia ordinaria”, commenta Stefano Quintarelli, presidente AIIP. “Quello che viene da chiedersi, quindi, è se l’Agcom abbia o no gli strumenti e le risorse adatti per fare valere la legge, soprattutto in questo momento critico, in cui Telecom Italia sta facendo di tutto per non essere regolamentata”.
Alessandro Longo