Advertising, comprare keyword non è peccato

Advertising, comprare keyword non è peccato

Si possono utilizzate parole chiave per la pubblicità sui motori di ricerca che richiamano i marchi di concorrenti diretti. In California lo dice anche il Tribunale
Si possono utilizzate parole chiave per la pubblicità sui motori di ricerca che richiamano i marchi di concorrenti diretti. In California lo dice anche il Tribunale

Una sentenza federale fa un po’ di chiarezza sul mercato e i modi dell’adverting online, e in particolare sulla compravendita delle parole chiavi (keyword).

Riuscire a legare le parole che un utente digita all’interno di un motore di ricerca ad un’inserzione determina anche il successo o meno di una pubblicità. Per questo le parole chiave hanno un certo valore, sia nella capacità di scegliere quelle giuste, sia nella possibilità di farlo.

Questione d’attualità è quella che riguarda la liceità o meno dell’utilizzare come parole chiave i marchi commerciali altrui, e per questo motivo Google ha già subito diverse denunce .
Mountain View, d’altronde, è uno dei soggetti che ha fatto di questo tipo di pubblicità la sua forza.

Ora una corte d’appello federale della California ha stabilito che comprare parole chiave basate sul nome di un concorrente non costituisce violazione di marchio commerciale .

Nel caso che ha esaminato erano contrapposti i due sviluppatori software di gestione Network Automation e Advanced Systems Concepts : la prima legava la propria inserzione anche alla ricerca compiuta sul nome di un prodotto della seconda.

Ma mentre in primo grado la corte aveva rilevato il rischio di confusione per il consumatore, in appello il giudice ha deciso che fosse da prendere in considerazione anche il fatto che l’inserzione occupa tra i risultati di una ricerca, sia su Google che su Bing, uno spazio chiaramente distinto , diminuendo notevolmente il rischio di confusione per l’utente.

Claudio Tamburrino

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Pubblicato il
11 mar 2011
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